Cavoli ripieni PAT Emilia Romagna

Un piccolo cavolo nostrano, pane e formaggio grattugiati, carne lessa tritata, olio, burro, uova, sale, pepe. Si fa cuocere al dente, in acqua salata, un piccolo cavolo, si scola, si allargano le foglie centrali e nell’ interno si mette il ripieno fatto con pane, un pizzico di sale, pepe, formaggio, carne lessa tritata e 2 o 3 uova. Una volta ricomposto il cavolo lo si lega con un filo affinché il ripieno non si spanda e si fa rosolare con olio e burro in una terrina fino a quando non sarà ben colorito.

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Cavolfiore all’uso di Romagna PAT Emilia Romagna

Ortaggio cucinato con aggiunta di aglio, prezzemolo, pomodoro. “Dividete una grossa palla di cavolfiore, o due se sono piccole, in spicchiettini che laverete; e così crudi, senza asciugarli, cuoceteli in questo modo: ponete al fuoco un battuto proporzionato di aglio,  prezzemolo e olio, e quando sarà rosolato fermatelo con un gocciolo d’acqua. Gettateci allora il cavolfiore condendolo con sale e pepe e quando avrà assorbito il battuto tiratelo a cottura mediante conserva di pomodoro sciolta nell’acqua calda. Dategli grazia e più sapore col parmigiano quando lo mandate in tavola, ove può servir per contorno al lesso, a un umido o ad un cotechino”.

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Sentiero Italia CAI Lombardia D27S Rifugio Città di Lissone in Val Adamè – Rifugio Paolo Prudenzini

Rifugio Città di Lissone in Val Adamè – Rifugio Paolo Prudenzini Dal rifugio Città di Lissone le tappe fino al rifugio Garibaldi seguono l’Alta via dell’Adamello (sentiero n. 601 ex 1). Si rimonta la Valle di Adamè fino a Baita Adamè, si prosegue ancora brevemente sul fondovalle per poi piegare a sinistra e salire ripidamente al Passo di Poia (2775 m), che divide la valle di Adamè dalla Val Salarno. L’ultimo tratto della salita e la prima parte della discesa si svolgono tra grossa ganda (pietraie faticose e pericolose). Terminate le pietraie si raggiunge in breve il rifugio Prudenzini.

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Sentiero Italia CAI Lombardia D27N Rifugio Cristina all’Alpe Prabello – Rifugio Cederna Maffina

Rifugio Cristina all’Alpe Prabello – Rifugio Cederna Maffina Con questa tappa breve ma di sensibile dislivello il Sentiero Italia abbandona le maestose vette dell’alta Valmalenco per trasferirsi tra le cime che si affacciano direttamente sulla Valtellina proseguendo il cammino verso est. Dal Rifugio Cristina si saluta l’ultimo ghiacciaio della zona che scende dalla cima del Pizzo Scalino, da cui prende il nome, che si contorna durante il corso dell’intera giornata. Una prima salita conduce al Passo degli Ometti con una seguente discesa e risalita al Passo Forame. Da qui si scende al Rifugio Cederna Maffina nella valle scavata dal torrente Fontana, affluente diretto dell’Adda.

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Cardi in umido PAT Emilia Romagna

Cardo fresco cotto in salsa di pomodoro. Dopo aver ripulito i cardi delle punte, dei filamenti e del torsolo, si tagliano le costole a pezzi di 4-5 cm e si immergono in acqua acidulata con succo di limone, così non anneriscono. In una casseruola (preferibilmente di coccio) ampia, soffriggere il pesto di lardo, al quale aggiungere i pezzi di cardo; versare la salsa di pomodoro, aggiungere poca acqua tiepida, regolare di sale e pepe, incoperchiare e lasciate cuocere, adagio, per circa un’ora e mezza. Servire i cardi ancora fumanti.

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2.3.3 Spazi open space e illuminazione naturale

L’integrazione di spazi open space e illuminazione naturale crea ambienti luminosi, accoglienti e confortevoli che favoriscono il benessere e la produttività degli occupanti. Questo approccio alla progettazione degli ambienti non solo migliora la qualità della vita all’interno degli spazi, ma contribuisce anche a creare luoghi di lavoro e di vita più sostenibili ed efficienti.

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Calzagatti PAT Emilia Romagna

Polenta e fagioli, grandissima risorsa quando la fame si faceva sentire. I modenesi unirono le due componenti,  due cibi economici diventarono un piatto assai semplice, nutriente e saporito. Ma, come spesso accade, c’è anche una leggenda all’origine del piatto e del suo nome: pare sia nato tutto per caso, mentre una “arzdora” stava preparando della polenta e, a parte, dei fagioli. Al momento di portarli in tavola, inciampò sul gatto accovacciato sul pavimento e i fagioli finirono dentro il paiolo della polenta. Il gatto, terrorizzato, scappò a gambe levate e questo spiegherebbe il nome “calzagatti”, e cioè che caccia via i gatti.

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Barzigole, barzègli o bistregli PAT Emilia Romagna

L’esigenza di conservare la carne per lunghi periodi ha dato origine a svariati tagli di pecora “sotto sale”: le barzigole erano in origine uno di questi tagli, caratterizzato da una forte salatura, che garantiva la conservazione prolungata. Attualmente, sono un prodotto fresco, marinato per 12-36 ore con sale, rosmarino e aglio (qualcuno aggiunge anche pepe, salvia, alloro e vino bianco), da conservare refrigerato e consumare previa cottura. Il sale è poco, il sapore finale gradevole e non particolarmente “di pecora”. Originariamente la conservazione avveniva in orci di terracotta o damigiane a collo largo e poteva protrarsi per alcuni mesi, originando un prodotto decisamente saporito.

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