Miele millefiori del Carso PAT Friuli Venezia Giulia

II miele millefiori prodotto nell’area carsica del Friuli Venezia Giulia deriva per lo più dal nettare di numerosissime piante erbacee presenti nel cotico dei prati polifiti naturali (es. Landa carsica), al quale si somma quello di alcune piante arbustive e arboree. Se prodotto nella prima parte della primavera è liquido, caratterizzato dall’aroma amarognolo della marasca (Prunus mahaleb). Se prodotto più tardi è caratterizzato principalmente dall’apporto del nettare di varie leguminose erbacee che conferiscono al miele un aroma delicato; in questo caso si mantiene liquido a lungo e assume un colore ambra più o meno scuro. Talora può presentarsi cristallizzato per la presenza di nettare di tiglio (Tilia spp.).

Dal punto di vista melissopalinologico questo miele presenta uno spettro pollinico tipico per la contemporanea presenza di polline appartenente a elementi floristici continentali e mediterranei. Le forme polliniche caratterizzanti risultano Rhamnaceae (PaliurusRhamnus e Frangula), CastaneaCotinus coggygriaFraxinus ornusAesculus, Cruciferae, Coronilla/HippocrepisAsparagus acutifolius e, in minor misura, ParthenocissusLotus corniculatusPrunus mahalebFilipendulaLigustrum

Le famiglie di api vengono allevate in arnie razionali di legno. Per sfruttare le prime fioriture dei prati polifiti e delle boscaglie gli apicoltori mettono in atto una serie di tecniche (es. nutrizione stimolante, riunione di famiglie) per ottenere famiglie numerose a inizio primavera.

Le fioriture utilizzate per l’ottenimento di miele millefiori del Carso si svolgono per lo più fra la prima decade di aprile e primi di luglio; successivamente le fioriture sono molto più scarse (per la forte siccità estiva), per cui il raccolto viene lasciato alle api per costituire le scorte invernali. Per ottenere questo prodotto non viene effettuato il nomadismo.

Dopo la fine delle fioriture principali, quando i favi sono stati opercolati, i melari vengono prelevati dagli alveari e trasportati nel laboratorio (sala di smelatura). Successivamente si procede alla disopercolatura dei favi e alla smelatura tramite centrifugazione. Il miele viene quindi filtrato, posto in maturatori di acciaio inox e lasciato decantare per almeno due settimane. La schiuma e le impurità che affiorano vengono eliminate. Nel corso dell’anno, pertanto, per ottenere questo prodotto si effettuano due o tre smelature in epoche diverse.

Tradizionalità

Il miele millefiori del Carso deve la sua tipicità al gusto, talora deciso, e al colore (beige più o meno scuro). Poiché il miele è poliflorale (deriva dal nettare di numerose piante), lo standard qualitativo non è costante nelle diverse aree ove viene prodotto, in quanto ciò dipende dalle caratteristiche vegetazionali delle diverse zone e dall’epoca di smelatura.

Il miele millefiori del Carso viene prodotto per lunga tradizione dagli apicoltori delle aree carsiche della regione Friuli Venezia Giulia, ivi costituendo da sempre uno dei principali prodotti dell’apicoltura.

Nel 1933 il prof. Francesco Blasi, in un suo manualetto di apicoltura (edito per conto della Cattedra Ambulate di Agricoltura per la provincia di Trieste), indica fra i mieli tipici del Carso il “Miele [millefiori] del Carso. Giallo ambrato, aromatico, molto apprezzato” (Blasi, 1933). Alcuni anni più tardi in una riedizione ampliata dello stesso manualetto si riferisce che “La flora, ricca di piante aromatiche dei pascoli carsici, offre alle api ottimo bottino, però ad intermittenza causa la siccità” (Blasi, 1948).

Territorio di produzione: Si produce esclusivamente nell’area del Carso triestino e isontino.

Frico PAT Friuli Venezia Giulia

L’origine del “frico” (quella croccante è solo una delle numerose versioni esistenti; ma ve ne sono moltissime, nelle quali al formaggio – più o meno stagionato – vengono aggiunti altri ingredienti, come cipolle, patate, mele, erbe aromatiche) si perde veramente nella notte dei tempi. La prima ricetta scritta, con il nome di “Caso in patellecte”…
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Sanganel PAT Friuli Venezia Giulia

Le ricette del sanganel si trovano in libri di cucina di vecchie famiglie friulane già dal secolo scorso; questo prodotto è citato in molti volumi, ultimo dei quali quello della scrittrice Perusini Antonini Giuseppina “Mangiare e Bere friulano”, la cui prima edizione risale agli inizi degli anni settanta.

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