Tartufo di Campoli Appennino PAT Lazio

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO

Il Tartufo di Campoli Appennino è un fungo ipogeo a forma di tubero irregolare, appartenente alla famiglia delle Tuberaceae, classe degli Ascomiceti, che cresce spontaneamente in simbiosi con le radici di alcuni alberi e arbusti: quercia, cerro, leccio, tiglio, nocciolo, carpino, pioppo. Di colore bianco e nero si caratterizza per un profumo intenso, sapore di fungo acerbo, massa carnosa della “gleba” (o polpa), rivestita da una corteccia chiamata “peridio”.

Costituito in alta percentuale da acqua, il tartufo garantisce anche un buon apporto di fibre, sali minerali, sostanze organiche fornite dall’albero con cui vive in simbiosi. Il Tartufo di Campoli Appennino identifica le varietà più conosciute e apprezzate sotto il profilo gastronomico quali: Tuber magnatum Pico (Tartufo bianco); Tuber melanosporum Vittadini (Tartufo nero pregiato), Tuber aestivum Vittadini (Tartufo d’estate o scorzone); Tuber brumale Var. moscatum De Ferry (Tartufo moscato); Tuber aestivum Var. uncinatum Chatin (Tartufo uncinato); Tuber borchii Vittadini o Tuber Albidum Pico (bianchetto o marzuolo); Tuber brumale Vittadini (Tartufo nero d’inverno o trifola nera); Tuber macrosporum Vitt. (Tartufo nero liscio); Tuber mesentericum (Tartufo nero di Bagnoli).

METODO DI PRODUZIONE

Il prodotto viene messo in commercio fresco o trasformato. Quello fresco, dopo la raccolta, da parte dei cavatori della zona, subisce solamente il lavaggio in acqua corrente, senza aggiunta di additivi, per circa un’ora; successivamente viene spazzolato e confezionato in bustine per alimenti a seconda della loro pezzatura. Il prodotto trasformato, invece, dopo aver subito il lavaggio con acqua corrente nelle vasche di acciaio, viene invasettato intero, con acqua e sale in vasetti di vetro della capacità variabile da 20 a 500 g. I residui di tartufo che provengono dalle lavorazioni precedenti vengono utilizzati per la produzione di creme. I pezzi dei tartufi dopo il lavaggio vengono macinati, cotti a circa 100°C ed invasettati con olio di oliva e sale. I vasetti vengono sterilizzati a 121°C per 40 minuti. Allo stato attuale sono investiti a coltivazione di tartufi (tartufaia) circa 8 ha. La legge 16 dicembre 1985, n. 752 e s.m.i., “Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo”, in seguito all’incremento della raccolta e al diffondersi di pratiche non ecocompatibili, ha regolato la raccolta di tartufi ed ha dato mandato alle Regioni di disciplinare la raccolta sul proprio territorio.

CENNI STORICI

Il Tartufo può essere considerato un simbolo della cultura e della tradizione del comune di Campoli Appennino. La storicità di questo prodotto è testimoniata dalle numerose fonti storiche le quali attestano che in passato, per la sua prelibatezza, veniva inviato in dono a re e principi. Il termine “tartufo” o “tartufalo” ricorre in alcuni conti comunali fin dalla metà del XVIII sec., a dimostrazione ulteriore che la raccolta di questo pregiato prodotto era già affermata e nota: nel 1759 i conti comunali evidenziano “… Spese di letti in tre giorni e tre notti ad un caporale e sergente spagnoli che vennero per tartufoli”; nel 1759: “…sei libre e mezzo di tartufoli per il Sig. Capitano di cavalleria”; nel 1773: “per rifosa di tartufili mandati in Venafro”; nel 1785: “per due corrieri mandati in S. Germano (Cassino), colli tartufoli al colonnello della squadra di campagna”; ancora nel 1785: “al corriere di Roccasecca spedito per gli tartufoli da mandarsi in Venafro a S.M.D.G. (Sua Maestà Dio Guardi)”. La decennale sagra del Tartufo che viene svolta annualmente a Campoli Appennino, testimonia come il forte legame prodotto-territorio trovi trovi riscontro anche in ambito sociale.

Territorio di produzione

Provincia di Frosinone: Campoli Appennino, Vico nel Lazio

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