Uova stregate PAT Lazio

Le uova stregate, censite presso una pasticceria artigianale di Arpino (FR), sono una rielaborazione di un’antica ricetta che risale al 1870 circa. La signora Maria Martino, che oggi le realizza presso la sua pasticceria, racconta che le uova stregate venivano preparate dalle monache Benedettine del Monastero di Santa Maria dei Franconi in Veroli esclusivamente nel periodo di Pasqua, perché proprio in questo periodo le galline sono molto “generose” e producono molte uova. Le monache per non buttare i gusci delle uova si sono inventate un modo per riutilizzarli creando i contenitori per questo dolce cremoso e molto particolare che poi vendevano ai pellegrini durante le festività pasquali. La signora Maria racconta di conoscere questo dolce fin da piccola e che era un regalo usuale presso le famiglie di Arpino e Veroli in occasione della Pasqua. Il nome “uova stregate” è legato a due ipotesi: perché in passato veniva utilizzato il liquore Strega per insaporire la pasta genovese: perché sembra un uovo sodo ma in realtà è un delizioso dolce…. “quindi si viene ingannati dall’aspetto dell’uovo”.

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Zippole PAT Lazio

La preparazione delle Zippole avviene tradizionalmente l’ultimo giorno dell’anno ma si trovano ancora presso le famiglie locali fino alla Befana. Un tempo, infatti, andavano a riempire le calze destinate ai bambini, insieme alla frutta secca. Altra antichissima tradizione di origine contadina, legata a questi dolci, riscoperta e valorizzata nei primi anni ottanta dalla Ludoteca Comunale, è il Sasso di Capodanno: la sera del 31 dicembre i bambini, per le vie del centro storico del paese, vanno di casa in casa augurando buon anno e donando alle famiglie un sasso ornato di nastri. Prima di entrare, fuori ai portoni, recitano le filastrocche, fino a quando non sono accolti in casa. Una di queste dice: “Bonì, bonì bon’anno, teccot’i sasso di capodanno. Damme ‘na zippola e dammela bona, puzzi fa ‘na figlia signòra”. In cambio del “sasso”, poi, i bambini ricevono dei dolci e quello più ambito è proprio la Zippola.

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Turchetti PAT Lazio

Le tradizioni gastronomiche regionali tramandano diverse versioni dei Turchetti che, a seconda della zona di provenienza, venivano e vengono preparati in modo molto differente. L’antica ricetta laziale si rifà ad un mondo culinario in cui nulla veniva sprecato: in passato per la preparazione venivano utilizzati residui di biscotterie, torte e paste invendute. Il tutto veniva lasciato seccare; poi si pestava e si passava al setaccio per ricavarne la farina. Questa era la base per i Turchetti, alla quale si aggiungevano poi zucchero, farina, uova e latte. Come ogni tradizione che si rispetti la ricetta è stata tramandata oralmente di generazione in generazione, anche se oggi sono presenti diverse varianti sia nell’uso degli ingredienti, sia nella forma. I Turchetti sono i classici biscotti che da sempre si consumano prevalentemente con il latte, in occasione della prima colazione o imbevuti nel vino, davanti al focolare, dopo i pasti.

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Treccia all’anice di Civitella San Paolo PAT Lazio

Pane salato a base di anice dalla caratteristica forma a treccia. Nel corso della lavorazione sono previsti due cicli di lievitazione a temperatura ambiente. La Treccia all’anice presenta una consistenza più o meno morbida, crosta sottile di colore marrone chiaro, pasta interna bianca. Aroma tipico di anice.

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Tozzetti di pasta frolla PAT Lazio

Biscotti secchi a forma di rombo, a base di mandorle intere e pezzetti di cioccolato fondente, friabili e gustosi. Si preparano con: farina tipo 00, zucchero, uova, burro, margarina, lievito, mandorle intere e gocce di cioccolato fondente.

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Tozzetti di Viterbo PAT Lazio

I tozzetti sono i biscotti secchi a base di nocciole dei Monti Cimini più caratteristici e diffusi nella provincia di Viterbo. I maggiori centri di produzione corrispondono alle città con una maggiore estensione di noccioleti: Vallerano, Vignanello, Caprarola, Ronciglione e Vetralla, ma non mancano in tutti gli altri paesi della Provincia. Gli ingredienti, oltre alle nocciole, sono uova, zucchero, olio, lievito, buccia di limone grattugiata, latte, farina. Ogni nucleo familiare, però, conserva una propria ricetta, tramandata oralmente di madre in figlia: alcune non usano il lievito; in altre ed in quella tradizionale si usa lo strutto al posto dell’olio d’oliva.

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Tosa di Pasqua PAT Lazio

Si tratta del dolce tipico pasquale che secondo la tradizione si preparava a forma di bambola (la Pupa) per le femmine e a forma di ciambella (gliù Campanaro) per i maschi. Gli ingredienti per la preparazione sono: zucchero, farina, latte, uova, olio extravergine di oliva, semi di anice, sale, sambuca, vaniglia e lievito (o 20 g di bicarbonato o 40 g di cremore di tartaro). In passato il lievito impiegato era quello madre ottenuto dalla lavorazione del pane e successivamente diluito.

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Torta Pasquale (Torteno 1 e 2) Tortano di Pasqua Torta Pasqualina Torteri di Lenola Tortolo di Pasqua Tortolo di Sezze PAT Lazio

Nella tradizione pasquale dell’intera regione Lazio è particolarmente diffuso l’uso di preparare dolci pasquali che, a seconda della località, assumono una denominazione differente pur mantenendo pressappoco gli stessi ingredienti, variamente dosati. Si tratta di quelli che lo studioso Camporesi chiama “pani rituali”, ossia i pani delle grandi occasioni, ottenuti con gli stessi ingredienti del pane ma arricchiti con sostanze dolcificanti. Anche le forme sono le stesse, ciò che cambia è il volume, dovuto molto spesso ad una doppia lievitazione.

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Torroncini di Alvito PAT Lazio

Torrone di piccole dimensioni a pasta dura o morbida, ricoperto di ostia o da codetta di cioccolato, lavorato in numerosi modi differenti. Del Torroncino di Alvito se ne producono tre tipologie: “classico”, “pasta reale” e “croccantino”. Gli ingredienti base sono: mandorle, nocciole, cioccolato, zucchero caramellato, cioccolato fondente, miele, cannella, aromi naturali, glassa di fragola ed arancia. La lunghezza va da 8 a 20 cm, lo spessore è di 2-3 cm ed il peso varia da 20 g a 3 kg. Il Torroncino di Alvito può essere bianco, ricoperto d’ostia o marrone cioccolato. La produzione avviene a partire dal mese di settembre fino alla fine di gennaio.

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Tisichelle viterbesi PAT Lazio

Le Tisichelle sono ciambelle di colore giallognolo, così chiamate perché, dopo la cottura, presentano una superficie lucida e giallognola che fa chiaro riferimento al colore della pelle dei soggetti affetti da tisi, malattia molto diffusa nel XIX secolo. Si tratta di un “dolce dei poveri” preparato per accompagnare, a fine pasto, un buon bicchiere di vino (si inzuppavano nel vino per ammorbidirle) o da gustare, come spuntino, in occasione di merende in cantina, insieme a salumi e pesci marinati. È un “dolce” che accompagnava gli spostamenti nel corso delle fiere, grazie ai lunghi periodi di conservazione consentiti dalla sua preparazione.

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