Comune di CAPALBIO
Grosseto
Toscana

Capalbio

Il territorio del Comune di Capalbio, estremo lembo della Maremma Toscana, si estende dal mare alle colline che, oltre il capoluogo, si uniscono a quelle di Manciano, Orbetello e dell’Alto Lazio. Il litorale ( 13 km. di splendida spiaggia senza insediamenti), è dominato dal tombolo, la caratteristica vegetazione mediterranea profumata di ginepro, erica, mirto, pini e ginestre; risalendo attraverso la placida e ordinata campagna, tra file di viti ed olivi, si incontra il borgo medioevale di Capalbio, posto su una collina circondata dalla “macchia”, via via più fitta e misteriosa, patria di cinghiali e caprioli; nell’insieme un territorio dal sapore antico, che ha conservato un aspetto selvaggio e tranquillo al tempo stesso, in un ambiente naturale di straordinario valore.

Capalbio si raggiunge in auto ( S.S. Aurelia, 130 km. da Roma, 60 km. da Grosseto), in treno sulla linea Roma-Genova, con fermate locali a Capalbio Scalo e Orbetello per le corse più veloci; collegamento in autobus per Orbetello e Grosseto.

La storia di Capalbio: come si desume dalle sue vestigia, emerge dall’antichità per caratterizzarsi poi nel Medioevo – Dalla prima citazione nota, la Bolla Leonino Carolingia di Carlo Magno dell’805, attraverso l’Abbazia delle Tre Fontane, si giunge nel ‘200 al dominio degli Aldobrandeschi e poi degli Orsini – Nel 1416 Capalbio passa alla Repubblica di Siena, vivendo un periodo di floridità e rinnovamento – Nel 1532 fu occupata dalle truppe di Carlo V, per essere poi liberata con l’aiuto dei francesi – Caduta la Repubblica di Siena, il territorio fu assegnato a Cosimo dei Medici, conoscendo l’inizio di una lenta decadenza, acuita anche dall’espandersi della malaria – Il passaggio ai Lorena segnò la perdita dell’autonomia con l’aggregazione a Manciano e, nel 1842, ad Orbetello, per poi essere annessa al Regno d’Italia nel 1860

Questo di fine Ottocento rimane per certi versi uno dei periodi più originali, legato com’è all’epopea dei briganti, da cui echeggiano nomi ed episodi leggendari, uno su tutti quello di Domenico Tiburizi, mai domo, ucciso nel 1896 in circostanze misteriose ed altrettanto misteriosamente sepolto – Il periodo seguente fu caratterizzato dal latifondo e dalla lenta ripresa, per passare poi alla Riforma Agraria degli anni Cinquanta e al conseguente ripopolamento, fino al recupero dell’autonomia amministrativa nel 1960 – A distanza di quarant’anni molte cose sono mutate e molte, fortunatamente, non lo sono sostanzialmente – Da una economia prevalentemente agricola, che ha finito per scontare la generale congiuntura del settore, si è passati ad un indirizzo decisamente più turistico e terziario, potendo godere di un patrimonio naturale conservato nel tempo – Grande impulso, in questo settore, quello ricavato da una ormai consolidata fama nazionale derivata dalle varie frequentazioni eccellenti di politici, intellettuali, giornalisti e personalità dello spettacolo, che hanno eletto a “buen ritiro” il centro storico e la campagna capalbiese, in virtù della bellezza e della tranquilla riservatezza dei luoghi.

C’E’ DA VEDERE: Il centro storico di Capalbio, con la sua inalterata urbanistica medioevale, la Porta Senese, il Camminamento di Ronda, la Pieve di San Nicola con pregevoli affreschi di scuola umbra e senese del ‘400, l’Oratorio della Provvidenza con una Madonna con Bambino circondata dai Santi attribuita al Pinturicchio, la Torre Aldobrandesca dalla quale si gode di un panorama unico, il Castello, oggetto di un lungo e splendido lavoro di restauro, nel quale è custodito il Fortepiano Conrad Graf, uno strumento quasi unico sul quale componeva Giacomo Puccini – La Riserva Naturale del Lago di Burano, una delle più famose Oasi del WWF, posta tra il mare e la terraferma, dove è possibile ammirare rari esemplari di uccelli, fauna e flora palustre ( Tel.0564/898829)

Il Giardino dei Tarocchi, della grande artista Niki de Saint Phalle, un’opera unica nel suo genere, con migliaia di visitatori da tutto il mondo che vedono spuntare dalla vegetazione del colle di Garavicchio, insoliti, mistici e coloratissimi, i giganti ispirati alle figure simboliche degli arcani maggiori

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