Tortellini PAT Emilia Romagna

Queste le leggende, ma la verità potrebbe essere molto più terra terra perché responsabili di tale forma non è escluso siano state l’esperienza e la saggezza della “rezdora” la massaia della casa che avrebbe deciso di dare tale forma ai tortellini per evitare che durante la cottura il ripieno si “perdesse” nel brodo, ma restasse ben legato al suo involucro di sfoglia. Va anche ricordato come il rito della preparazione dei tortellini venisse celebrato alcuni giorni prima della festa, in casa di una o dell’altra massaia dove si ritrovavano le “rezdore” insieme per aiutarsi a vicenda e questa era una valida scusa per conversare e raccontarsi gli ultimi avvenimenti.

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Tortelli ripieni con bietole o tortelli verdi alla reggiana PAT Emilia Romagna

Primo piatto costituito da pasta sfoglia ripiena di un impasto a base di bietola lessata o spinaci e/o ricotta del quale esistono numerose varianti, conditi solitamente con burro e salvia o con soffritto.

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Tortelli di mele PAT Emilia Romagna

Anche il tortello può essere considerato una pietanza medioevale per eccellenza, quindi meritevole di rientrare nel novero dei prodotti matildizzabili. La sua tradizione affonda nel passato storico italiano e trova la sua nascita nella filosofia del riciclo tipico delle epoche passate, allorquando non si poteva, vista la scarsità dei prodotti, buttare via nulla riguardasse la tavola. I tortelli nati per necessità, diventano anche l’occasione di essere riempiti con quello che la natura offriva sul momento e da qui i vari ripieni di bietole, spinaci, altri erbaggi, o persino dolci, caratterizzati da miele, frutta candita, marmellata…

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Zabaione o zabaglione PAT Emilia Romagna

Lo zabaione è una preparazione che vanta parecchi secoli di storia sul quale vi sono fonti discordanti riguardo alle sue origini ed al suo nome. Una di queste tradizioni racconta che sia stato “inventato” nel 1500 vicino a Reggio Emilia per una casualità. Si narra che il capitano di ventura Emiliano Giovanni Baglioni arrivò alle porte della città e si accampò. A corto di viveri mandò, com’era uso a quel tempo, alcuni soldati a razziare i campi dei contadini della zona. Il raccolto, però, fruttò ben poco e il Capitano Baglioni si ritrovò con uova, zucchero, qualche fiasca di vino e delle erbe aromatiche. In mancanza d’altro fece mescolare il tutto e lo diede ai soldati al posto della solita zuppa e questi ne furono entusiasti. L’uso popolare chiamava Giovanni Baglione ‘Zvàn Bajòun’ e la crema ne prese il nome diventando prima ‘Zambajoun’, poi Zabajone e infine Zabaglione.

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Tortelli di farina di castagne PAT Emilia Romagna

Si prepara la pasta con la farina, le uova, l’acqua, il sale; si stende a sfoglia e si taglia a strisce di 15 cm. Circa di larghezza e 30 cm di lunghezza. Si dispongono sopra alla pasta le pallottoline di ripieno ottenuto stemperando la farina di castagne con il latte. Si piega la sfoglia, si tagliano i tortelli in quadratini e si schiacciano i bordi per evitare la fuoriuscita del ripieno durante la cottura. Si cuociono in acqua bollente per circa 15 minuti, si scolano e condiscono in una zuppiera con un condimento ottenuto amalgamando la ricotta di pecora, un po’ di burro, un pizzico di sale e le noci spellate tritate fini.

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Zampanella PAT Emilia Romagna

Le origini sono quasi certamente imputabili allo stato di povertà e alla scarsità di alimenti in seguito a carestie, eventi bellici, di una fascia di territorio molto precario. Secondo alcuni sarebbe il risultato di un disguido occorso ad una donna che, avendo allungato eccessivamente l’impasto per la “crescente” da cuocere sulla tigella, provò a ricavarne qualcosa di commestibile e ci riuscì. Un tempo era un cibo tipicamente invernale, a ragione del fatto che in concomitanza con l’uccisione del maiale, il pesto era fatto in maggior parte di lardo, pancetta, e strutto. Con il tempo lo strutto fu eliminato e il lardo venne sostituito da salsiccia fresca e capocollo, così le zampanelle diventarono un cibo per essere mangiato tutto l’anno.

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Tortellini di Bologna PAT Emilia Romagna

Dal 1500 la storia ha i suoi testimoni: nel diario del Senato di Bologna si riporta che a 16 Tribuni della Plebe riuniti a pranzo fu servita una “minestra de torteleti” mentre nel 1570 un cuoco bolognese (forse Bartolomeo Scappi, cuoco di Pio V) fece stampare un migliaio di ricette tra cui presenziava quella dei tortellini.Nell’anno 1664 Vincenzo Tanara, ne “L’economia del cittadino in Villa”, parla di “tortellini cotti nel burro.” E quasi due secoli più tardi, nel 1842, il viaggiatore e bibliografo francese Antoine-Claude Pasquin, detto Valery, riporta di un “ripieno di sego di bue macinato, tuorli d’uovo e parmigiano” che si potrebbe leggere come un antenato meno raffinato dell’attuale ripieno. Il tortellino va rigorosamente consumato cotto in un corposo brodo di carne.

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Tortelli di Carnevale PAT Emilia Romagna

Dolce a base di farina, uova, burro, zucchero, buccia di limone grattugiato, sale, mezzo bicchiere di vino bianco. Dopo aver tirato la pasta a macchina (a noi piace sottile!), dosare il ripieno e chiudere come fossero ravioli. I contorni del turtlitt devono essere leggermente premuti con i rebbi di una forchetta: l’operazione serve a sigillare il tortello ma soprattutto a conferirgli l’aspetto tradizionale! Per la cottura, i turtlitt devono essere immersi nell’olio bollente finchè non cominciano a dorare. Una volta raffreddati, occorre cospargerli di zucchero a velo.

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Anguilla in umido PAT Emilia Romagna

Piatto a base di anguilla cucinata con burro, olio, cipolla, pepe, noce moscata, farina, sedano, aglio, prezzemolo, alloro, salvia, poco pomodoro, un bicchiere di vino bianco secco. Si pulisce l’anguilla strofinandola energicamente con cenere di legna, quindi si apre, si toglie la testa e le interiora, si lava in acqua corrente e si taglia a tronchetti di 6- 7 centimetri, si scola e asciuga con uno strofinaccio. Si prepara il soffritto con poco burro, olio, cipolla tritata, pepe e noce moscata in cui si metteranno i tronchetti di anguilla infarinata; quando prenderanno colore si unisce un trito di sedano, aglio, prezzemolo, una foglia di salvia e una di alloro. In seguito si aggiunge poco pomodoro e un bicchiere di vini bianco secco. Quando l’intingolo è ridotto si lascia cuocere a fuoco lento coprendo il tegame. Si può gustare presso le cucine di gastronomie, ristoranti e agriturismi.

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