Non tutte le specie di fauna selvatica seguono modelli ciclici di migrazione, ma quasi tutte usano vari meccanismi di dispersione per cercare cibo, scoprire nuovi territori, incrociarsi con altre popolazioni della stessa specie e, così facendo, allargare la propria area di ripartizione.
Tutto ciò rappresenta un aspetto fondamentale della strategia di sopravvivenza in quanto diminuisce la pressione sulle risorse limitate di un determinato habitat e consente alle specie di adeguarsi a diverse condizioni.
Questo, a sua volta, determina la resilienza delle specie nei confronti di eventuali cambiamenti ambientali quali il riscaldamento globale, che dopo la distruzione degli habitat sta rapidamente diventando una delle più gravi minacce alla biodiversità mondiale.
La farfalla Euphydryas aurinia: vola, vola e mai si stanca …
La farfalla Euphydryas aurinia è un ottimo esempio del motivo per cui non sempre è sufficiente proteggere pochi siti in un’area ristretta per garantire la conservazione a lungo termine di alcune specie. Questa farfalla vive prevalentemente in formazioni erbose dando vita a piccole colonie compatte all’interno di diversi habitat di dimensioni limitate (normalmente 5–20 ettari), e dipende totalmente dal fiore di cui si nutre: il morso del diavolo Succisa pratensis.
Gli adulti raramente si allontanano per più di 50–100 m dalla colonia, ma ogni tanto alcuni mutano comportamento e partono alla ricerca di nuovi territori. Nessuno ne conosce esattamente il motivo: forse è dovuto proprio al destino della pianta ospite, la cui popolazione periodicamente perisce, probabilmente a causa dell’abbondanza dei bruchi della farfalla che a poco a poco lo rosicchiano.
Di quando in quando le popolazioni locali quindi si estinguono per ricomparire spontaneamente in un campo poco lontano. Proteggere un solo prato colonizzato da una popolazione esistente non è quindi sufficiente: occorre salvaguardare altri siti in un’area più ampia dove la specie non è ancora presente per consentire questi stravaganti fenomeni di estinzione e colonizzazione a livello locale.
Il ragno vespa vagabondo
Con il riscaldamento del pianeta dovuto ai cambiamenti climatici, si prevede che molti habitat cambieranno area di distribuzione rimanendo in una zona con condizioni climatiche a loro favorevoli. Ciò, a sua volta, comporterà lo spostamento di molte specie, che seguiranno il loro habitat.
Il ragno vespa Argiope bruennichi può essere un primo indicatore dei cambiamenti climatici. Originaria del Mediterraneo, questa specie si è gradualmente spostata verso nord attraversando l’Europa. Nel 1980 aveva raggiunto i Paesi Bassi, e nel 2004 già si trovava a sud di Stoccolma, in Svezia.
Nessuno sa come riesca a spostarsi lungo così grandi distanze. È possibile che sia stata trasportata qua e là in Europa da venti e correnti d’aria senza mai riuscire a stabilirsi più a nord fino a quando il clima non ha iniziato a riscaldarsi negli ultimi 10–15 anni.
Il ragno è fortunato poiché riesce a stanziarsi in gran parte delle zone con sufficiente copertura erbosa. Molte altre specie, però, hanno esigenze di habitat più specifiche e complesse, e i siti più idonei talvolta si trovano a notevole distanza.
Il passaggio è particolarmente problematico dal momento che l’ambiente esterno alle aree protette diventa sempre più ostile. Strade, aree edificate, terreni agricoli gestiti con colture intensive e la silvicoltura rappresentano un grande ostacolo alla dispersione delle specie
FONTE @NATURA 2000 – Proteggere la biodiversità in Europa
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