Rating ESG, tra trasformazione digitale e sostenibilità: lo studio di Kantar

La digitalizzazione delle imprese è la chiave per migliorare i processi e promuovere l’efficienza e la competitività sfruttando la tecnologia digitale. Questa trasformazione si interseca con la Quarta Rivoluzione Industriale, ossia la collaborazione intelligente tra macchine, esseri umani e calcolatori.

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I benefici dei frutti tropicali per gli atleti

I frutti tropicali sono conosciuti per le loro proprietà nutrizionali uniche. Il mango, per esempio, è ricco di vitamina C, vitamina A e vitamina E, contribuendo così al rafforzamento del sistema immunitario e alla promozione del recupero muscolare. Inoltre, l’alto contenuto di potassio nel mango è essenziale per il mantenimento dell’equilibrio elettrolitico, un aspetto fondamentale per il funzionamento ottimale dei muscoli.

La papaya, con la sua ricchezza di enzimi digestivi come la papaina, favorisce la digestione e l’assorbimento dei nutrienti, un aspetto di rilievo per gli atleti che cercano di ottimizzare il beneficio dai loro pasti. La papaya, come raccontato nell’approfondimento dei fratelli Orsero sulla papaya, è anche una fonte significativa di vitamina C e A, che contribuiscono alla ripresa post-allenamento e alla salute generale.

L’ananas è noto per contenere la bromelina, un enzima che riduce l’infiammazione e accelera la guarigione dei tessuti. Questo può essere particolarmente vantaggioso per gli atleti che sperimentano dolori muscolari o articolari a seguito di sessioni di allenamento intense.

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1.4 L’Agrobiodiversità – ViVi Green

Il concetto di agrobiodiversità non è ancora entrato nel linguaggio comune, ma viene utilizzato soprattutto dagli addetti ai lavori. Secondo Büchs (2003)“l’agrobiodiversità è la ricchezza di varietà, razze, forme di vita e genotipi, nonché la presenza di diverse tipologie di habitat, di elementi strutturali (siepi, stagni, rocce, ecc.), di colture agrarie e modalità di gestione del paesaggio.”

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Filiera agroalimentare e sostenibilità: l’infografica Bennet mostra la via per la transizione green

Nel contesto di un’evoluzione sostenibile, la filiera agroalimentare italiana si sta impegnando per un futuro più verde. Secondo il report “Fixing The Business of Food: How to align the agri-food sector with the SDGs”, il settore agroalimentare italiano contribuisce ancora per circa il 7% alle emissioni totali di gas serra. È dunque arrivato il momento di agire e, infatti, il comparto si sta dimostrando determinato nel perseguire una svolta sostenibile, abbracciando iniziative mirate a contrastare gli sprechi domestici e adottando pratiche ecocompatibili.

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1.8 I frutti antichi e il paesaggio – ViVi Green

I frutti antichi sono argomento di una tematica ampia in cui dovrebbe trovare finalmente giusto e ampio spazio anche la ricerca storica. Si ha a che fare con la fine di un’epoca, che stranamente, una sola volta, è stata argomento di ricerca a carattere nazionale grazie alla straordinaria Storia del paesaggio agrario di Emilio Sereni (1961), l’unico lavoro che tenti una visione d’insieme di quello che ancora oggi costituisce l’identità nazionale: il paesaggio agrario italiano, i cui elementi strutturali erano proprio i nostri frutti antichi.

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1.7 I frutti antichi e i cambiamenti climatici – ViVi Green

L’abbandono delle antiche varietà porta inevitabilmente alla perdita di un patrimonio genetico che potrebbe rivelarsi importante per il recupero di caratteristiche fondamentali per l’agricoltura del futuro. Le antiche piante da frutto sono portatrici, con ogni probabilità, di fattori di resistenza che hanno permesso loro di sopravvivere per molti anni alle avversità climatiche e parassitarie. Per contro si tenga presente come la sanità e la produttività di molte varietà attuali sono possibili solo attraverso un’agricoltura caratterizzata da forti input chimici ed energetici.

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1.6 I frutti antichi, risorse per un’agricoltura sostenibile – ViVi Green

I frutti antichi possono giocare un ruolo decisivo per il rilancio di un’agricoltura sostenibile, di un’agricoltura di tipicità che si opponga alle tendenze globalizzanti: il recupero di terreni marginali e il rilascio di marchi DOP e IGP possono essere intesi come strategie per ritrovare qualità e tipicità in un’ottica di sostenibilità utile a contrastare gli impatti ambientali negativi, a preservare la capacità produttiva del terreno e a fare della tipicità la base strutturale dell’agricoltura italiana.

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1.5 La coltura promiscua, la base strutturale della diversità frutticola – ViVi Green

La coltura promiscua, base strutturale della diversità frutticola, sta a indicare la presenza di più specie nella stessa unità colturale, struttura tipica delle agricolture tradizionali. A partire dal periodo dell’anteguerra si può notare come la coltura promiscua ceda il posto in breve tempo alle cosiddette colture specializzate con progressione quasi matematica

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1.3 Le varietà tradizionali nella storia agronomica italiana – ViVi Green

In Italia, alla già rilevante biodiversità spontanea, si aggiunge quella ottenuta dalla selezione anche in sinergia con specifici adattamenti alla diversità ambientale. I contesti ove questi adattamenti sono stati possibili sono quelli delle agricolture tradizionali, in gran parte oggi sostituiti dalle coltivazioni industriali, concepite, invece, secondo modelli che prevedono l’adattamento dell’ambiente alla specie coltivata, con conseguente interruzione del legame tra specie e territorio.

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1.2 L’Italia crocevia di migrazioni frutticole – ViVi Green

In Italia c’è un numero elevatissimo di specie distribuite tra le regioni del Nord, del Centro, del Sud e delle isole (Sicilia e Sardegna), anche se quelle coltivate oggi costituiscono non più del 10% di una lunga lista. La forte vocazione agricola italiana ha alle spalle un lungo e lento percorso di selezioni e coltivazioni. A partire da 8 mila anni fa, a un nutrito gruppo di specie indigene si sono sommate numerose specie esotiche, e già nel IV millennio a.C. si documenta la coltivazione dei fruttiferi più emblematici del nostro Mediterraneo, quali olivo, vite e fico, mentre ciliegio, susino e melo, raccolti per lungo tempo allo stato spontaneo, avranno la loro massima diffusione solo quando si sarà affermato l’innesto (anno mille a.C.).

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