Soppressata del Vallo di Diano PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Campania

Territorio interessato alla produzione: L’area di produzione ricade nel territorio della provincia di Salerno della regione Campania, e più specificatamente interessa i Comuni di seguito elencati: Atena Lucana, Buonoabitacolo, Caggiano, Casalbuono, Monte San Giacomo, Montesano sulla Marcellana Padula, Pertosa, Polla, Sala Consilina, San Pietro al Tanagro, San Rufo, Sant’Arsenio, Sanza, Sassano, Teggiano.

Descrizione del prodotto

All’atto dell’immissione al consumo la Soppressata del Vallo di Diano si presenta di forma riferibile a quella cilindrica, leggermente schiacciata in senso verticale. Ciascuna soppressata è legata in senso verticale ed eventualmente anche orizzontale, con la conseguente formazione tendenziale di 2 o 4 lobi.

La sua lunghezza varia da un minimo di 10 ad un massimo di 15 cm; la larghezza da un minimo di 5 ad un massimo di 9 cm; il peso varia da 200 a 500 grammi. Esterno: Colore rosso, tendente al bruno con la stagionatura; visibili i pezzi di lardo. Interno: roseo, rosso porpora tendente all’aranciato, uniforme e vivace. Leggermente più scuro ai bordi.

Il colore del lardo è bianco e la consistenza è compatta, priva di fessurazioni. Il prodotto stagionato ha sentori gradevoli caratteristici della stagionatura, di spezie, con note dolci con prevalenza di netta sapidità, buona aromaticità e discreta persistenza delle sensazioni gustative.

Descrizione delle metodiche di lavorazione

Parti del suino utilizzate: le parti estremamente magre provenienti dal dorso e dalla natica; il lardo utilizzato è quello del dorso.
Selezione della materia prima:  manuale.
Triturazione della carne: viene operata con il coltello, per almeno il 20%, o con il tritacarne, e in quest’ultimo caso con stampi con fori del diametro max di 6mm.
Triturazione del grasso: operata manualmente in modo da creare piccoli cubetti
Concia: comprende l’aggiunta, per ogni 100 Kg di carne fresca, di Kg 2,4 – 3 di sale da cucina (cloruro di sodio), di 1-2,5 grammi di pepe in grani.
Non vengono aggiunti additivi, aromatizzanti, coloranti, polveri di latte, anti ossidanti; e conservanti (fatta eccezione per PE252, nelle quantità strettamente necessarie), né starter e alcun tipo di zucchero.
Impasto: può essere effettuato manualmente o mediante impastatrice.
Insaccamento: può essere effettuato manualmente o con l’ausilio di una insaccatrice. Sono utilizzati solo budelli naturali di suini.
Legatura: il budello ripieno viene legato con spaghi di canapa e forato per facilitarne l’asciugatura.
Pressatura: la soppressata viene sottoposta a pressatura per almeno 24 ore, utilizzando presse meccaniche o pesi di misura adeguata a favorire il compattamento della carne e l’assunzione della caratteristica forma schiacciata.
Asciugatura e stagionatura: per i primi 15 giorni può avvenire in locali con temperatura di 10° -18° C e umidità del 70 – 80%. Per i successivi 25 – 45 giorni avviene in ambienti naturali e/o in locali tradizionali.

Osservazioni sulla tradizionalità

Il documento più antico che riguarda la produzione e la commercializzazione della soppressata e della salsiccia nel Vallo di Diano ed è riscontrabile precisamente in imo degli statuti medievali del comune di Teggiano, denominato Diano fino al 1862, che ricade nel Vallo di Diano. Il documento, che riguarda la vendita dei commestibili, attesta la produzione e la vendita di detti prodotti a Diano otto secoli fa.

Nel brano si afferma, fra l’altro, che: supersatae et farciminasivesalcitiae bene confectae, vendantur ad rationem pro quolibet rotolo, et adprovisionemCatapanorum, che si può tradurre così: soppressate e prodotti farciti, cioè salsicce ben confezionate, si vendano, in quantità di un rotolo (circa un chilogrammo) e al prezzo stabilito dai Catapani (delegati comunali addetti al controllo sulle vendite in piazza).

Il brano trecentesco citato costituisce un’inoppugnabile prova dell’origine antichissima della salsiccia e della soppressata del Vallo di Diano.

Pancotto dei foresi PAT

I “furisi” sono coloro che stanno fuori, gli allevatori transumanti che stanno all’aria aperta, a cui è abbinato il nome di questo piatto diffuso nell’area della transumanza, Alta Valle del calore in provincia di Avellino. Il pancotto fa, dunque, parte della cucina povera ma di sostanza; è il piatto unico consumato tradizionalmente dagli allevatori transumanti;…

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Fico lardaro PAT Campania

Frutto di grandi dimensioni (da cui il nome), schiacciati, buccia di colore verde con sfumature color porpora, polpa consistente, rossa, sapore dolce, mantiene la sua consistenza anche a maturazione; adatto a confetture e conserve.

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Cavolfiore gigante di Napoli PAT Campania

Il cavolfiore gigante di Napoli, come suggerisce il suo nome, è un ortaggio caratterizzato da un’infiorescenza di notevoli dimensioni, di colore bianco candido, che tende ad ingiallirsi se non viene raccolto al momento giusto e matura più del dovuto. La tipologia principale matura in autunno, ma ci sono varie specie che si raccolgono più tardi…

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