Limone di Procida PAT Campania

L’isola di Procida, nel golfo di Napoli è tuttora colorata da numerosi e caratteristici alberi di limoni, che producono frutti di pezzatura medio-grande con buccia a grana grossa di colore giallo chiaro caratterizzata da un albedo, lo strato bianco e spugnoso che si trova sotto la scorza gialla, di notevole spessore. Per questa loro peculiarità, dovuta in parte anche all’ambiente pedoclimatico, vengono detti anche “limoni pane”. Il loro profumo è intenso e il succo gradevolmente acido. Il limone di Procida viene utilizzato per la realizzazione di bevande e per aromatizzare ricette locali, anche se i palati più fini le gustano anche a fette, come dessert, con o senza l’aggiunta di un cucchiaio di zucchero. La coltivazione di questo limone a livello familiare è sicuramente secolare ed è da attribuire alla spiccata vocazione degli abitanti alla navigazione dove, come è noto, la presenza di frutti di limone a bordo assume carattere fondamentale.

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Limoni dei Campi Flegrei PAT Campania

Gli alberi di limone sono di 3/6 metri sempreverdi, con fiori biancastri molto profumati, le “zagare”, sono molto apprezzati e spesso vengono utilizzati come fiori delle spose. Il frutto dei limoni è rivestito da un involucro giallo (la “buccia”) ed è suddiviso in spicchi, all’interno dei quali sono alloggiati i semi. Gli agrumi sono tutti originari dell’Estremo Oriente e la loro prima utilizzazione in agricoltura è senza dubbio avvenuta in Cina.

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Lenticchia di Valle Agricola PAT Campania

Nel Comune di Valle Agricola e nella fascia pedemontana del Massiccio del Matese in provincia di Caserta, si produce in piccole quantità una lenticchia molto pregiata, detta “lenticchia di Valle Agricola”. è un ecotipo locale di medie dimensioni e colore piuttosto scuro. La buccia sottile favorisce la cottura ed esalta il sapore intenso, caratteristico e pregiato. Le regole di coltivazione rispecchiano la tradizione colturale dell’area: infatti i campi non sono molto estesi, continuano ad essere familiari e la lenticchia viene utilizzata soprattutto per il mercato locale, conservata in sacchetti di tela grezza a trama grossolana e sfruttata soprattutto essiccata per la preparazione di piatti della cucina tradizionale locale.

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Lenticchia del Sannio PAT Campania

Le lenticchie, alimento base per i popoli nomadi fin dal Neolitico, assumono fin dalla coltivazione un significato benaugurale. La loro coltivazione inizia nelle terre dell’antico Egitto diventando subito un alimento alla base della dieta. Dall’Egitto già nel 525 a.C. e precisamente dall’antichissima Pelusio sul Nilo che un mito vuole patria del grande Achille, si racconta che le navi egizie rifornivano regolarmente i porti di Grecia ed Italia di lenticchie. Per millenni la lenticchia risulta uno dei prodotti più importanti nell’agricoltura e nel commercio del Mediterraneo e alimento fra i più comuni ed apprezzati ad Atene come a Roma. Nel Medioevo i ceti più abbienti, i nobili ricchi relegarono il consumo delle lenticchie alla mensa dei poveri, servite e mangiate quasi esclusivamente nei conventi e fra la gente umile, che diede alla lenticchia il ruolo che meritava, nutrire bene, piacere e costare poco. Ancora, come a rimarcarne l’inutilità come cibo segno di opulenza, fu definito nel Rinascimento, dal medico Petronio, cibo caldo e secco, adatto a coloro che vogliono vivere castamente. In Francia al tempo di Luigi XIV le lenticchie venivano date come cibo ai cavalli e Alexander Dumas nel suo “Grand Dictionnair de Cuisine del 1873” le considerava un cibo pessimo. Oggi la lenticchia è pienamente rivalutata per le sue virtù salutistiche e per il ruolo fondamentale, millennario, nella dieta mediterranea.

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Kaki vaniglia napoletano PAT Campania

Il kaki vaniglia o vainiglia napoletano è una varietà di antichissima coltivazione in Campania anche se oggi la sua coltura risulta ridimensionata a vantaggio della produzione dei loti “ammezziti”, quelli cioè resi eduli dopo un processo di detannizzazione. Tuttavia, le piante di kaki vaniglia resistono ancora nei frutteti di tipo tradizionale concentrati fra Napoli e Salerno, soprattutto nell’agro Acerrano-Nolano e Sarnese-Nocerino oltre che nell’area Vesuviana, che è la zona di origine ed elezione.

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Granturco di Gallo Matese PAT Campania

Ecotipo locale con pannocchia di dimensioni piccole, raccoricate; cariossidi di colore fortemente aranciato, di dimensioni medio-piccole, di forma ed andamento sul tutolo irregolare. pianta di piccole dimensioni, con produzione di due-tre pannocchie a culmo. Se ne ricava una farina con forte componente vitrea, utilizzata per produrre polente ed il “, polenta raffreddata di consistenza solida, servita al posto del pane ad accompagnare zuppe e minestre, a volte ripassata in padella con olio o strutto.etacciata con panni di seta.

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Granturco della quarantina PAT Campania

Ecotipo locale con pannocchia di dimensioni medio piccole, raccoricate; cariossidi di colore tendente all’aranciato, di dimensioni medio-piccole, di forma ed andamento sul tutolo irregolare. pianta di dimensioni medie, con altezza dai 150/170 cm e con produzione di massimo due pannocchie a culmo. Se ne ricava una farina con forte componente vitrea, utilizzata per produrre soprattutto polenta che può essere servita calda e accompagnata con pomodoro, carni, pancetta, formaggio a seconda della stagione e può essere anche mangiata rafferma. Le cariossidi tipicamente sono macinate a pietra e setacciata con panni di seta.

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Giallona di Siano PAT Campania

La provincia di Napoli ha una tradizione secolare nella produzione delle “percoche”, tipologia produttiva costituita da pesche a polpa gialla, compatta e non spiccagnola. La Giallona di Siano è una delle pregiate percoche napoletane, che si coltiva a Siano e nei comuni limitrofi. Presenta un frutto rotondo, di media pezzatura, caratterizzato da una polpa gialla, molto consistente e di ottimo sapore, che si consuma in estate; la raccolta avviene tra la terza decade di luglio e la prima di agosto. La Giallona appartiene al patrimonio delle colture frutticole tradizionali a diffusione fortemente locale che, fino al secondo dopoguerra, hanno rappresentato la base della frutticoltura campana. Attualmente è quasi del tutto soppiantata da coltivazioni più moderne, ma è ancora possibile gustarla nella zona di produzione, che vi dedica ogni anno una simpatica “sagra”.

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