Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE
Formaggio a latte intero vaccino crudo o pastorizzato, a pasta molle di rapida stagionatura, la forma è cilindrica a facce piane e scalzo leggermente arrotondato all’incontro con le facce. Peso da 300 a 400 g. Crosta assente, nelle produzioni storiche tendente al paglierino chiaro se stagionata. Pasta bianca, abbastanza compatta, senza occhiatura, struttura gessata umida o granulosa. Sapore delicato sapore dolce di latte e di panna/burro, con presenza di un gradevole sentore acidulo fresco.
Territorio di produzione
Si produce in numerosi comuni a cavallo tra le province di Asti, Cuneo, Alessandria e Savona
Metodo di preparazione
Si impiega latte vaccino intero crudo o pastorizzato. Il latte deve aver avviato l’acidificazione prima dell’aggiunta del caglio. La temperatura di coagulazione è di circa 30-37 °C per una durata media di un’ora, in alcuni casi anche sino a due ore. La rottura della cagliata viene fatta in un tempo unico (come in passato), oppure in fasi di taglio e soste sino a ottenere un granulo di cagliata di dimensione nocciola. Estratta la cagliata la si deposita direttamente negli stampi, segue un periodo di stufatura a temperatura ambiente. Questa fase prevede alcuni periodici rivoltamenti. Normalmente il giorno dopo alla produzione si effettua la salatura, che tradizionalmente avveniva a secco per la durata di circa 12 ore per faccia. La stagionatura è molto breve di 3-4 giorni, a temperatura tra 5 e 8 °C. In caso di durata maggiore (oggigiorno poco diffusa) la crosta acquista una leggera colorazione paglierina, il sapore acidulo si affievolisce e il sapore diventa più aromatico.
Aromatizzazioni: per le sue caratteristiche strutturali ed organolettiche ben si presta ad aromatizzazioni (peperoncino, tartufo, erba cipollina, rucola) anche se si tratta di tendenze abbastanza recenti. Storica tradizione era quella, per le robiole più stagionate, di tagliarle a cubetti e conservarle in albanelle sott’olio, accompagnate talvolta da una foglia di lauro o da peperoncino.
Storia
Le robiole vengono prodotte da tempo immemorabile in tutto il Piemonte collinare e in particolare in Langa da cui hanno preso il nome dal principale centro di produzione e smercio. Sono numerosi i documenti storici che la citano. Monsignor Della Chiesa, nel 1635 nella sua “Relazione dello stato presente del Piemonte” a proposito di formaggi di Langa scriveva “che noi rubiole diciamo, i quali fra i migliori d’Italia furono da Plinio annoverati”. E qualche decennio dopo, nella “Prosodia italiana, overo L’arte don l’vso degli accenti nella volgar fauella d’Italia, accordati dal padre Placido Spadafora e altri” Edit. Pietro d’Orlandi, 1692, si legge: “robiole p.l.v.g. robiole di Monferrato, specie di caci”. Sugli annali della Fondazione Einaudi, vol. 19 pagg. 145 e 146 si citano le robiole a proposito della colazione nel giorno della battitura del grano.
Curiosità
La Robiola d’Alba è commercializzata, intera o porzionata, elaborata sotto olio d’oliva a dadini, oppure aromatizzando la pasta con tartufo, peperoncino o erbe aromatiche. Ottima anche l’insalata con sedano e noci o nocciole tostate. Schiacciata, può essere impiegata per la preparazione di ripieni di vario genere o per preparare risotti.
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