Salsa balsamica di uva PAT Lazio

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO

Sono le uve di Malvasia Puntinata, Malvasia di Candia e di Trebbiano Toscano, lo zucchero e gli aromi naturali, come il pepe nero e il rosmarino, i principali ingredienti che danno vita a questo particolare e interessante prodotto. Il quale si caratterizza per il sapore di uva leggermente acido, con eccellente equilibrio di zuccheri che insieme agli aromi naturali, le conferiscono la consistenza “sciropposa” e il caratteristico sapore di balsamico.

METODO DI PRODUZIONE

La raccolta delle uve di Malvasia Puntinata , Malvasia di Candia e di Trebbiano Toscano è realizzata manualmente tra la fine di settembre e il mese di ottobre. Le uve raccolte, vengono lavorate nell’arco di poche ore. Si prosegue con la spremitura dell’uva, manualmente o con l’ausilio del tradizionale torchio in legno o in metallo e con la separazione del mosto ottenuto da bucce e vinaccioli. Il mosto non fermentato, viene poi cotto a fuoco lento in recipienti di rame o acciaio per circa 2 ore. Nel corso della fermentazione viene arricchito con lo zucchero e gli aromi naturali ed è sottoposto ad una continua mescolatura. Si procede quindi con il primo afnamento, durante il quale il mosto cotto viene lasciato riposare per circa 30 giorni in recipienti di acciaio, chiusi con coperchio non sigillato. Il secondo afnamento avviene invece in botti di legno ed ha la durata di almeno 2 mesi. Al termine, il prodotto è imbottigliato manualmente in bottiglie di vetro da 100 ml.

CENNI STORICI

La salsa balsamica d’uva è il risultato di una preparazione millenaria, assimilabile al sapum o saba degli antichi romani, ottenuto dall’uva Malvasia trasformata in mosto cotto fino a raggiungere la consistenza tipica di uno sciroppo, come avviene nel caso dell’aceto balsamico. Il prodotto era usato anche a fini terapeutici, tanto che si ritiene che il termine ‘balsamico’ stia ad indicarne il principale utilizzo. Tanto che Francesco IV, che nel corso del XVII secolo fu duca di Modena ed era afetto da disturbi polmonari, portava sempre con se una bottiglietta del suo migliore aceto. Conosciuto fin dai tempi antichi, era usato dai legionari romani in sostituzione del miele come integratore di zuccheri.

Importato dalla Grecia e quindi molto costoso, veniva utilizzato soprattutto per ‘bonificare’ l’acqua non potabile che i soldati romani erano costretti a bere durante le campagne militari. Il preparato, molto difuso nella cucina romana, era trasportato in piccole borse di cuoio. Riferimenti espliciti alla preparazione del prodotto presso i romani si ritrovano in Virgilio (Georgiche) che parla di mosto cotto addensato e, in un altro verso, attribuisce a Vulcano l’operazione di addensamento del succo di uva posto sul fuoco in un paiolo. Apicio (I sec. a. C.), nel De Re Coquinaria, arricchisce numerose sue ricette con l’aggiunta di mosto cotto: nella preparazione dei piselli, dei volatili, del pollo.

E ancora come ingrediente delle salse per tutti i tipi di lesso e per le scaloppine, per le verdure bollite, per i funghi, per i tartufi. In più punti del suo trattato distingue chiaramente il mosto dal vino cotto (Libro VII, VI, 10-11-13; Libro VII, IX, 2). Bartolomeo Scappi (XVI° secolo), cuoco personale di papi e cardinali, nonché allestitore di sontuosi banchetti ed autore di un famoso trattato di gastronomia, usa il sapum nella preparazione dei polpettoni alla romanesca. Ancora oggi, numerose ricette tradizionali romane contemplano tra gli ingredienti la salsa balsamica d’uva, come, per fare solo un esempio, i Mostaccioli. In provincia di Roma, la sua produzione, secondo una ricetta tramandata oralmente da molte generazioni, è concentrata soprattutto nel comprensorio dei Castelli Romani, dove è diffusa la coltivazione dell’uva Malvasia

Territorio di Produzione

Provincia di Roma: Genzano di Roma

Ricotta secca PAT Lazio

La sua presenza storica nella produzione e nei mercati locali è plurisecolare e riscontrabile da documenti storici. La Ricotta secca è citata nell’Atlante dei Prodotti Tipici: “I Formaggi”, redatto dall’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale (1991), anche se si fa riferimento solo alla ricotta secca prodotta in provincia di Rieti.

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Ricotta viterbese PAT Lazio

La ricotta veniva mangiata prevalentemente dai pecorai, che rivendevano per necessità il più ricercato formaggio e lasciavano per casa la meno pregiata ricotta. Fu chiamata, pertanto, “il formaggio dei poveri”. Oggi è considerata un alimento ottimo per i bambini e per gli adulti sia per la sua composizione nutrizionale che per la sua facile digeribilità,…

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Ricotta di pecora e capra dei Monti Lepini PAT del Lazio

Ricotta dolce ottenuta dal siero della lavorazione di latte ovino e caprino, con aggiunta di una minima percentuale di latte ovi-caprino al momento della coagulazione. Si presenta con una struttura grumosa, asciutta e compatta, pezzatura da 0,5 a 1 kg, forma tronco-conica, sapore dolce, mai salato.

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Ricotta di bufala (affumicata, infornata, salata) PAT Lazio

Dalla trasformazione del latte di bufala in formaggi come la mozzarella, la caciottina e cacioricotta, si ottiene il siero, che i lattari locali utilizzano per la preparazione di ottime ricotte di bufala, non soltanto consumate fresche, ma anche sottoposte a processi di affumicatura, salatura e cottura al forno. Le ricotte di bufala presentano forma tronco-conica,…

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