Caciocavallo vaccino semplice e affumicato PAT Lazio

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO

Il Caciocavallo vaccino, semplice e affumicato è uno dei formaggi italiani più noti, ottenuto dalla lavorazione del latte vaccino intero. La pasta filata dura, in genere salata in salamoia, si presenta omogenea e compatta, di colore bianco o giallo paglierino più carico verso l’esterno e meno carico all’interno. La crosta è sottile, liscia e di colore paglierino più o meno marcata a seconda che venga efettuata l’afumicatura. La forma varia secondo la zona di produzione: fiasca allungata, ovoidale, sferica-globosa o con una testina, determinata dalla legatura con lo spago vegetale utilizzato per appendere le forme in coppia, durante la stagionatura. Il sapore è aromatico, piacevole, normalmente delicato e tendenzialmente dolce quando il formaggio è giovane; fino a divenire piccante a maturazione avanzata o per efetto del caglio in pasta di capretto o agnello.

METODO DI PRODUZIONE

Il latte vaccino di 2-4 munte, refrigerato a 4°C, previa filtrazione con telo o centrifuga, viene sottoposto a pastorizzazione a 65-75°C per 15-30 secondi, oppure lavorato direttamente crudo. I fermenti utilizzati a seguito della pastorizzazione sono quelli termofili e mesofili, innestati a 36-38°C o 40-42°C. Mentre nel caso della lavorazione a latte crudo è previsto l’inserimento a 36-38°C del latto-innesto, ottenuto dall’acidificazione naturale del latte per due giorni in cella, a 4°C. La coagulazione avviene con caglio liquido di vitello inserito a 35-36°C con presa in 10-40 minuti, o in pasta di capretto inserito a 36°C con presa in 20-30 minuti o con caglio in pasta di agnello inserito a 40-42°C con presa in 40 minuti. La cagliata subisce una o due rotture con dimensioni del coagulo a nocciola, chicco di riso o cece e successivamente la cottura fino al raggiungimento della temperatura di 45-60°C. Terminata questa fase, la cagliata viene posta a maturare per 2-5 ore sotto siero fino a prova filatura o fino al raggiungimento di pH 5-5,2 e successivamente filata in acqua calda alla temperatura di 93-95°C. La formatura è manuale, nella tipica forma a fiasca allungata, ovoidale, sferica-globosa, con una testina. A questo punto il Caciocavallo vaccino viene immerso in acqua fredda per il rassodamento e la salatura in salamoia satura per 12 ore/kg o salamoia a 20° Baumè per 5 ore/kg. La salatura può avvenire anche in pasta, durante la fase di filatura. Il formaggio, dopo alcune ore di asciugatura, passa alla fase di stagionatura con durata variabile a seconda della zona di produzione: da 20 a 60 giorni in cella a 8-9°C; da 30 giorni a 6 mesi in cella a 11-12°C a 70-77% di UR; da 15 a 60 giorni in cella a 4°C; fino a 8 anni in grotta tufacea. Durante la stagionatura e prima della commercializzazione, sono previsti massaggi con olio o affumicatura, mediante fumo liquido o combustione naturale della paglia.

CENNI STORICI

È senza dubbio uno dei più antichi formaggi dell’Italia meridionale, già citato da Ippocrate (500 a.C.), quando illustra l’arte usata dai Greci per preparare il cacio. Nasce dalla tecnica detta a “pasta filata”, messa a punto proprio nel meridione per garantire conservabilità ai formaggi di latte vaccino. È un formaggio difuso su tutto il territorio regionale con prevalenza storica nel sud del Lazio. Tradizionale di tutte le regioni che formavano il Regno di Napoli, fu pure oggetto di modi di dire popolari come ad esempio: “Far la fine del caciocavallo” ossia morire impiccato, per analogia con la sua forma, e fu tanto apprezzato dal re Ferdinando IV che in una epistola destinata al cardinale Rufo scrisse: “Famme truvà tante casecavalle”.

Territorio di Produzione

Intera regione Lazio

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