Gran cacio di Morolo PAT Lazio

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO

È un formaggio vaccino affumicato, a pasta filata dura e semicotta, con la tipica forma a caciocavallo. La pezzatura va da 1,2 a 5 kg, quest’ultima è la più tradizionale. Presenta colore della crosta da giallo chiaro a marrone chiaro in relazione all’afumicatura, pasta interna giallo chiaro o paglierino, sapore afumicato e leggermente salato, tendente al piccante per stagionature oltre i 18 mesi.

METODO DI PRODUZIONE

Il latte vaccino subisce il riscaldamento a 37-38°C a cui segue una fase di riposo per circa 30 minuti per consentire ai batteri lattici di svilupparsi e l’aggiunta del il caglio liquido (circa 20 g/q di latte). Il tempo di affioramento della cagliata è mediamente di 40 minuti circa al termine del quale viene rotta manualmente con uno spino di acciaio fino ad ottenere grani di dimensioni di un chicco di nocciola. La cottura della cagliata ha un effetto diretto sul siero in quanto permette di aumentare la capacità di sineresi della cagliata. Per cuocere la cagliata, circa la metà del siero presente nel tino viene eliminato ed al suo posto viene aggiunta acqua calda fino a quando la cagliata non ha raggiunto la temperatura di circa 46°C.

L’acqua calda aggiunta ha anche un effetto di lavaggio della cagliata riducendone il tenore di lattosio e sali minerali. Quando la cagliata ha raggiunto i 46°C viene trasferita su tavoli spersoi di acciaio per procedere con la maturazione della stessa. Durante questa fase all’interno della massa avviene una fermentazione ad opera dei fermenti fin quando è raggiunto il pH ottimale di filatura. Il giusto grado di maturazione si determina con il saggio di filatura, realizzato mediante prelievi, a brevi intervalli, di piccole parti della pasta stessa che vengono immerse in acqua quasi bollente per provare se si allunga in fibre elastiche, lucide, continue e resistenti: cioè “fila”. Per favorire ulteriormente la maturazione e l’asciugatura, la pasta è tagliata in grossi pezzi con un coltello di acciaio e lasciata sul tavolo per circa 1 h. Quando la maturazione è terminata, la pasta è ridotta in scaglie mediante una taglia-cagliata e successivamente filata con una filatrice. Per la filatura si aggiunge acqua calda (a 90°C circa) fin quanto non si ottiene una pasta con un giusto livello di plasticità. La formatura è manuale volta a conferire alla pasta la classica forma ovale.

Le forme sono poste in acqua tiepida, rifinite per formare la testina e legate con uno legaccio. Per il rassodamento le forme vengono messe in acqua fredda per 2-3 h per far sì che il prodotto acquisisca la giusta consistenza. La salatura avviene per immersione in salamoia per un periodo di tempo variabile in relazione al peso: 5-6 h per i formaggi di circa 1 kg, 10-12 h per i formaggi di 3 kg ed infine 36 h per quelli di 5 kg. Prima di procedere all’afumicatura, il formaggio è lasciato asciugare a temperatura ambiente per eliminare la salamoia residua e successivamente in un asciugatoio a 10°C e U.R. 60-65% per 3-7 giorni. L’afumicatura con fumo “freddo” è ottenuta dalla combustione lenta e incompleta (senza fiamma) di trucioli di faggio in appositi afumicatoi. In genere la durata di questa fase è di circa 1-1,5 h e la temperatura non supera mai i 30-35 °C. Gli scopi dell’affumicatura sono: sviluppo del particolare aroma, formazione del colore caratteristico, efetto conservante.

Una volta affumicati i formaggi sono lasciati asciugare a temperatura ambiente per circa 1 h. La stagionatura avviene in celle a regime controllato ed è suddivisa in due fasi: inizialmente i formaggi restano in cella a 7-8 °C e U.R. 65% per circa 1 mese e in seguito, dopo essere sistemati in cassette con la paglia di abete, sono lasciati “afnare” a 12°C e 65% di U.R. per tempi diversi a seconda del prodotto finale che si vuole ottenere.

CENNI STORICI

Rarissimo formaggio frutto della tradizione storica casearia della Ciociara e soprattutto del comune di Morolo, antico borgo collocato sulla destra del fiume Sacco, entrando in Ciociaria. Con Sgurgola, Supino e Patrica fece parte dei domini della potente famiglia Colonna di Paliano e di Palestrina, per secoli in lotta per il papato. La produzione casearia artigianale del Gran Cacio di Morolo, così come per la Ciambella di Morolo risulta censita dal 1933. La tradizionalità di questo formaggio si manifesta in alcuni passaggi del processo di produzione: dalla filatura con la mastella di legno, alla stagionatura, alla tecnica di affumicatura eseguita ancora oggi secondo tradizione

Territorio di Produzione

Morolo (FR)

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