Sgagliozze PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Puglia

Frittelle di polenta, Polenta fritta

Nel libro “Street food all’italiana. Il cibo di strada da leccarsi le dita” (Giunti editore, 2013) di Gigi e Clara Padovani, un viaggio dall’Alto Adige alla Sicilia alla scoperta delle donne e degli uomini che ogni giorno friggono, impastano, infornano, bollono e arrostiscono per i loro clienti, tra i cibi di strada individuati in Puglia sono menzionate anche le «sgagliozze» di Bari, tradotte dal libro come rettangoli di polenta fritta.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura

Metti a bollire dell’acqua già salata in una casseruola; nel bollore lascia cadere, lentamente, da una mano chiusa a pugno, la farina di granturco rimestando continuamente con un cucchiaio di legno per evitare che si formino grumi. Quando la farina si sarà ben amalgamata in una densa polenta, versa il composto sulla spianatoia e la distendi dello spessore di circa 1/2 centimetro; taglia, poi, tanti quadratini di circa una decina di centimetri di lato e friggi in olio bollente. Appena fritti, da un lato e dall’altro, li fai sgocciolare, li sali e mangiali ancora caldi.

Elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni

A Bari uno degli spuntini preferiti dei residenti della città vecchia (Bari Vecchia) è costituito dalle sgagliozze, ovvero parallelepipedi di polenta fritta. Le Sgagliozze venivano originariamente vendute dopo la messa fuori della Cattedrale di San Nicola il 6 dicembre, giorno del santo patrono della città. Oggi a Bari Vecchia e in altre zone “popolari” della città ci sono ancora alcune simpatiche signore che vendono questa polenta calda, fragrante e croccante per le strade.

Le Sgagliozze, con la traduzione in italiano in “Frittelle di polenta”, vengono descritte da Giovanni Panza nel libro “Le checine de nononne” (Schena editore, 1982) alle pagine 228 e 229 («Metti a bollire dell’acqua già salata in una casseruola; nel bollore lascia cadere, lentamente, da una mano chiusa a pugno, la farina di granturco rimestando continuamente con un cucchiaio di legno per evitare che si formino grumi. Quando la farina si sarà ben amalgamata in una densa polenta, versa il composto sulla spianatoia e la distendi dello spessore di circa 1/2 centimetro; taglia, poi, tanti quadratini di circa una decina di centimetri di lato e friggi in olio bollente. Appena fritti, da un lato e dall’altro, li fai sgocciolare, li sali e mangiali ancora caldi.»).

Territorio

Bari

Cavolo riccio PAT

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