Miacce o Miasse o Miasce e Amiasc PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

Nell’area piemontese compresa tra il canavesano, nel nord della provincia di Torino, su fino ai confini con la Svizzera, passando per la Valsesia, in provincia di Vercelli e spingendoci alla estrema punta nord del Piemonte, adesso provincia di Verbania-Cusio-Ossola, troviamo un’area accomunata da antiche tradizioni alimentari Walser, e la tradizione forse più significativa riguarda la produzione di un antico sostituto del pane, che ha la caratteristica di non essere cotto al forno, bensì su piastre di ferro messe direttamente sul fuoco.

Questi prodotti, che prendono nomi e composizioni diversi, com’è tipico per i prodotti poveri delle tradizioni alpine, si chiamano in Valsesia: “miacce”. Gli altri nomi con cui sono conosciute, a seconda del luogo di produzione, sono: miasce o miasse nel canavese, stichett, runditt e amiasc nel verbano. Hanno tutte in comune la preparazione di una pastella più o meno ricca come composizione, e la successiva cottura a fuoco vivo.

La loro preparazione è abbastanza laboriosa, in quanto l’impasto si cuoce su apposite piastre, dette “ferri” direttamente sul fuoco, meglio se del camino. Si usano sempre due piastre perché, mentre su di una termina la rapida cottura, sull’altra l’operatore già distende la pastella per la successiva. La pastella si stende sulle piastre con uno strumento apposito simile a una spatola con un lungo manico. Le piastre si arroventano al fuoco diretto. Dopo pochissimi minuti, a cottura ultimata, si distacca il prodotto dalle piastre. A questo punto si ripongono in un cestino di vimini dentro ad un tovagliolo.

Anticamente l’attrezzo per prepararle era di pietra, e solo in seguito fu forgiato in ferro. Le famiglie nobili
facevano incidere al loro interno lo stemma del loro casato, così che apparisse sulle “miacce” cotte. Dopo la cottura si condiscono con qualsiasi companatico, ma generalmente sono associate ai formaggi locali. Le versioni dolci si accompagnano a confetture e marmellate prodotte localmente. È raro trovarle proposte nei ristoranti e nelle panetterie, ma è comune trovarle nelle tante fiere locali.

Le “miacce” sono un prodotto prettamente valsesiano; vengono preparate utilizzando farina bianca, latte, uova, panna (da aggiungere alla fine) e, per avere un impasto più fluido, una goccia di olio. Con questi ingredienti viene preparata la pastella che viene stesa, il più velocemente ed uniformemente possibile, servendosi di un’apposita spatola e cercando di ottenere uno spessore molto sottile, su lastre di ferro rotonde, a base piana e di diametro di circa 25 cm, arroventate sulla brace del camino; la cottura dura pochi minuti tenendo la piastra direttamente sul fuoco, ma abbastanza lontano da non bruciare.

Queste sottili cialde sono consumate da sole o servite con formaggio molle, burro, prosciutto, salame e pancetta, oppure, nella variante dolce, con panna, mirtilli, confetture, cioccolato fuso e miele. Le “miasce” o “miasse” sono anch’esse sottili cialde, ma a base di farina di mais. Originariamente le “miasce” si realizzavano probabilmente solo con acqua, sale, farina di mais e farina bianca, insaporite dal lardo spalmato sulle piastre di cottura per farle staccare. Recentemente, con il migliorare delle condizioni di vita, la pastella si prepara con aggiunte personalizzate di latte, uova, burro o olio. Il centro produttivo è a Quincinetto, ma sono molto popolari nel canavese, dove ogni occasione è buona per preparale.

Sono da secoli preparate in occasione di feste patronali o ricorrenze familiari, e si consumano accompagnate da formaggio fresco, tipicamente il “salignun”, un formaggio dal sapore intenso, che si ottiene mescolando ricotta o tomini freschi con sale, peperoncino rosso e semi di cumino; o il “mörtrett”, preparazione ottenuta da pezzi di toma e ricotta fermentati, che si rompe a scaglie. Si consumano anche per accompagnare i crauti, e vengono sempre servite caldissime.

È anche possibile consumarle con accompagnamento di dolci, come confetture, marmellate, creme o creme al cioccolato, o anche solo spolverate di zucchero. Sono piatte, di colore giallo e la dimensione normale è un rettangolo di circa 14 x 20 cm. Nelle Valli Ossolane si producono cialde del tutto simili, con alcune differenze di composizione e di forma: abbiamo gli “Stinchett”, La parola stinchett sembra derivi da steinkuchen che in tedesco significava biscotto cotto sulla pietra.

Del tutto simili i “Runditt”, nome dialettale per indicare le miacce di Malesco e Zornasco. Nella val Vigezzo si trovano gli “Amiasc”, biscotti antichissimi, cotti sulla pietra, ancora oggi abbastanza diffusi nelle Valli Ossolane. Si tratta sempre di sfoglie secche a base di farina cotte su lastra di ferro o di pietra, arroventata sulla brace del camino e condita con burro. Anticamente si usava farina di grano saraceno.

Attualmente considerando la difficoltà di reperire grano saraceno, si utilizza farina di frumento o, raramente, una miscela delle due farine, specialmente in Val Vigezzo.

Caratteristiche

  • Descrizione: cialde piatte, morbide a caldo per pochi minuti, gialle se fatte con farina di mais, altrimenti biancastre, ben cotte ma non bruciate, dai bordi in genere sfrangiati e leggermente più secchi.
  • Consistenza: morbida dopo cottura, tende rapidamente a divenire secca.
  • Odore: di farina cotta.
  • Colore: dal bianco al giallo quando presente la farina di mais.
  • Sapore: neutro, leggermente dolce.
  • Dimensioni medie: 20 cm di lunghezza, 14 cm di larghezza, spessore variabile ma molto fine. In certi casi rotonde, sempre sottilissime.

Metodiche di lavorazione

Gli ingredienti, come per tutti i prodotti semplici e rustici, variano da luogo a luogo, se non da famiglia a famiglia. Queste differenze indicano una diversificazione del prodotto nel tempo, che ha mantenuto costante la ricetta ma ha modificato gli ingredienti in funzione della disponibilità locale. Le “miacce” sono attualmente preparate utilizzando 0,5 kg di farina bianca, 1 l di latte, un cucchiaio di burro ed uno di panna e sale. Recente è l’indicazione dell’uso di un paio di uova intere. Una ricetta dal sapore più “antico” prevede: 1 uovo, 1 l di latte di capra, 400 g di farina bianca, un cucchiaio di farina gialla, sale e lardo per ungere i ferri.

Le “miasce” o “miasse”si preparano con una pastella simile, ma è presente la farina di mais, oltre alla farina bianca. Il corso del tempo e l’aumentata ricchezza generale ha portato all’aggiunta di uova, burro o olio, latte e, nel caso si voglia consumarle con accompagnamento dolce, anche zucchero. La ricetta e le quantità relative dei singoli ingredienti possono anch’esse variare, secondo la tradizione locale consolidata nel tempo. Inoltre, alcuni preferiscono il siero al latte, che peraltro doveva essere l’ingrediente più usato un tempo, in quanto il latte era interamente utilizzato per produrre burro e toma. .

Una ricetta base potrebbe essere la seguente: 300 g di farina di mais, 300 g di farina di grano, due noci di burro, 2 uova, latte, acqua e sale; zucchero a piacere se si vogliono dolci. Si prepara la pastella mescolando, in una ciotola di legno, tutti gli ingredienti, fino a raggiungere una consistenza abbastanza densa. Quando le piastre raggiungono la temperatura desiderata, si stende la pastella che non deve essere troppo densa, il più velocemente ed uniformemente possibile, servendosi di un’apposita spatola e cercando di ottenere uno spessore il più sottile possibile. La piastra è posta obliquamente sul fuoco, in modo che la fiamma lambisca il “ferro”, cuocendo la miassa; quasi al termine della cottura la piastra si pone orizzontale sulla fiamma, appoggiandola ad un alare. Mentre la cottura termina al fuoco, su un’altra piastra si distende la pastella per la miassa successiva. Il tempo di cottura è di circa 2-3 minuti.

Ultimata la cottura, si staccano le “miasce” e si ripongono in un cestino di vimini in cui è stato steso un tovagliolo. Si devono consumare subito dopo cottura. La tecnica è simile per la produzione di stichett, runditt e amiasc, che in alcuni luoghi sono ancora preparati stendendo la pastella di farina e acqua sulle pietre di cottura. Per queste varianti è tradizione l’uso di farina bianca e, se possibile, di farina di grano saraceno.

ZONA DI PRODUZIONE

Le miacce vengono prodotte in tutti in comuni della Valsesia. Le miasse vengono prodotte soprattutto nel Canavese nord-occidentale ed, in particolare, nel comune di Quincinetto e nelle aree montane del Biellese. Stichett, runditt e amiasc sono prodotti, ancora oggi, nelle Valli Ossolane: gli stinchett sono tipici dei comuni della Valle Vigezzo, i runditt della zona di Malasco, in particolare di Zornasco e, gli amiasc di Coimo.

TRADIZIONALITÀ

Le miacce, e tutte le varianti di questo nome, sono state fatte derivare dal Le origini del termine miacce e di tutte le sue varianti dialettali, al di là delle assonanze con il termine “meligacce” (neologismo utile a identificare le croste di meliga che si staccano dal paiolo dopo la cottura della polenta e a cui le miacce assomigliano per consistenza), sembra risalire invece a un periodo precedente quello dell’introduzione del mais in Italia, e cioè il 1500. Esiste una testimonianza del 1488 in cui si citano le “stiacciatine di farina fatte abbrustolire con un ferro caldo”.

L’ingrediente essenziale delle miacce è attualmente costituito da farina di frumento (con l’eventuale aggiunta di mais). In Valsesia la crescita del frumento era circoscritta a qualche campo della bassa valle e l’utilizzo di questa farina era limitato alla quantità di frumento introdotta in valle dalla pianura novarese. L’introduzione della farina di granoturco, avvenne in epoca sicuramente successiva al Seicento, periodo in cui il granoturco iniziò ad essere coltivato anche in Italia settentrionale.

L’ingrediente principale in passato doveva dunque essere costituito da altri cereali e la voce migliaccio, con cui viene comunemente identificato il prodotto nei documenti del Cinquecento, sembra indicare nella
farina di miglio il costituente principale. Il miglio era ampiamente diffuso in tutta Europa durante il Medio Evo, e fu poi soppiantato dalla comparsa di cereali con maggior valore produttivo e qualitativo.

La farina usata allora per prepararle era quindi facilmente quella di miglio, da cui potrebbe derivare il nome, secondo quanto afferma Sergio Trivero, in uno scritto del 1962 e riportato integralmente nel L’anca da fé di Burat e Lozia.

Le miacce appartengono alla cultura Walser, sono note e consumate in Valsesia, ma anche nella valle del Lys, dove assumono nomi simili. Sono la versione “povera” dei canestrelli, a cui assomigliano per la metodica di produzione. Il 24 maggio, giorno dell’Ausiliatrice, a Settimo Vittone e paesi vicini, per tradizione si mangiano le Miasse con la Zuppa di Bugole e con il Salignun.

Ogni anno, in autunno, a Quincinetto, si svolge la Sagra delle Miasse. In appendice a queste brevi considerazioni, vogliamo citare lo straordinario lavoro di ricerca comparso sugli atti della XXI Edizione degli Incontri Tra/Montani, svoltosi il 23-25 Settembre 2011a Valsesia, dal titolo “Cucina Delle Alpi Tra Tradizione e Rivoluzione”, che è stata una delle fonti principali dei presenti commenti, e a cui si rimanda come ricchissima fonte di informazioni approfondite su questi ed altri prodotti.

Bibliografia

  • Goffredo Casalis, Dizionario geografico, storico e statistico degli Stati si S.M. il Re di Sardegna, Torino, 1835 – 1856
  • Carlo Cavalli, Cenni statistici storici della Valle Vigezzo, Torino, 1845
  • Giacomo Pollini, Notizie storiche, statuti antichi, documenti e antichità romane di Malesco,Comune della Valle Vigezzo nell’Ossola, Torino, 1896
  • Giovanni De Maurizi, Usi, costumi e tradizioni popolari della Valle Vigezzo, Domodossola, 1913
  • Enrico Bianchetti, L’Ossola Inferiore, Notizie storiche e documenti, Torino, 1878
  • Paolo Bologna, Piatti tradizionali in Ossola, Novara, 1976
  • Renzo Mortarotti, I Walser nella Val d’Ossola, Domodossola, 1979
  • G.Burat, G. Lozia, L’an-ca da fé (la casa del fuoco): l’antica cucina biellese, Giancarlo De Alessi editore, Biella, 1989
  • M. Marsero, Dolci e delizie subalpine: piccola storia dell’arte dolciaria a Torino e in Piemonte, Edizioni Anteprima, 2004, pag 39
  • R. Fantoni, A. Papale, A. Regis, M. Sasso, La Sappa e La Ranza. Produzione Alimentare e Alimentazione in una Valle AlpinatTra Medio Evo e Nuovo Millennio, atti della XXI Edizione degli Incontri Tra/Montani, Gruppo Walser Carcoforo e Incontri Tra/Montani, sul sito www.cucinadellealpi.it, dicembre 2011
  • AAVV, Gustare il Biellese – La Rivista del Biellese, Eventi&ProgettiComunicazione, Arti Grafiche Biellesi

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