Ciclismo italiano: i luoghi da non dimenticare

Il Giro d’Italia è tra le gare ciclistiche più prestigiose al mondo, un grande evento mediatico che richiama l’attenzione di appassionati e non solo: è la maggiore corsa italiana di ciclismo su strada, un appuntamento sportivo leggendario che vanta oltre 100 anni di storia.

Il Giro percorre l’Italia in tutta la sua lunghezza: ad alternarsi sono tappe collinari e cronometro di pianura, ma il momento più atteso della gara è quello delle tappe di montagna, dure ed esaltanti, che toccano alcuni dei luoghi emblematici delle Alpi e degli Appennini. Se volete rivivere i percorsi che hanno segnato la storia del Giro d’Italia, questi sono i luoghi che non potete mancare:

Il Passo dello Stelvio

Passo Stelvio

Al confine tra Trentino-Alto Adige e Lombardia, nelle Alpi Retiche, a una quota di 2.758 metri di altitudine, svetta il valico stradale più alto d’Italia, amatissimo dai cicloamatori, massima quota raggiunta dai ciclisti del Giro: il Passo dello Stelvio. 25 chilometri di lunghezza, quarantotto tornanti, è un percorso sinuoso e spettacolare che mette in collegamento Bormio, in Valtellina, con Prato allo Stelvio, in Val Venosta.

Lo Stelvio venne inserito nel tracciato del Giro d’Italia per la prima volta nel 1953, quando fu testimone di una delle più grandi imprese di Fausto Coppi: durante l’ultima tappa, da Bolzano a Bormio, il grande Fausto, l’”Airone”, si alzò sui pedali e riuscì a staccare il leader della classifica, lo svizzero Hugo Koblet, conquistando la maglia rosa e il suo quinto e ultimo Giro, tredici anni dopo il primo.

Nel 1965, cinque anni dopo la sua morte, fu istituito il titolo di “Cima Coppi”, a indicare la quota più alta raggiunta dai corridori in ogni edizione del giro: lo Stelvio è da allora “Cima Coppi” per antonomasia e per tutte le dodici volte che il Giro lo ha attraversato.

Il Passo del Gavia

Passo Gavia

Uno dei luoghi più amati dagli appassionati di bici su strada insieme allo Stelvio, tra le tappe di montagna più dure e celebri del Giro, è il Passo del Gavia: 17 km di lunghezza, pendenza media dell’8%, si trova nelle Alpi Retiche meridionali, e mette in collegamento la Valtellina con la Valcamonica, a una quota di 2.618 metri. Il Giro d’Italia lo ha percorso quattordici volte: i corridori si cimentarono per la prima volta con la sua terribile ascesa l’8 giugno del 1960, durante la penultima tappa da Trento a Bormio.

Del passo si conosceva allora poco o nulla: Imerio Massignan, solo in testa alla corsa, fu il primo uomo del Giro a transitare dal passo, stretto e impervio e all’epoca ancora sterrato (venne asfaltato solo negli anni ’90). Massignan, allora appena ventitreenne, si giocava la maglia rosa con mostri sacri del ciclismo del tempo (Charly Gaul, Jacque Anquetil, Gastone Nencini). Scalatore puro, riuscì a imporsi nonostante la salita impervia, tra ghiaia e sassi, strapiombi e muri di neve alti sei metri ai lati della strada. Grazie a questa impresa, da quel giorno il nome di Massignan è indissolubilmente legato al Gavia e gli è valso il soprannome di “Angelo del Gavia”.

Il Passo Pordoi

Passo Pordoi

Ampio e con tornanti stretti nel finale, nonostante non presenti difficoltà e pendenze insormontabili, il Passo Pordoi è una meta molto frequentata dai ciclisti sia per la bellezza del suo paesaggio sia per il fatto di essere uno dei luoghi storici del Giro. Il valico è compreso nel circuito del Sellaronda e si trova a 2.239 m di quota, e congiunge Arabba, nelle Dolomiti Bellunesi, a Canazei, in Val di Fassa.

Più volte arrivo di tappa, il Pordoi venne percorso per la prima volta dal Giro nel 1940, ed è stato per tredici volte Cima Coppi, passaggio più alto della competizione. Il suo nome è legato a quello di Fausto Coppi, il “Campionissimo”, che sul Pordoi passò in testa per ben cinque volte scrivendo pagine memorabili del Giro (al passo si trova una stele a lui dedicata).

La prima volta di Coppi sul Pordoi fu proprio nel 1940, in una giornata di freddo e neve: appena ventenne, gregario di Bartali, Coppi si trovava in seria difficoltà e stava meditando il ritiro quando Bartali lo incitò lanciandogli della neve fresca e dandogli dell’ ”acquaiuolo” (ovvero una persona di carattere debole in dialetto toscano). Alla fine Coppi riuscì a salvare la maglia rosa e a vincere il suo primo Giro d’Italia.

Il Passo del Mortirolo

1998 Giro d’Italia – Marco Pantani

12 km di lunghezza quasi interamente nei boschi, con una pendenza media intorno al 10% (ma che arriva anche al 20%), il Passo del Mortirolo si trova a una quota di 1.852 metri, tra Valtellina e Valcamonica. Stretto e poco frequentato, a lungo considerato una strada di montagna secondaria, il Mortirolo entrò nel circuito del Giro d’Italia (e nel mito) solo nel 1990; da allora è stato percorso dal Giro in più occasioni.

Uno dei protagonisti del Mortirolo è stato Marco Pantani, che nel Giro d’Italia del 1994, allora un ciclista emergente, impressionò tutti con una eccezionale fuga in solitaria che inaugurò una carriera leggendaria. Nella tappa da Merano all’Aprica, dopo aver scalato lo Stelvio, Pantani riuscì a staccare avversari temibili come Miguel Indurain e Claudio Chiappucci. In uno dei punti più panoramici della salita al passo, al km 8, nel 2006 è stata posata una scultura dedicata al “Pirata”: Pantani è raffigurato durante uno scatto in salita, con le mani basse sul manubrio mentre scruta gli avversari.

Il Monte Zoncolan

Il “balcone” delle Alpi Carniche è un massiccio di 1.750 m in provincia di Udine, che gli appassionati di ciclismo conoscono molto bene. Per via della salita decisa, con rettilinei ripidi e tornanti stretti e impervi, i cicloamatori gli hanno dato l’appellativo di “Kaiser” e “Mostro della Carnia”. Il versante occidentale, quello che sale da Ovaro – 10 km di lunghezza, una pendenza media del 12% con punte del 22% – è considerato tra i più impegnativi di tutta Europa. Il versante orientale, da Sutrio, 13 km e 1200 metri di dislivello, è meno dura e presenta pendenze discontinue, ma con tratti impegnativi nell’ultimo pezzo.

Il Giro d’Italia ha consacrato lo Zoncolan in tempi recenti: la prima volta è stata nel 2003, dal versante di Sutrio, quello più clemente. In quella tappa (la dodicesima di quell’edizione, una delle ultime gare di Marco Pantani) a vincere fu Gilberto Simoni, vincitore del Giro del 2003. Il Giro del 2007 ha invece affrontato il versante più duro, da Ovaro: anche in questo caso a riuscire nell’impresa di domare il “mostro” è stato Gilberto Simoni. Per la duplice vittoria e per l’affetto che lega “Gibo” allo Zoncolan, la montagna da allora è soprannominata “Montagna Simoni”.

Il Muro di Sormano

Copre poco meno di due chilometri, ha solo quattro tornanti, ma raggiunge pendenze spaventose, con picchi del 27%: lo stretto e ripido Muro di Sormano è una salita celebre che solo pochi ciclisti sono in grado di affrontare. La strada si stacca dalla provinciale che da Asso porta a Pian del Tivano, in provincia di Como, raggiungendo una quota finale di 1.124 m con una pendenza media del 17% e un dislivello di 300 m. La strada ha una particolarità: per spronare i ciclisti nella salita e indicare quanto manca alla cima, il manto stradale riporta, metro dopo metro, la quota altimetrica.

Il “Muro” è entrato nella storia del ciclismo con il Giro di Lombardia del 1960, la gara che per prima lo inserì nel proprio itinerario. La salita si rivelò talmente dura che molti ciclisti furono costretti a scendere dalla bici per proseguire a piedi (tra cui Van Loy, all’epoca campione del mondo). Il “Muro” rimase nel Giro di Lombardia per altre due edizioni, fino al 1962, dopo di che venne abbandonato e reinserito solo nel 2012. Tra i pochi in grado di percorrerlo senza staccare i pedali dalla bici ci fu il grande Imerio Massignan, al quale i giornalisti diedero il titolo di “Re del Muro“.

La Salita di Oropa

13 chilometri e 750 metri di dislivello, la Salita di Oropa alterna tratti dolci a tratti impegnativi con pendenze spesso oltre il 10% ed è un’altra tappa storica del Giro d’Italia. La strada conduce da Biella fino al cospetto del Santuario di Oropa, a 1.150 m d’altezza, meta di pellegrinaggio secolare, uno dei “sacri Monti di Piemonte e Lombardia” Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Per ben sei volte il santuario è stato arrivo di tappa al Giro.

A Oropa hanno vinto Taccone, Ghirotto, Bruseghin, Battaglin ma soprattutto Pantani, che il 30 maggio del 1999, due giorni prima di essere escluso dal Giro, segnò qui una delle sue imprese più memorabili. Pantani, detentore della maglia rosa da sette tappe, si trovava lungo un rettilineo, nel momento cruciale della gara, quando gli cadde la catena della bici; dovette fermarsi, ma riuscì a ripartire rapidamente.

Quegli ultimi dieci chilometri prima dell’arrivo videro Pantani protagonista di una delle rimonte più straordinarie della storia del Giro: superati ben 49 avversari – tra cui atleti illustri come Ivan Gotti, Gilberto Simoni e Paolo Savoldelli – Pantani riuscì a recuperare i 40 secondi di ritardo accumulati e a portarsi in testa nel tratto più duro della salita, tagliando il traguardo per primo.

Fonte @italia.it

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