Tartufo bianco PAT Emilia Romagna

Prodotto Agroalimentare Tradizionale dell’ Emilia Romagna

tuber magnatum, trifula bianca

Il Tuber Magnatum Pico, chiamato volgarmente Tartufo bianco, è la specie di tartufo più preziosa in assoluto sia dal punto di vista gastronomico che da quello prettamente economico, dati gli elevatissimi costi che la stessa può raggiungere. Fungo simbionte. Le specie di questo genere presentano il carpoforo globoso, con la superficie esterna (peridio) liscia o verrucosa, l’interno (gleba) marmorizzato, spore brune, sub-globose o ellissoidali, reticolate o spinose.

Si sviluppa per lo più alla profondità di 10-30 cm. Cresce sotto i 700 m di altitudine, nei fondo valle, lungo fossati, in terreno aerato, un po’ umido, ma drenato, povero di potassio e di azoto, a pH 7-8 (8,5), povero di humus, non molto inclinato e non molto soleggiato, specialmente alluvionale, sedimentario, di frana, di scarpata; non cresce in terreni sabbiosi, silicei. Vive in simbiosi con diverse specie arboree (roverella, farnia, cerro, salice, carpino, nocciolo, leccio,..). Matura da ottobre a fine dicembre. L’estrazione dal terreno avviene mediante appositi attrezzi. Il tubero viene ricercato con l’ausilio di cani opportunamente addestrati. Curiosità E’ una specie dotata di profumo intenso e penetrante, si presta a essere consumato crudo su pietanze calde che ne esaltino l’aroma senza mascherarlo.

Tradizionalità

La probabile origine del nome, ma non definitiva, è che tartufo derivasse da territùfru, volgarizzazione del tardo latino terrae tufer (escrescenza della terra), dove tufer sarebbe usato al posto di tuber. lo storico Giordano Berti, fondatore dell’Archivio Storico del Tartufo, ha dimostrato in modo convincente che il termine tartufo deriverebbe da terra tufule tubera. Il termine tartufo deriva quindi, secondo Berti, dalla somiglianza che si ravvisava tra questo fungo ipogeo e il tufo, pietra porosa tipica dell’Italia centrale. Il termine si contrasse poi in terra tufide e nei dialettali tartùfolatrìfulatréfflatrìfola. Il termine tartufo cominciò a diffondersi in Italia nel Seicento.

Referenze bibliografiche

  • Alfonso Ceccarelli, l’Opusculus de tuberis (1564);
  • Zago F., “I tartufi e la loro coltivazione”, L’Agricoltura piacentina, Stabilimento tipografico piacentino, Piacenza 1913;
  • Concarotti E., “I tartufi: diamanti per le mense d’autunno”, Piacenza economica, Nr. 9/1972.

Territorio di produzione

La presenza del Tuber magnatum è comune a diverse aree collinari e di media montagna della dorsale appenninica della Regione Emilia-Romagna. In particolare nelle provincie di Piacenza e Rimini.

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