Saporetto dell’Appennino reggiano PAT Emilia Romagna

Prodotto Agroalimentare Tradizionale dell’ Emilia Romagna

savurett, savorèt

Trattasi di una confettura densa, un concentrato di frutta cotta che genericamente è conosciuto come Savòr, ma sulle colline reggiane ha la particolarità di avere come frutta base l’utilizzo di pere antiche prevalentemente invernali.,La pera principale è la Pera Spalliera dalla quale si ricava il succo di partenza per la cottura, a cottura avanzata si introducono tocchetti di Pera Nobile, ma testimonianze locali sostengono che come pere antiche sono utilizzabili anche la Pera Aval ed in genere le pere antiche invernali a consistenza soda come la Pera Trentonce.

Dopo avere pelato e le pere, si macinano con il tritatutto e successivamente la poltiglia viene passata al torchio per ricavarne il liquido che viene poi filtrato con un telo di canapa. Il liquido viene posto a bollire e quindi a rapprendersi a fuoco lento ricavandone un liquido molto trasparente. A metà cottura si inseriscono le Pere Nobili tagliate a tocchetti le quali cuocendo insieme al liquido rilasciano il sapore e danno consistenza al prodotto. La cottura nel suo complesso dura 26-28 ore fino a che si ha una confettura densa. Ancora caldo viene invasato e la confettura può conservarsi anche per dieci anni.

Tradizionalità

Il Savurett rientra in pieno fra i prodotti matildizzabili, in quanto nasce dall’esigenza antica di conservare la frutta ed evitare la sua dispersione con la marcescenza. A tale bisogno si deve la nascita di marmellate, conserve, confetture e sciroppature, consumate poi nella dolciaria come ripieni di torte ed altre pietanze da farcire, oppure in accompagnamento. In tale modo per tutto l’anno, risultava possibile avere quindi la possibilità di consumare frutta, spesso affiancata a miele, che offriva oltre al consueto apporto vitaminico, anche un notevole numero di calorie, in un periodo di fame atavica. Non si deve poi tralasciare, l’importanza di simili preparazioni dolcificanti a trecentosessanta gradi, in un momento storico, nel quale oltre al miele, era molto difficile avere differenti preparazioni che favorissero il gusto dolce.

Referenze bibliografiche

  • Camparini l. (Ciripiglia Numa), Cucina tradizionale reggiana, Reggio Emilia, Nironi e Prandi, 1944;
  • Iori Galluzzi M.A.–Iori N., Breve manuale del mangiar reggiano, Reggio Emilia, N. Iori, 1985;
  • Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – Dipartimento di Science Agrarie e degli Alimenti;
  • Comune di Carpineti – Assessore delle Attività produttive “Pèr spaler, guida al saporetto e all’aceto alla loro degustazione e utilizzazione” – unieco a.s. 2003/2004;
  • Ricettario della famiglia Rabbotti 1820-1920 disponibilità vincolata di Giuseppe Giovannelli.

Territorio di produzione

Fascia del medio-alto Appennino reggiano ed in particolare della zona carpinetana, Reggio Emilia.

Patacucci PAT Emilia Romagna

Minestra di farina bianca, farina gialla, acqua e sale. Minestra fatta in casa, dai contadini, composta di farina bianca e farina gialla. Dalla sfoglia si ricavano larghi quadrettoni che si cuociono in un brodo, e soffritto, di fagioli lessati. Il condimento della minestra è anch’esso povero: lo compongono un po’ di grasso di maiale o…

Continua a leggere

Castagna reggiana, Massangaia, masangaia PAT Emilia Romagna

I frutti della castagna reggiana sono utilizzati per la produzione di farina e solo occasionalmente per il consumo fresco a causa della difficile eliminazione dell’”episperma”. La coltivazione di castagne è diffusa in Emilia-Romagna,ed in particolare nella provincia di Reggio Emilia. La castagna reggiana si riferisce a varietà locali coltivate nella zona o a prodotti derivati…

Continua a leggere

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *