Petto d’oca affumicato PAT Friuli Venezia Giulia

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Friuli Venezia Giulia

Di forma cilindrica lungo circa 20/25 cm pesa 700/800 g. Si tratta di un petto intero d’oca insaccato ed affumicato. La tecnica di produzione consiste nel separare i due petti di un’oca, lasciandoli uniti solo dalla parte della pelle, per poterli poi arrotolare, creando così un unico pezzo. I petti vengono salati per cinque giorni a secco come vuole la tradizione, speziati e quindi parzialmente stagionati per 20 giorni a 14°C come avveniva nelle cantine dei nostri nonni. La prassi vuole che oggi si impieghino ambienti climaticamente controllati per garantire al massimo l’igiene dei prodotti. Vengono poi arrotolati ed insaccati. L’affumicatura, eseguita a freddo viene svolta secondo il metodo tradizionale, bruciando legno di faggio e di quercia, bacche di ginepro e foglie di alloro. Conservazione: 60 gg. a 0°+4°C, 24 mesi a –20°C.

L’oca affumicata (“Ocie fumade”) la troviamo anche in diverse ricette della contessa Silvia Rabatta Colloredo che riguardano un periodo che va dal 1735 al 1801. “Abbondante è il pollame che figura nei registri dove la contessa Rabatta annota i capi che si ammazzano per l’uso domestico: capponi, galline, anatre ed oche.’” da mangiare e bere friulano di Giuseppina Peressini Antonini, Franco angeli Editore, 1988, 8a edizione.

Tradizionalità

L’oca è un animale che sa d’antico. L’episodio delle oche del campidoglio, sacre a Giunone, salvatrici di Roma in grazia dell’allarme dato all’arrivo di galli, è ricordato in tutti i libri di scuola. Sui modi di allevarla, di nutrirla, sul suo habitat, sui metodi d’ingrasso, forniscono consigli anche Catone, Varrone, Celso, Palladio. Uno dei luoghi ideali per l’allevamento era l’agro acquileiese. Lo storico Strabone accenna ai guardiani-ingrassatori di oche acquileiesi, gli anserarii, richiesti per la loro bravura perfino a Roma dove scendevano accompagnando sterminati branchi.

La parte più ricercata dell’oca per i latini era il grosso fegato chiamato ficatum: aggettivo che attraverso trasformazione fonetiche prenderà il posto di jecor, fegato appunto. Le fortune dell’oca proseguiranno nell’economia rurale del medioevo fino ai giorni nostri.

“Nella Civica Biblioteca Joppi di Udine si conserva, in un manoscritto del XIV secolo, un disegno a inchiostro con la rappresentazione di una scena di vita quotidiana medioevale: un prelato Martino è colto nell’atto di offrire due oche al patriarca Raimondo della Torre…” da “L’oca” di Germano Pontoni, Bibliotheca Culinaria,1997

“Nella pianura friulana l’oca deve essere da molto tempo allevata ed è molto apprezzata per la sua piuma, il grasso, la carne è più gustosa se messa in conserva che mangiata fresca; tuttavia si prepara anche arrostita ed in umido’’ da “mangiare e bere friulano” di Giuseppina Peressini Antonini, Franco angeli Editore, 1988, 8a edizione

Le prime piccole produzioni della famiglia Pessot nascono nel 1974, presso la azienda agricola Hausbrandt in Chiopris Viscone. Testimoni oltre ai vecchi collaboratori, diversi clienti privati ed alcuni ristoranti della zona. Tra le testimonianze più vecchie ritrovate una foto di lavorazione con il sig. Luciano Curiel del 1976.

Negli anni la tecnica di produzione si è affinata ma l’artigianalità del tutto manuale del prodotto è rimasta immutata.

Territorio: Comuni di Chiopris Viscone, Aiello del Friuli e Palmanova.

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