Carciofi fritti PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Puglia

Fritto di carciofi alla pugliese, Scarciuòfele frètte

Descrizione dei carciofi fritti presente nel libro Le ricette regionali italiane (1967). Ingredienti: 8 carciofi tenerissimi, farina bianca, olio d’oliva, due uova, un limone-sale. Pulire bene i carciofi togliendo loro tutte le punte e le foglie esterne più dure, poi tagliarli verticalmente in quattro parti; mano a mano che sono pronti immergerli in acqua acidulata con il succo di limone affinché non anneriscano. Scuoterli bene, asciugarli e infarinarli, passarli nelle uova sbattute poi friggerle in olio bollente e posarli su carta di tipo assorbente. Servirli subito cospargendoli di sale dopo qualche minuto.

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Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura

Dal capolino dei carciofi si tolgono le brattee esterne e le parti apicali più dure, nonché lo stelo. Si fanno a fette e si mettono in acqua acidulata perché non anneriscano. Si fanno sgocciolare dell’acqua strizzandoli tra le mani, si infarinano da entrambi i lati, si passano poi nelle uova sbattute e, quindi, nell’olio bollente. Quando sono ben dorati si pongono a sgocciolare su un foglio di carta.

Elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni

Il carciofo (Cynara cardunculus L. subsp. scolymus (L.) Hayek) è la specie orticola più importante della Puglia, dopo il pomodoro da industria. Nel libro Le ricette regionali italiane (1967, prima edizione), Anna Gosetti della Salda riporta tra le ricette tradizionali della Puglia: “Carciofi fritti” (a pagina 876).

Gosetti della Salda Anna, 1967. Le ricette regionali italiane. Solares, Milano.

Nel libro “Puglia dalla terra alla tavola” (AA.VV., 1990, Editore Mario Adda, Bari) Domenico Pinto, nel saggio “I prodotti tipici della terra pugliese. Dalla produzione alla distribuzione”, a pagina 36, si legge questo: “Tra i tanti “piatti”, successo particolare riscuotono (…), “carciofi fritti (…)”.

Carciofi fritti con la traduzione in dialetto barese vengono descritti da Giovanni Panza nel libro “Le checine de nononne” (Schena editore, 1982) alle pagine 64 e 65 («Carciofi fritti – Scarcioffe fritte»): «Prendi i carciofi (quelli di Rutigliano o di Mola sono i migliori), togli le foglie esterne, taglia le punte (che butti via), i torsoli (che metti da parte), li fai a fette e li metti in acqua acidulata con mezzo limone perché non anneriscano. Prendi i carciofi già puliti, li lasci sgocciolare dell’acqua strizzandoli tra le mani, li infarini da entrambi i lati, li passi nelle uova sbattute e, quindi, nell’olio bollente. Quando sono ben dorati li poni a sgocciolare su un foglio di carta, quella gialla dei macellai, salandoli infine.»

“A tavola con i carciofi” è il libro che Alessandro Suma ha pubblicato con Schena editore nel 1989. Riporta 173 ricette a base di carciofo tra cui “Fritto di carciofi alla pugliese” alle pagine 62-63.

Nel ricettario Pasquale (Viaggio nelle tradizioni e nella gastronomia) edito dal mensile di Mola di Bari Realtà Nuove nel marzo 1989 (supplemento al n. 12), dopo una breve nota sulle Tradizioni pasquali, sono riportate diverse ricette tra cui I scarciuòfele frètte (carciofi fritti) con gli ingredienti per 4 persone e il procedimento per la preparazione (a pagina 13).

Territorio

Tutta la regione, con maggiore frequenza nelle province di Foggia, Bari e Brindisi, dove la coltivazione del carciofo è più diffusa.

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