Sarzefine di Zagarolo PAT Lazio

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO

La scorzobianca (Tragopogon porrifolius L.), o “sarzefina” in gergo locale, è una pianta della famiglia delle Asteraccee, la cui coltivazione nelle terre zagarolesi, ha origini antichissime. Pianta erbacea a ciclo biennale con gemme poste al livello del terreno, alta circa 120 cm. Completamente edibile (sia la radici che le foglie sono commestibili), si caratterizza per una radice di colore variabile dal bianco al beige, a fittone piuttosto grande e carnosa che scende in profondità nel terreno per cercare nutrimento. Le foglie sono di colore verde che partono direttamente dalla radice e sono strette e lunghe.

È costituita per l’80% di acqua ed è ricca in proteine, zuccheri, sali minerali, vitamina A e B, carboidrati e fibre alimentari. Questo particolare ortaggio è stato anche oggetto di uno studio dell’Università degli Studi della Tuscia, nell’ambito del quale sono state messe a confronto l’accessione locale “Sarzefina di Zaragolo”, con le accessioni commerciali (Franchi, Ing e Hortus). In particolare sono state messe in evidenza i caratteri morfologico delle “cipsele” che corrispondono ai frutti secchi indeiscenti nei quali sono racchiusi e semi. Le cipsele dell’ecotipo locale sono di colore marrone chiaro, con protuberanze spongiformi molto fitte lungo l’asse maggiore con forma decisamente allungata e assottigliata verso il becco. Le sarzefine di Zagarolo vanno consumate entro 5/6 giorni. Si caratterizzano per un sapore dolciastro, soprattutto le foglie; la radice è croccante.

METODO DI PRODUZIONE

La coltivazione della Sarzefine di Zagarolo avviene con il seme autoriprodotto in azienda, su terreni di tipo sciolto, dissodato e arato ad una profondità di almeno 70-80 cm. La semina avviene rigorosamente a mano in pieno campo tra febbraio e marzo con un sesto d’impianto di 10-15 cm sulle file e 50-60 cm tra le file. La sarzefine si caratterizza per un ciclo vegetativo piuttosto lungo in quanto la raccolta avviene, a mano, a partire dal mese di novembre fino a dicembre–gennaio. Nel periodo natalizio si registra il maggior consumo. Le piante migliori e più belle vengono lasciate in campo, portate a fiore e destinate alla produzione del seme. Non sono effettuate concimazioni né letamazioni. Le piante infestanti vengono estirpate a mano nei mesi estivi e l’irrigazione viene fatta a scorrimento con modalità e tempi legati all’andamento climatico. In generale la Sarzefine di Zagarolo non richiedono molta acqua.

CENNI STORICI

Si tratta di un “ortaggio da radice” chiamato scorzobianca o in gergo zagarolese “sarzefine”. Molto più conosciute in passato, quando erano utilizzate come alimento invernale perché ricco in sali minerali e vitamine. Con il passare del tempo la coltivazione delle sarzefine è stata un po’ abbandonata, ma oggi, grazie a qualche temerario coltivatore locale, questo ortaggio non è andato del tutto estinto. A Zagarolo la “sarzefina” ha origini antichissime. Nessuno sa bene perché si sia diffusa proprio in questa zona, rimanendo sconosciuta se ci si sposta appena di un chilometro.

La pianta della sarzefina è stata descritta nel 1982 dal botanico italiano Alessandro Pignatti. Il Professore Michele Lacetera, insegnante di italiano presso la scuola media di Zagarolo nel corso dell’anno scolastico 1979-’80, studiando sul libro di Rafele Simone “Fare italiano”, che conteneva alcune illuminanti pagine sui
dialetti, pensò insieme ai suoi alunni di fare una micro-ricerca sul dialetto zagarolese. Da questa ricerca scaturì una pubblicazione intitolata “Zagarolo, un dialetto, una cultura un modo di essere” – Trevi Editore – 1982, in cui nel capitolo dedicato ai piatti tipici si descrive proprio una tipica ricetta sulle sarzefine; ricetta ripresa anche nel libro “La Forchetta de canna” – Ricette della cucina zagarolese”- anno 2007 dell’Associazione culturale Amici di Zagarolo, che di seguito proponiamo nel dialetto zagarolese. Sarzefine, zazzicchie (o spuntature), erbetta, pummidor, peperoncinu, sale e ojo. “De le sarzefine ‘eco magnate le radiche. Tocca raschialle co’ lu curtéllu, pe’ pulille, e tajalle a pézzetti lònghi 5-10 cm. Se méttono dentro a na’ tigama co’ ojo, erbetta, pimmidoru, sale e pepruncinu e zazzicchie (oppure spuntature). Lassa’ coce fçcu lentu fino a quanno le sarzefine so’ ben cotte. Nzemi se ci be’e lo ‘ino ròscio”.

Territorio di produzione

Zagarolo (ROMA)

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