Grissino stirato PAT

I grissini stirati sono forse il prodotto di gastronomia torinese più famoso al mondo. Si tratta di pasta di pane lavorata in modo da assumere una forma molto allungata, anche un metro e mezzo, tanto quanto la larghezza delle braccia del panettiere. Infatti l’impasto, molto morbido, viene diviso in pezzetti lunghi una decina di centimetri, che sono allungati, “stirati”, prendendo le due estremità e tirando le finchè le braccia ci arrivano.

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Grissia Monferrina PAT

La Grissia monferrina è un pane che rientra nella tipologia “a pasta dura”, tipico del Monferrato. Il formato classico si aggira tra i 220 e i 300 grammi mentre il Grission varia da 500 grammi a un chilogrammo. A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso alcuni panettieri hanno anche iniziato a preparare forme più piccole di peso variabile dagli 80 ai 120 grammi denominate Grissiette. Grande o piccola che sia, la Grissia monferrina ha una forma che ricorda vagamente due chiocciole unite.

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Gramolino PAT

Le prime notizie certe che documentano la produzione dei gramolini risalgono al 1909. Nel 1925 compare come specialità all’interno di un’inserzione del Biscottificio Domenico Pomella, inventore della ricetta, in occasione del primo circuito motociclistico organizzato dal moto club di Galliate. (Fonte: Andar per Feste, sagre e fiere nel Novarese). Il gramulîn ebbe la sua celebrazione poetica nell’anno 1939, attraverso una canzone carnevalesca ancora oggi famosa, frequentemente suonata e cantata in paese: “Gajà e i so bunbón”, parole di Venuto, musica di Casinòn (I 530). Dove, tra l’altro, si vuole sfatare la diffusa convinzione che il gramulîn sia una specialità solo stagionale, circoscritta alla festa di S Giuseppe

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Sentiero Italia CAI CALABRIA 32° Tappa Piano Novacco – Morano calabro

Piano Novacco – Morano Calabro Tappa breve e prevalentemente in discesa che riporta alle quote collinari di Morano Calabro. Si attraversa intorno a metà strada la straordinaria prateria del Piano Grande di Masistro, uno dei luoghi più affascinanti delle montagne calabresi: qui, le cime pietrose di Monte Caroso (1408 m), di Cozzo Barbalonga (1408 m), di Cozzo l’Ancella (1366 m), del Trabaccante (1412 m), del Timpone del Vaccaro (1436 m) e di Serra Ambruna (1320 m) incurvano i loro pendii verso il fondo di una grande conca carsica (qualcuno parla di “una perfetta scodella”), del diametro di un chilometro. Poi la tappa affronta la discesa fino all’abitato di Morano Calabro, che sorge arroccato intorno a un colle a forma conica, ed è uno dei principali centri del Parco nazionale del Pollino.

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Sentiero Italia CAI CALABRIA 31° Tappa Piano di Lanzo – Piano Novacco

Piano di Lanzo – Piano Novacco Tappa breve, di dislivello medio, che collega il rifugio di Piano di Lanzo con il Piano di Novacco, dove si trova un centro turistico montano. Dopo l’inizio in salita, che riporta oltre quota 1600 metri, e una discesa, il tracciato del SI CAI continua con alcuni saliscendi fino alla conclusione della tappa presso l’ampio e interessante altopiano, posto a 1315 metri, dove si trova un rifugio adatto al pernottamento dei camminatori, immerso in uno splendido bosco sfruttato sin dall’inizio del secolo scorso per il suo legname di qualità.

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Sentiero Italia CAI CALABRIA 30° Tappa Madonna del Pettoruto – Piano di Lanzo

Santuario della Madonna del Pettoruto – Piano di Lanzo Tappa di media lunghezza ma con un notevole dislivello, che dai 300 metri di quota dell’abitato di San Sosti conduce agli oltre 1600 metri verso il Monte La Muletta e poi continua in discesa fino ai 1300 metri del luogo in cui si conclude la giornata di cammino. Percorrendo questa tratta del Sentiero Italia CAI si entra nel cuore del Parco nazionale del Pollino, istituito nel 1988, che è a tutt’oggi l’area protetta più estesa d’Italia. La tappa ha termine presso l’accogliente rifugio di Piano di Lanzo, dove si pernotta.

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Giuraje o giuraie PAT

Le Giuraje sono dei confetti sferici costituiti da una nocciola intera tostata, ricoperta da uno spesso strato di zucchero legato da una piccola percentuale di farina di grano tenero. Lo zucchero che riveste le nocciole non rimane liscio, ma, per effetto del metodo di lavorazione, assume un aspetto bitorzoluto che, nel dialetto locale, viene definito “grutulü”. La lavorazione avviene all’interno di un’apposita “basina” rotativa in rame sotto la quale viene acceso un bruciatore. Le “basine” da confetteria venivano già costruite dagli artigiani ramai di Pont Canavese e di Cuorgné nel 1700 e venivano fornite alla Corte Sabauda e ai confetturieri di Torino e non solo. Basta scorrere le pagine del “Confetturiere Piemontese” del 1790 per vedere quante tipologie di confetti venivano già preparati all’epoca per la nobiltà e l’alta borghesia della Capitale Sabauda.

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Giandujotto PAT

Il giandujotto è un cioccolatino a forma di spicchio allungato o, secondo altra interpretazione, di barchetta rovesciata; sicuramente la forma è inconfondibile, e deriva da un antico metodo di lavorazione manuale. Il giandujotto è composto di cioccolato e di una parte rilevante di pasta di nocciole, il che lo rende profumatissimo. È sempre avvolto in una tradizionale carta dorata, che riporta in genere il nome del produttore. Il nome deriva dalla maschera carnevalesca di Torino “Gianduja”, che secondo tradizione avrebbe dato il suo placet per la commercializzazione del nuovo cioccolatino dopo la sua invenzione nel 1865

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Fugassa ‘d la Befana PAT

La fugassa ‘d la Befana è un prodotto tipico di molte zone del Piemonte, e in particolare della provincia di Cuneo. È un dolce povero tradizionale fatto in genere con pasta di pane dolce che si può presentare in diverse forme, ma la più comune è quella rotonda a spicchi più o meno marcati, come i petali di una margherita. Come dice il nome si tratta di un prodotto da ricorrenza, diffuso soprattutto nei giorni dell’Epifania.

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