Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE
Formaggio a latte vaccino crudo, intero o leggermente scremato per affioramento, a pasta cruda e pressata, prodotto esclusivamente con latte di alpeggio. La forma è cilindrica a facce piane e scalzo diritto o leggermente convesso. Peso da 3,0 a 7,0 kg. Crosta liscia, di colore grigio-paglierino scuro tendente a diventare più intenso con l’avanzare della stagionatura. La pasta è di colore giallo dorato con distacchi minuti e ben diffusi, la struttura è consistente. Il gusto è intenso, giustamente sapido, equilibrato.
Metodo di preparazione
Si caseifica il latte di due mungiture consecutive, una di queste può essere scremata per affioramento. La temperatura di coagulazione varia da 32 a 37 °C per una durata di 45-60 minuti circa. La consistenza della cagliata al momento del taglio deve essere dura per permettere un rottura netta del coagulo per ottenere dei granuli finali della dimensione di chicco di riso. Si procede quindi a una fase di agitazione di 5-10 minuti (in dialetto cuneese “arciampè”). In nessun caso si procede a un riscaldamento della cagliata come nel caso di altri formaggi d’alpe. L’estrazione della cagliata si esegue dopo aver estratto quasi completamente il siero dalla caldaia, in questo modo è più semplice raccogliere la cagliata in un blocco solo o suddividerlo in blocchi in ragione delle forme da produrre. La cagliata si deposita in uno stampo di legno avvolta in una tela di tessuto naturale per favorirne lo spurgo, la tela viene definita in dialetto piemontese “rairola”. Riempiti gli stampi si procede alla sovrapposizione degli stessi in modo da avviare una prima grossolana pressatura, al fine di disperdere una buona quota di siero. Dopo alcuni minuti si procede all’estrazione della massa caseosa così formata dallo stampo, si taglia con un coltello il formaggio in quattro parti o più e ognuna della parti viene sminuzzata a mano (seconda rottura dopo quella in caldaia) e poi riposta nella tela e rimessa nello stampo. Si procede quindi a una seconda pressatura più energica. In taluni casi il formaggio può subire ancora una rottura con taglio col coltello e sminuzzatura a mano (terza rottura). Si prosegue quindi con la pressatura per una durata massima di 12 ore. La salatura avveniva prevalentemente con sale secco sulla superficie in ragione di 1 o 2 giorni per parte. Si può praticare la salatura in salamoia per circa 24 ore. I locali di stagionatura sono le classiche cantine d’alpe con pareti e pavimenti geologicamente naturali e assi in legno. La stagionatura minima deve superare i 35 giorni, ma un può essere stagionato anche 12 mesi.
Storia
Il Nostrale d’Alpe è un formaggio il cui metodo di lavorazione è stato tramandato oralmente di generazione in generazione. Rompendo più volte la cagliata e pressandola, le forme potevano mantenersi maggiormente “in forma” anche con piccoli sbalzi di temperatura delle cantine di stagionatura di montagna nonché durante il trasporto dall’alpeggio alla pianura per la vendita
Curiosità
Trattandosi di un formaggio d’alpeggio ha dei sentori aromatici piuttosto marcati dovuti al consumo di erbe e fiori da parte delle vacche. Migliori sono le forme preparate tra giugno e luglio. Comunemente viene consumato al naturale con il pane. In cucina, avendo una pasta pressata, si utilizza per quelle preparazioni che non richiedono una fusione immediata. Le forme che superano i 12 mesi possono anche essere grattugiate utilizzando una grattugia a fori grossi.
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