Gelato artigianale del Cadore PAT del VENETO

I Cadorini si lanciarono sul mercato sin dalla metà del secolo scorso, raggiungendo coi caratteristici carretti le principali città della Germania e della zona d’influenza Austro-Ungarica. Da un documento storico, datato 24 aprile 1899, si apprende che tale Valentino Traiber fu Giobatta, chiese ed ottenne dal sindaco di Zoldo un certificato di buona condotta, di fama e di carattere per poter vendere il suo gelato all’estero. I gelatai bellunesi iniziarono, nelle diverse realtà nelle quali operavano, ad affittare dei piccoli negozi; li arredarono con panche, li illuminarono con una lanterna e presero vita le prime gelaterie artigiane.

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Riserva Naturale Biogenetica Calafuria – Toscana

La superficie della Riserva è interamente ricoperta dalla vegetazione della macchia mediterranea, formata da specie xerofitiche sempreverdi. Il Leccio (Quercus ilex), l’Alaterno (Rhamnus alaternus) la Fillirea (Phillyrea latifolia), il Lentisco (Pistacia lentiscus), l’Orniello (Fraxinus ornus), il Corbezzolo (Arbutus uneso ) e il Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) sono le specie arboree e arbustive più comuni. Sui costoni rocciosi che scendono a mare si trova la tipica vegetazione degli arbusteti e della gariga, fortemente modellata dal vento. La fauna è rappresentata dagli animali che vivono comunemente lungo la fascia litoranea, con presenze del cinghiale (Sus scrofa), della volpe (Vulpes vulpes), della Faina (Martes foina) e dell’Istrice (Hystrix cristata).

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Andrade, Domingo Antonio de

Domingo Antonio de Andrade è considerato una delle figure chiave del barocco galiziano. Le sue opere hanno influenzato l’architettura della Galizia per generazioni e la sua capacità di fondere elementi decorativi barocchi con la solennità e la solidità del romanico galiziano è stata ampiamente ammirata. Oltre all’impatto estetico, la sua attenzione alla funzionalità e alla durabilità delle strutture gli ha permesso di costruire edifici che sono ancora in uso oggi e che continuano a essere apprezzati per la loro bellezza e robustezza.

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Frittelle di Verona PAT del VENETO

Alcuni storici fanno risalire il Carnevale di Verona a millecinquecento anni fa, come una ricorrenza a quel dio da “El muso da du musi”, forse Giano il bifronte. Momento di grande festa per i veronesi tanto che le mense venivano invase di dolci e d’allegria. Ed è vera allegria quella portata dalla frittelle, le dolci “fritole”, che già la corporazione dei panettieri, verso la seconda metà del Trecento, offrivano per il Carnevale ai propri clienti (sicuramente ai più danarosi). La semantica della parola dialettale di frittelle “fritole”, sta a significare che venivano “frite”, fatte friggere, originariamente su grasso di maiale, perché l’olio era poco conosciuto. Le frittelle sono quindi un prodotto tipico del Carnevale veronese, che si ricorda come uno dei più vecchi d’Italia.

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Frittelle con l’erba amara PAT del VENETO

La ricetta delle “frìtole co la maresìna”, nelle sue numerose varianti, inaugura una felice tradizione gastronomica nelle zone di crescita spontanea dell’erba amara. A Valdagno, in particolare, le “fritolare” che detenevano i segreti della ricetta, forse in parte personalizzata, ma immutata nella sostanza, si può dire abbiano fatto storia per circa 150 anni. Al di là delle personalità riconosciute, i ricettari delle famiglie che da generazioni coltivano la passione della cucina tradizionale fra Arzignano, Valdagno e Schio hanno perpetuato queste ricette dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi.

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Forti bassanesi PAT del VENETO

Tipico dolce veneziano in vendita nelle pasticcerie durante il mese di novembre, tradizionalmente dedicato alla commemorazione di defunti. La ricetta viene riportata nel volume “Il Veneto in cucina” di Ranieri Da Mosto stampato nel 1978, in cui la lavorazione viene già allora descritta come tradizione della pasticceria veneziana.

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Fave alla veneziana PAT del VENETO

Tipico dolce veneziano in vendita nelle pasticcerie durante il mese di novembre, tradizionalmente dedicato alla commemorazione di defunti. La ricetta viene riportata nel volume “Il Veneto in cucina” di Ranieri Da Mosto stampato nel 1978, in cui la lavorazione viene già allora descritta come tradizione della pasticceria veneziana.

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