ALBANELLA
Vitigni d’ITALIA

Storia

La prima citazione di Albanella è stata rinvenuta in un documento degli inizi dell’800 conservato nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro. Non a caso, perché è la città rivierasca l’unica culla di questo raro vitigno.

La ristretta diffusione ha forse contribuito alla confusione che vuola la Doc Colli Pesaresi recitare “Trebbiano Toscano (localmente chiamato Albanella)”. Ettore e Luigi Mancini, produttori in loco, non hanno mai fatto mistero del loro scetticismo: troppo diverso il comportamento agricolo ed enologico delle due uve. Interessata l’Università di Milano, si è arrivati, mediante l’esame del DNA, a scoprire che l’Albanella è vagamente riconducibile all’Elbling della Mosella o all’Albarino spagnolo e che non ha uguali in Italia. Resta da capire in che modo e quando l’uva sia arrivata sul suolo marchigiano, dove sembra essersi ben acclimatata in un contesto di clima mediterraneo, con un caldo intenso mitigato dalle brezze marine.

Diffusione

La sua diffusione è sostanzialmente compresa all’interno del Comune di Pesaro. Qui nella sottozona Roncaglia della Doc Colli Pesaresi Bianco, ne è previsto un utilizzo sino al 75 %, mentre la restante parte è riservata al Pinot Nero vinificato in bianco. Fino al 2000 il nome Albanella, forse perché considerato frutto del vernacolo o delle abitudini locali, non poteva essere citato in etichetta.

La pianta

Il grappolo è grosso, di forma cilindro-conica, appena alato e dotato di buona compattezza. Glia acini sono grandi, sferici e mostrano luminose sfumature giallo oro. La maturazione gode di buona regolarità e la raccolta avviene mediamente da metà settembre. Nelle annate più clementi, la naturale alta acidità contenuta nella polpa è ben assorbita dalla pianta, mentre l’accumolo zuccherino non raggiunge mai alti livelli.

Il vino

Un bianco interessante, non banale, grazie alle sensazioni olfattive agrumate e sottilmente minerali. Il corpo è elegante e snello, buona la dinamica gustativa, retta da nerbo acido e corrispondenza aromatica. La strada più seguita è quella della vinificazione in acciaio, per un consumo giovane del vino.

Fonte: Guida ai Vitigni d’Italia – AA.VV. – Slow food Editore 2020

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