Comune di MONTESCUDAIO
Pisa
Toscana

Montescudaio

Numerosi reperti archeologici testimoniano la presenza di un nucleo abitato a Montescudaio fin dall’epoca villanoviana, ma il primo documento scritto riferito al paese risale al 1092: è l’atto con il quale il Conte Gherardo Della Gherardesca donò al Monastero da lui fondato l’anno precedente e appartenente alle monache benedettine, la chiesa di San Andrea che era dentro al castello, oltre a una serie di benefici, riservando per sé il diritto di eleggere in perpetuo la Madre Superiora. 

Sempre legati al rapporto Gherardesca – Monastero sono tutta una serie di documenti che testimoniano lo stretto legame tra i conti che risiedevano a Pisa ed il Castello. Tra l’altro ebbe il titolo di Contessa di Montescudaio, Monna Bombaccia Della Gherardesca, poetessa del ‘200 ricordata anche da Giovanni Sercambi nelle sue “Novelle”. Il Castello in effetti fu per lungo tempo feudo dei Della Gherardesca del ramo di Settimo di Pisa (l’attuale San Frediano a Settimo) che anche per questo furono Vicari della Repubblica Pisana su gran parte della zona dell’alta Maremma.

Essi però condussero azioni assai spregiudicate contro Pisa, ribellandosi una prima volta all’epoca dell’invasione da parte di Luchino Visconti nel 1345. Successivamente, prevenendo la disfatta pisana, nel 1406 si sottomisero a Firenze: in cambio di questo gesto i Della Gherardesca furono eletti Vicari. I Della Gherardesca, tuttavia, tradirono in seguito anche Firenze. Nel 1447 appoggiarono infatti l’invasione del re di Napoli Alfonso d’Aragona. Alla fine della guerra con Napoli, nel 1479, Firenze si vendicò confiscando i beni del Conte Fabio e di fatto privando dei loro diritti sul Castello la nobile famiglia. Il paese fu costituito in comunità e ai Conti di Montescudaio restarono solo i beni allodiali. Durante l’invasione e il saccheggio di Montescudaio da parte del Conte Orsini di Pitigliano che comandava le truppe fiorentine, furono le stesse autorità del Comune che trattarono la resa evitando la distruzione del Castello dietro pagamento di una cospicua somma di denaro. Dal 1407, infatti, Montescudaio aveva avuto da Firenze la concessione di statuti propri. 

Da questo momento Montescudaio rimarrà sempre fedele a Firenze, non partecipando nemmeno all’ultimo tentativo di ribellione sul finire del secolo XVI. Sotto il Granducato mediceo Montescudaio conservò l’autonomia statutaria, anche se non senza qualche contrasto con Firenze, tant’è che gli statuti del 1538 (comuni a Guardistallo e Casale) furono approvati dal governo fiorentino solo il 20 Gennaio 1550. Con le rinfeudazioni medicee, il 10 maggio 1648 il Granduca Ferdinando II° concesse il castello di Montescudaio in feudo col titolo di Marchesato a Ferdinando di Niccolò Ridolfi con diritto di perpetua primogenitura o, in caso di mancata discendenza, con facoltà di nominare il proprio erede. Questo evento si verificò alla morte del Marchese Ferdinando che, senza figli, nominò a succedergli il fratello Pietro. Erede di Pietro fu il figlio Niccolò, che morì anche lui senza eredi il 30 novembre 1727. A questa data il Castello rientrò in possesso della Camera gGranducale. Fu l’ultimo dei Medici, Giangastone, a rinfeudarlo il 30 settembre 1735 a Cosimo Ignazio Ridolfi. Francesco II° di Lorena riconfermò l’investitura feudale nel 1738. Risale a questo periodo anche la soppressione dell’antico monastero benedettino; il suo ingente patrimonio passò alla Chiesa di San Andrea dentro il Castello, che assunse il titolo di Abbazia di Santa Maria con la giurisdizione su sei chiese dei comini vicini. Durante il periodo del marchesato si assiste ad una progressiva decadenza del comune, testimoniata anche dal dimezzamento della popolazione. 

Al censimento del 1551 Montescudaio contava 114 famiglie e 606 persone. Quando ci fu il ritorno ai Ridolfi le famiglie erano 87 e le persone 368. Ciò fu indubbiamente dovuto allo stato di abbandono che la Maremma settentrionale subì, ma l’evento non era ineluttabile. Contemporaneamente ai Ridolfi, infatti, e con un territorio che quasi circondava il marchesato, fu infeudato il Ginori, che promosse una vera e propria rinascita della zona. I Ridolfi esercitarono invece gli ampi poteri di cui erano investiti sopratutto in modo da accaparrarsi tutte le risorse del territorio, scontrandosi con i suoi abitanti. Ne sono una testimonianza gli Atti Criminali conservati nell’Archivio Comunale di Montescudaio, che riportano le continue liti tra la popolazione del castello e i marchesi. 

I Ridolfi, per quanto privati della stragrande maggioranza dei loro privilegi con la legge sui feudi del 1749, rimasero formalmente feudatari e residenti a Montescudaio almeno fino al 1778. Dal punto di vista amministrativo, Montescudaio insieme a Riparbella, Guardistallo, Casale e Bibbona faceva parte del Vicariato di Campiglia dove risiedeva il Capitano per le cause criminali, mentre a Bibbona si trovava l’ufficiale per le cause civili o miste. Questa organizzazione, che risaliva ad uno statuto della Repubblica fiorentina del 1415, rimase sostanzialmente immutato fino al 1772.

In quell’anno, con la legge del 30 settembre relativa alla riorganizzazione della giustizia e delle giurisdizioni, fu istituita la Podesteria di Guardistallo, cui passò la competenza per le cause civili. Fino alla legge del 3 marzo 1848 di Leopoldo II°, furono fatte parziali modifiche all’assetto sopra descritto. In particolare, nel 1833, Rosignano venne elevato a Vicariato e Montescudaio entrò a farne parte insieme ai comuni sopradetti, oltre a Castellina e Orciano. Nel 1838 la Podesteria fu spostata da Guardistallo a Bibbona. Intanto era iniziata anche a Montescudaio una lenta ripresa della popolazione. Nel periodo francese infatti, il dato è relativo al 1809, dai 404 abitanti del 1745 si era passati a 552.

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