Biscottini di Novara PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

Raramente si incontra un dolce altrettanto identificato con la città d’origine come i biscottini di Novara. La tradizione di produrre biscotti a Novara è talmente radicata, che la maschera della città, dalla fine dell”800, si chiama “Re Biscottino”. In effetti, proprio nell”800 divenne diffusa e popolare la ricetta dei “biscotti delle monache”, proveniente dai segreti dei conventi, e sulla spinta del gradimento del prodotto e del nuovo impulso produttivo che ne derivò, la città tutta si votò al “biscottino”.

Il nuovo nome della maschera non fu che un tributo ad un percorso che a tuttora conduce su binari paralleli la città di Novara e l’industria dolciaria del biscotto. I biscottini di Novara sono biscotti di forma allungata, di colore dorato o quasi ambrato sulla superficie, e con una struttura spugnosa e secca, leggerissimi; inconfondibili per le estremità arrotondate. La caratteristica saliente è la presenza, sulla superficie, di una specie di sottilissima crosticina caramellata, quasi una glassa finissima di zucchero. Il biscotto si presta ad essere intinto nel latte, nel the o nel vino. Una volta intinto, si inzuppa immediatamente, aumentando considerevolmente di volume senza però disfarsi.

Caratteristiche

  • Consistenza: spugnosa e secca, leggerissimi e friabili, con alveolatura irregolare fine.
  • Odore: predominante di uovo.
  • Colore: ambrato sulla superficie, più chiara la parte inferiore, interno giallo brillante.
  • Sapore: dolce moderato, scioglie in bocca.
  • Dimensioni: costanti, 10 – 12 cm di lunghezza e 4-6 cm di larghezza. Lo spessore tipico è di 0,5 cm e il peso medio di 8 g .

Metodiche di lavorazione

La ricetta classica, con poche varianti, vede la presenza di soli tre ingredienti: farina, uova e zucchero, in proporzioni praticamente uguali, con una prevalenza di farina. Per la lievitazione si usa un piccola quantità di bicarbonato di ammonio. Originariamente, tanto antichi sono i biscottini di Novara, si usava il miele al posto dello zucchero. Le tecniche produttive possono essere diverse, ma la spugnosità del prodotto si ottiene soprattutto grazie al “montaggio” dell’uovo con lo zucchero, dopodiché si deve amalgamare la farina, cercando rigorosamente di non produrre grumi. I biscotti si formano colando una striscia di pasta su carta paglia, oppure su una placca da formo. La carta è però ideale per la coloritura del biscottino. La cottura dura pochissimo, un paio di minuti a 250 °C circa; estratti dal forno sono staccati dalla carta con una lama e sistemati in una camera di essiccamento nella quale sostano per circa mezz’ora alla temperatura di 70 °C, subendo una seconda “cottura”. In passato veniva effettuata anche un’ulteriore tostatura del prodotto che conferiva un colore dorato sui due lati e un sapore particolarmente gradevole.

ZONA DI PRODUZIONE

I biscottini di Novara sono prodotti a Novara e nei paesi limitrofi.

TRADIZIONALITÀ

Questo biscotto, senza sostanziali varianti, e sempre definito come biscotto di Novara, è presente in tutti i testi ufficiali di cucina, a partire almeno dalla prima metà dell”800. Le origini dei biscottini di Novara sono però legate ad una tradizione più antica. Nei conventi femminili del XVI secolo esistevano veri e propri laboratori di cucina dove si producevano, a richiesta, piatti e dolci che potevano essere venduti sia ai viandanti che ai residenti danarosi.

Proprio in questi monasteri, piuttosto numerosi prima del passaggio di Napoleone, alcune monache avrebbero inventato la ricetta di “quel biscotto che avrebbe dato rinomanza al capoluogo novarese”. Una tradizione, durata fino all’inizio del secolo, voleva che la prima domenica dopo Pasqua, domenica “in albis”, il clero della cattedrale e i parroci della città offrissero ai poveri della città il pane di frumento, che era soprannominato “pane di Polle” (dal latino pollen – fior di farina).

Si dava così ai poveri, in tempo di miseria ma almeno per quel giorno, la possibilità di mangiare pane bianco. Per il vescovo e i prelati ci pensavano invece le suore, che confezionavano uno speciale pane di Polle, dolce, più piccolo, cotto due volte (biscotto). Il dolce venne chiamato “biscottino delle monache di Novara”. La soppressione dei conventi, voluta appunto da Napoleone, interruppe la tradizione delle suore, che furono costrette a cambiare vita e rifugiarsi, ospiti e forse lavoratrici, nelle famiglie abbienti della città.

Qui le ricette cessarono di essere segreti di convento, e le conoscenze culinarie si diffusero, compresa quella della produzione dei biscotti. Così un farmacista-droghiere, certo Prina, iniziò a venderlo nella sua bottega con il proprio nome: “Biscottino di Novara del Prina”. Pare che fu allora che iniziò il costume di cuocere i biscottini su carta paglia.

In breve, si creò attorno al prodotto una libera e intensa concorrenza tra i pasticceri che perfezionarono il biscotto, tanto da migliorare la sua capacità di conservazione e da aprire, come logica conseguenza, la possibilità di spedizione lontano da Novara, creando un rapido incremento al commercio dei biscottini di Novara. Alla fine dell’800, il nuovo corso dell’imprenditoria novarese, unito chiaramente alla concomitante nascita della rivoluzione industriale, scatenò un’euforia che trovò sfogo anche in un rinnovato carnevale, adattato appositamente per celebrare i nuovi protagonisti dell’economia novarese: il biscotto e gli offalieri, ovvero i pasticceri. Ricordando l’enorme importanza che questa festa ha sempre avuto in Piemonte, e a Novara in particolare, si capisce il contesto in cui nasce “Re Biscottino”, che incarna il biscotto “simbolo della città” e che tale resta fino ai giorni nostri.

Bibliografia:

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  • Giovanni Vialardi, Trattato di cucina, pasticceria moderna, credenza e relativa confetteria, Tip. G. Favale, Torino, 1854
  • Giovanni Vialardi, Cucina Borghese, Semplice ed Economica, L. Roux, Torino, 1890
  • Anonimo, Il Re Dei Cuochi, Salani Ed. 1905
  • Giuseppe Ciocca, Il Pasticcere e il Confettiere Moderno, Milano, 1907
  • AA.VV., Guida Gastronomica d’Italia, Touring Club Italiano, I edizione, Mondaini & C., Milano, 1931
  • A. Marescalchi, Storia dell’alimentazione e dei piaceri della tavola, Milano, 1942
  • A. Rini, I carnevaloni,Novara, 1956
  • “Novara”, Il biscottino di Novara, n. 3, 1967
  • Laura Gras Portinari, Cucina e vini del Piemonte e della Valle d’Aosta, Mursia, Milano, 1971
  • Luigi Firpo, Gastronomia del Rinascimento, Torino, 1973
  • Vittoria Sincero, Dal Riso al Rosa. Gastronomia, vini, turismo, folclore e dialetto della terra novarese, EDA, Torino, 1974
  • Elma Schena, Adriano Ravera, Galuperie del Vecchio Piemonte, L’Arciere, Cuneo, 1991
  • Panificazione e Pasticceria, anno 1°, n. 5, Luglio-Agosto 1995
  • Corriere di Novara, Storia del Biscottino di Novara
  • Giovanni Vialardi (a cura di Delfina Fiorini), A tavola con il re: trattato di gastronomia piemontese, Ed.il Punto, Torino, 2000
  • Mario Marsero, Dolci e delizie subalpine: piccola storia dell’arte dolciaria a Torino e in Piemonte, Edizioni Anteprima, 2004

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