Caramelle classiche dure PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

Le caramelle classiche dure sono in pratica dei bocconcini di zucchero cotto e aromatizzato, dure da masticare, e che si preferisce succhiare lentamente, lasciandole sciogliere in bocca, in modo che rilascino la componente aromatica lentamente. Si distinguono dalle comuni pastiglie di zucchero perché il processo di produzione è un processo “a caldo”, in cui lo zucchero è portato ad alta temperatura e formato in stampi di varie fogge e disegni. Oltre allo zucchero, tra gli ingredienti, troviamo il glucosio, miscelato con lo zucchero per evitarne la cristallizzazione, e essenze varie, succhi, addirittura marmellate e aromi, quando non paste di frutta.

È impensabile elencare tutti i gusti che sono stati utilizzati per aromatizzare questi antichi dolcetti, universalmente conosciuti; e forse è più opportuno ricordare che alcune caramelle sono dei semplici blocchetti di zucchero aromatizzato, famose quelle alla menta, liquirizia, anice, orzo, solo per citarne alcune. Una vera e propria categoria a sé stante è quella delle caramelle “digestive”, aromatizzate con genziana, erbe alpine, rabarbaro o eucalipto.

Un’altra categoria, invece, è quella delle caramelle contenenti un piccolo cuore aromatico, che può essere di gelatina, o pasta di frutta, o anche di pasta di mandorle, miele o liquore. I colori poi sono i più vari, ed alcuni tipi di caramelle hanno puntato proprio sul colore per differenziarsi sul mercato. Ricordiamo, nella sterminata categoria, almeno due tipi di caramella che tendono a scomparire: le caramelle “Rochs” (in piemontese “roch” significa pietra) e le caramelle gianduia: le prime coloratissime sono ottenute dall’unione di strisce di zucchero di colore diverso e poi spezzate; le seconde sono grandi cialdoni di zucchero, sciolto, cotto e lasciato colare a gocce su tavoli di marmo dove si appiattisce, formando un disco piatto e profumato. Ancora oggi, con il loro incarto esagonale, sono ricercate durante il carnevale.

Emerge, da queste brevi considerazioni, quanto questo piccolo gioiello dell’arte confetturiera sia versatile e adattabile, perfetto strumento e banco di prova per la sperimentazione della maestria dei pasticceri piemontesi. Le caramelle classiche dure piemontesi sono da almeno due secoli sinonimo di alta qualità e perseveranza nella tradizione produttiva.

Caratteristiche

  • Consistenza: dura, piccoli confetti di zucchero, quasi sempre colorato e di varia foggia.
  • Odore: vago dell’aromatizzante usato.
  • Sapore: sempre dolce, dipende dall’aroma usato.
  • Dimensioni: in genere tondeggianti, ma anche a forma di parallelepipedo o di disco, sempre piccole, in genere da 1 a 8 grammi, escludendo i formati speciali.

Metodiche di lavorazione

L’autore del “Confetturiere piemontese”, nel 1790, consiglia, per la produzione delle caramelle, di verificare col dito e con i denti il grado di cottura dello zucchero, e quando questo è al punto giusto “allora sarà cotto, e si versa poco per volta, sopra una pietra, indi si mette cadun pezzetto in carta. Se volere dargli qualche gusto, od odore, bisogna metterlo nello zuccaro quando bolle “. Nelle vecchie lavorazioni, l’impasto ancora bollente era posto “in un piccolo cucchiaio di rame avente becco molto lungo, col quale si versa a goccia a goccia sopra una tavola di marmo; se ne formano pastiglie rotonde grandi quanto una moneta da 25 centesimi. Lo zucchero raffreddandosi diviene trasparente e durissimo”.

Giuseppe Ciocca, nel suo “Confetturiere e pasticcere moderno” del 1907, sconsiglia addirittura la preparazione delle caramelle “rochs” se si dispone solo di un laboratorio di pasticceria. Tutto ciò la dice lunga sulla difficoltà di preparazione delle caramelle classiche dure, per le quali servono attrezzature specifiche e grande maestria nella cottura dello zucchero. Per la preparazione, comunque, si cuociono zucchero e glucosio in recipiente, possibilmente, di rame; qui sono portati a una temperatura di circa 140 °C. L’umidità residua è tolta di solito tramite un meccanismo che produce il vuoto nel sistema. Si aggiungono gli aromi e si impasta, si passa nella filonatrice, che produce un cordone di zucchero, e poi nella stampatrice. Le tecniche sono comunque varie, per cui è possibile produrre le caramelle classiche dure anche per stampaggio o colatura in stampi. Dopo la formatura le caramelle sono asciugate ad aria e incartate.

ZONA DI PRODUZIONE

Le caramelle classiche dure sono prodotte in Piemonte.

TRADIZIONALITÀ

Da sempre, si dice “Caramelle di Torino” per indicare un prodotto derivante dall’esperienza nella quale si sono confrontate più generazioni. Una prima sorta di caramella (in verità, forse, dei bastoncini di zucchero di canna) fu importata dalla Siria da Goffredo di Buglione, all’epoca della prima Crociata (1097–1099), ma la sua vera origine è riconducibile alla diffusione dello zucchero comune, ottenuto dalla lavorazione industriale della barbabietola e, conseguentemente, alla scoperta ed alla produzione di confetti, di tondini di zucchero aromatizzati e delle pasticche di orzo per “mollificare la tosse”. Le prime “caramelle” furono confezionate da un confettiere piemontese con “sucher d’ördi” (zucchero d’orzo).

I prodotti della confetteria erano, un tempo, consumati solo dai componenti di case reali e da nobili famiglie aristocratiche. La commercializzazione di questi prodotti incominciò solo nella seconda metà dell’800, le piccole botteghe confettiere si ingrandirono fino a diventare vere e proprie industrie e la città di Torino incominciò ad essere conosciuta per la produzione di pastiglie e di caramelle di qualità.

Tra l’800 ed il ‘900 si pensò di “vestire” le caramelle, sia per proteggerle che per abbellirle. Le caramelle classiche dure conquistarono tutti i mercati e poterono fregiarsi, essendo consumate dalla casa reale, di stemmi, medaglie e nodi di Savoia, simboli grafici di un successo tradizionale.

Bibliografia:

  • Anonimo, Il confetturiere piemontese che insegna la maniera di confettare frutti in diverse maniere, far biscottini, marzapani, canestrelli, acquavita, sorbetti, e molte altre cose appartenenti a tal arte, Presso Beltramo Antonio Re (nella stamperia d’Ignazio Soffietti), Torino, 1790
  • AA.VV., Nuovo dizionario universale tecnologico di arti e mestieri, Antonelli, Venezia, 1832
  • Giuseppe Ciocca, Il pasticcere e il confettiere moderno, Hoepli, Milano, 1907
  • Mario Marsero, Dolci e delizie subalpine: piccola storia dell’arte dolciaria a Torino e in Piemonte, Edizioni Anteprima, 2004

Ossobuco PAT Emilia Romagna

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