Cariton PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

Il nome cariton, che si pronuncia “caritun”, richiama alla memoria i cosiddetti “pani della carità” che la chiesa e le confraternite elargivano alla popolazione povera in occasioni particolari, e di cui si ha testimonianza antichissima. Il cariton è una palese elaborazione di questi pani. Inizialmente prodotto con pasta di pane, a volte con un po’ di burro, il cariton è diventato col tempo un vero e proprio dolce, con l’utilizzo di un impasto di farina dolcificata.

Oggi si presenta come una focaccia piatta: su un disco di pasta lievitata si pone un coperchio della stessa pasta, saldato alla base col risvolto dei bordi; nel mezzo si dispongono a spirale o a cerchi concentrici gli acini di uva fragola, conosciuta in Piemonte come “uva americana” che, durante la cottura in forno, rilasciano il succo, il quale, in parte, va a legarsi all’impasto. La superficie è arricchita da una spennellatura di uovo o spolverata con granella di zucchero.

Il cariton è nato e si è diffuso nell’area meridionale della provincia di Torino, in particolare nei comuni di
Piobesi Torinese e Carignano. Esiste anche una versione di cariton in cui l’uva fragola è sostituita dalle mele, ma la versione tradizionale prevede l’utilizzo dell’uva americana quale ingrediente base del ripieno. Poiché l’uva fragola si trova solo in autunno, il cariton è un prodotto a forte stagionalità.

Caratteristiche

  • Consistenza: friabile e compatta, struttura disomogenea.
  • Odore: predominante di uva e pane.
  • Colore: interno viola scuro e brillante, esterno dorato.
  • Sapore: complesso, poco dolce, spunto acidulo dell’uva americana.
  • Dimensioni: torte rotonde di varia misura, da circa 500 g fino a 1000 g. Spessore 2-3 cm.

Metodiche di lavorazione

Ingredienti:

  • 500 g di farina
  • 100 g di burro
  • 200 g di zucchero
  • 1 uovo intero
  • uva fragola sufficiente per farcire la torta
  • 100 ml di latte
  • 1 bustina di lievito
  • un pizzico di sale.

Fare scaldare in un pentolino il latte con lo zucchero, il burro e il sale mescolando fino a formare un liquido omogeneo. Mettere a scaldare un canovaccio di tela. Disporre la farina sulla spianatoia, aggiungere l’uovo e poco alla volta il latte, impastare e alla fine aggiungere il lievito. Formare una pagnotta, avvolgerla nel canovaccio tiepido e mettere il tutto a lievitare vicino a una fonte di calore per un quarto d’ora. Preparare una teglia da forno ben imburrata, metterla a scaldare nel forno.

L’uva fragola dovrà essere lavata, ben scolata dopo essere stata staccata dal grappolo e asciugata in un canovaccio. Dividere la pasta in due parti; con la prima metà formare il fondo della torta lavorandola col matterello e disporla sulla tortiera, che può anche essere rettangolare. Disporre poi gli acini di uva americana lasciando libero un bordo di almeno 2 cm. Cospargere con un po’ di zucchero.

Con la restante pasta formare un altro foglio con cui si coprirà il tutto. Sul bordo premere con le dita per chiudere i due fogli di pasta. È possibile aiutarsi con una forchetta o ripiegare in piccole pieghe la pasta a formare una decorazione. Spennellare infine con bianco d’uovo o spolverare con zucchero.

Infornare nel forno caldo a 180 °C; non aprire per almeno mezz’ora. Toglierla dal forno quando sia dorata, sopra e sotto, lasciando raffreddare coperta con una canovaccio, capovolgere sul piatto da portata.

ZONA DI PRODUZIONE

Il cariton è prodotto in una zona ristretta della provincia di Torino, nei comuni di Piobesi Torinese, Carignano, Castagnole Piemonte, Lombriasco, Pancalieri, Virle Piemonte, Vinovo, Osasio e tutti i paesi limitrofi. Si produce anche in tutto il Roero Nella frazione Babano di Cavour è conosciuta una versione del cariton con le mele.

TRADIZIONALITÀ

Il nome cariton richiama alla memoria i cosiddetti “pani della carità” che la Chiesa e le Confraternite elargivano in occasioni particolari (in genere durante le festività maggiori o le feste patronali) alla popolazione povera, dopo averli benedetti. I pani della carità sono di tradizione antichissima. Se ne hanno evidenze in gran parte del Piemonte, ed in alcune vallate la tradizione della distribuzione del pane della carità è legata alle ricorrenze dei santi patroni. Ben documentate sono le usanze e il legame col territorio nelle valli di Lanzo. Il “Gran Dizionario Piemontese-Italiano” di Vittorio S. Albino cita la “carità o pan santo o benedetto:

così chiamasi una certa focaccia condita con pepe e zafferano e cotta nel forno”; alla “carità” erano collegati i “caritin”, piccoli pani mandati a case particolari in regalo”: è probabile che il termine cariton derivi da una storpiatura, dovuta alla maggiore dimensione e consistenza calorica, del caritin.

Le occasioni di distribuire i pani della carità non mancavano, ma erano generalmente legati a momenti particolari nella vita del borgo: le cosiddette datiche o daje – concesse dalla Chiesa ai poveri – consistevano generalmente in vino e frutta, ma anche nei pani della carità. Frequentemente, queste donazioni avvenivano in piena estate, ed erano legate a tradizioni romane perpetuate nel mondo barbarico e poi medioevale. A Piobesi Torinese, in occasione della festività di San Giovanni Battista, era uso che, dopo la solenne processione, il signorotto locale offrisse un banchetto: a questo personaggio era consegnato un sonetto e la bassea (sorta di contenitore) contenente il pane dolce benedetto.

Nel giorno successivo alla festa della “Madonna di San Giovanni”, i massari, visitando le famiglie, offrivano il pane (piccole michette) e il sonetto sacro. Il 24 giugno, nella antica pieve di San Giovanni, era offerto ai fedeli il pane benedetto, detto “cariton”. Poiché l’usanza è ormai spenta da tempo, non è stato possibile, intervistando i Piobesini, identificare l’attuale cariton con questo pane benedetto. L’utilizzo dell’uva fragola, o talvolta delle mele cotogne, ha sostituito in tempi più o meno recenti, probabilmente, l’uso antico di acini di uve adattate alla pianura, la cui coltura è ampiamente documentata in Piemonte.

La forma più antica di cariton è ancora oggi confezionata a Castagnole Piemonte e nella borgata Tetti Cavalloni di Piobesi Torinese, dove alla pasta del pane, posta a lievitare, sono aggiunti acini e zucchero. È altresì probabile che l’utilizzo degli acini di uva fragola fosse legato alla usanza, presente in molte cascine, di impiegare grappoli posti a seccare in luoghi asciutti della casa, frutta da consumare nel periodo invernale.

Un unico documento è stato sinora reperito nell’archivio parrocchiale di Vinovo (Chiesa parrocchiale di San Bartolomeo). Il prezioso scritto è riferito ad una disastrosa grandinata occorsa il 5 agosto 1726; la grandezza dei chicchi di grandine era “giusto come si fanno qui li caritoni del pane, che si portano a benedire in varie feste dell’anno; e cioè di forma rotonda cò denti all’intorno et queste di larghezza circa due palmi”. Purtroppo, il documento non ci dice se il ripieno del dolce fosse costituito da uva.

Le poche ricette recuperate testimoniano una coerenza storica; purtroppo, in molti casi i quaderni dei nonni sono stati distrutti o sono andati persi, ma per fortuna esistono trascrizioni più recenti che ricalcano
la ricetta antica.

Bibliografia:

  • Marica Barbaro, Caro Pane, società Storica delle Valli di Lanzo, Lanzo Torinese, 2011
  • Vittorio di Sant’Albino, “Gran Dizionario Piemontese-Italiano”, Società l’Unione Tipografica Editrice, Torino, 1859
  • Sandro Doglio, Le cose buone del Piemonte, Unioncamere Piemonte, Montiglio (AT), 2001
  • Paolo Castagno, Fabrizio Chicco, Fè balè la carità, Brevi notizie sul dolce “cariton” Carignano, 2008
  • AA.VV. (Paolo Castagno, Fabrizio Chicco, Antonnella Salvatico, Anna Maria Nada Patrone), La dolce tavola di Carignano: gli zest e il cariton – La riscoperta e la tutela di due dolci tipici, pubblicazione fuori commercio, realizzata dall’Associazione Progetto Cultura e Turismo, Carignano, 2011

Fegatelli di maiale PAT Emilia Romagna

Fegato di maiale tagliato a tocchetti, cotto e conservato in barattoli di vetro o terracotta, ricoperto di strutto. Si taglia il fegato a tocchetti, che vengono cosparsi abbondantemente di sale e pepe e avvolti uno ad uno nella rete di maiale (che sarà stata preventivamente tenuta a bagno in acqua fredda per renderla più morbida)…

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