Moco delle Valli della Bormida PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale della LIGURIA

Il Moco è un legume da pianta annuale, ramificata, a portamento semi-prostrato, con steli glabri, glauchi, caratteristicamente alati; foglie alterne, costituite da un picciolo alato portante un paio di foglioline ellittiche, oblunghe ed un cirro semplice o ramificato, molto lungo; i fiori singoli,(bianchi e rosati) fecondazione autogama, formano un baccello compresso contenente da 2 a 5 semi; i semi sono schiacciati, piuttosto angolosi, (simili a sassolini) di colore bianco o bruno marezzato, di 4-6 mm di diametro.

Zona di produzione: Comuni della Valle Bormida in particolare, Cairo M.tte, Cengio, Millesimo, Dego, Murialdo, Calizzano, Cosseria

Lavorazione: Lavorazioni del terreno: la preparazione del terreno prevede un’aratura (vangatura) non profonda eseguita a fine estate, una o più lavorazioni per affinare il terreno ed una eventuale erpicatura presemina per eliminare le infestanti presenti al momento della semina.Periodo di semina: tradizionalmente al 100 giorno dell’anno (au cent di) prima decade di aprile

La semina è eseguita a file distanti 20-25 cm con l’obiettivo di realizzare una densità di 50-60 piante/m2, oppure a spaglio sempre con la stessa densità.Attrezzature per sgranatura e scelta: i mochi messi a essiccare all’ombra i semi vengono liberati dal baccello mediante battitura e vagliatura con apposita macchina con ventilatore (per produzioni piccole a mano con vaglio)Conservazione: conservati preferibilmente in vasi di vetro con foglie di lauro e grani di pepe.

Curiosità: Questo legume era già coltivato sicuramente in Val Bormida dalla fine del 1800 e la coltivazione era diffusa in molti comuni della Valle in particolare sulle alture di Cairo M.tte nella zona dei BASILI e i CITTI (sopra a S.Anna ) e a Cengio frazione Rocchetta, infatti fra gli appellativi in uso negli anni 30/40 nei confronti degli abitanti della frazione di Rocchetta vi era “cui ed rucchetta mangia mochi” Il riferimento era evidente, i Rocchettesi venivano chiamati “mangia mochi”, proprio per la diffusa coltivazione e consumo di questo legume, nel periodo dopo la 1° guerra.

Testimonianze di anziani riportano come proprio negli anni di maggior carestia veniva coltivato questo legume che non richiedeva particolari cure e cresceva in terreni poveri, proprio sul tufo. Recentemente anche altri valbormidesi, dopo la pubblicazione della notizia sul moco, ricordano bene come questo legume fosse coltivato, anzi abbiamo testimonianze che veniva dagli allora bambini e ragazzi “al pascolo” mangiato crudo ancora verde , liberato dal baccello.Carmelo Prestipino ha di recente segnalato che la cicerchia era presente in Valle Bormida già all’Eta del Bronzo ( secondo millenio a.c.) nel libro “Bric Tana e Valle dei Tre Re” a p. 75, che dice testualmente: “Oltre ai cereali, fra cui almeno due forme diverse di frumento, orzo e miglio/panico, erano coltivate le leguminose, fra cui certamente la fava e la cicerchia”.Sergio Rossi ha trovato il termine “moco” nell’ Archivio di Stato di Genova Repubblica Ligure 610

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