Beatine di Ghemme PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

Le Beatine di Ghemme sono biscotti antropomorfi di pasta frolla, che di solito rappresentano la Beata Panacea in posizione orante. Hanno una lunghissima tradizione, legata all’espressione di fede per la Beata Panacea, nata a Quarona, vicino a Ghemme (NO).

La loro caratteristica saliente è il denso contenuto semantico. La Beata Panacea fu uccisa dalla matrigna, che la sorprese a pregare invece che a lavorare, e il delitto avvenne usando il fuso che Panacea usava per filare. Così questi biscotti raffigurano la martire con le mani giunte in preghiera, oppure in posizione distesa con tre fusi in testa, simbolo del martirio. A volte, poi, è aggiunto un decoro di codetta zuccherina colorata in rosso, a simboleggiare il sangue sgorgato.

Le Beatine di Ghemme sono fatte con farina, burro, zucchero, uova, latte, lievito e aromi naturali; sono di dimensioni medio grandi e hanno un bel colore dorato, dovuto a una spennellatura superficiale di uovo fatta prima della cottura. Si mangiano tal quali o inzuppati nella colazione, e sono prodotti principalmente in occasione della ricorrenza della Beata, il primo fine settimana di maggio. La consistenza è quella della pasta frolla, solo più friabile e delicata.

Caratteristiche

  • Consistenza: compatta, friabile, si sciolgono facilmente in bocca.
  • Odore: penetrante di burro, persistente, sentore di vaniglia.
  • Colore: interno giallo chiaro, superficie giallo-dorata.
  • Sapore: dolce, piacevolmente grasso, in bocca non è pastoso e chiude con sentore di burro.
  • Dimensioni medie: a forma di angelo pregante o disteso, di grandi dimensioni, il peso si aggira sui 30-40g.

Metodiche di lavorazione

Gli ingredienti sono: 1000 g di farina di grano; 400 g di zucchero; 600 g di burro; 3 uova; mezzo bicchiere di latte; vaniglia e buccia di limone grattugiata. A piacere è possibile aggiungere miele e sale. Si impastano tutti gli ingredienti e si lavorano fino a miscelazione completa e omogenea. È consigliabile lasciare riposare l’impasto in frigorifero per almeno 1 ora. L’impasto si sfoglia con uno spessore di poco più di mezzo centimetro, e con apposito modello si ritagliano le formine che sono distese su placca da forno. I ritagli si possono rimpastare e formare nuovi biscotti. Prima di infornare si spennella con uovo e eventualmente si mette un po’ di zucchero colorato. La cottura si fa in forno a 190 °C per 15 minuti.

ZONA DI PRODUZIONE

La produzione è tipica del comune di Ghemme, in provincia di Novara.

TRADIZIONALITÀ

Panacea nacque a Quarona, a circa 30 km da Ghemme, nel 1368, da Lorenzo de Muzi e Maria Gambino, originaria di Ghemme. La morte prematura della madre indusse Lorenzo a risposarsi con Margherita, nativa di Locarno Sesia. In seguito al matrimonio, Panacea, da sempre dedita alle buone azioni e alla preghiera, iniziò a subire continui maltrattamenti da parte della matrigna. Questa la faceva lavorare senza sosta, facendole custodire il gregge sui monti, filare la lana e raccogliere la legna. La tradizione vuole che, mentre Panacea era intenta alla preghiera, fossero gli angeli a lavorare al posto suo.

Una sera del 1383, la matrigna, non vedendola arrivare insieme al gregge, che da solo era tornato all’ovile, si recò a cercarla sul monte Tucri, trovandola in preghiera. Furibonda, la colpì violentemente e ripetutamente con la rocca che usava per filare, uccidendola sul colpo. Resasi conto di quel che aveva fatto, la donna si gettò in un vicino burrone. Le campane della vicina chiesa di S. Giovanni si misero a suonare attirando la popolazione di Quarona che vide il corpo di Panacea accanto al fascio di legna che ardeva senza consumarsi.

La tradizione vuole che solo con l’arrivo del Vescovo di Novara si poté sollevare il corpo e porlo su un carro portandolo verso il paese. Giunto in un campo, il proprietario non volle che vi fosse seppellito, e i vitelli, da soli, condussero Panacea fino a Ghemme, fermandosi vicino alla chiesa parrocchiale di S. Maria dove era stata sepolta la madre. Era il primo venerdì di maggio del 1383.

L’origine delle Beatine di Ghemme risale all’Ottocento, quando veniva venduto sulle bancarelle in occasione della fiera della Beata, nei giorni della sua festa, dal primo venerdì di maggio fino alla domenica seguente. Secondo tradizione, i pellegrini giunti a Ghemme acquistavano i biscotti e poi si recavano in chiesa. Qui si svolgeva il rito di benedizione, che consisteva nel calare il sacchetto con i dolci all’interno del sepolcro della Beata, al centro della chiesa, dove era sepolto il corpo di Panacea fino alla costruzione dell’attuale chiesa parrocchiale. L’operazione era affidata ad alcuni addetti che in cambio ricevevano un’elemosina.

I dolci così benedetti erano portati a casa e mangiati dai familiari e offerti a coloro che non erano potuti venire a Ghemme. Si spiega così la forte carica emozionale e rappresentativa con i fusi conficcati in testa e il sangue che sgorga. La presenza degli “offellari”, o venditori di dolciumi, è documentata a Ghemme almeno dal 1600, e testimonia l’ininterrotta partecipazione delle popolazioni novaresi e valsesiane alla festa di Ghemme.

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