Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise

La storia

Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise

L’area del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è frequentata dall’uomo fin dal Paleolitico. Durante la stagione estiva erano numerosi i cacciatori che dalle zone più temperate dell’Abruzzo interno – come le sponde del lago del Fucino – si spostavano nelle aree montane, impraticabili in inverno, a caccia di stambecchi, camosci e marmotte ed alla ricerca di silice, utilizzando le grotte e i ripari naturali.

Con l’età del Ferro ha inizio un processo di occupazione sistematica del territorio che porta alla creazione di insediamenti fortificati, situati in posizione elevata a controllo di punti obbligati di passaggio lungo il fiume Sangro.

Uno di questi abitati dovette certamente occupare la zona dove oggi sorge Opi, mentre un secondo era situato sulle alture circostanti il lago di Barrea.

Già dalla tarda età del Ferro, in tutto il territorio, accanto agli insediamenti fortificati di altura, si ritrovano piccoli insediamenti, disposti prevalentemente lungo le vie di comunicazione.

I loro abitanti vivevano di pastorizia e coltivavano per il consumo locale. Nel corso del V secolo si vennero ad enucleare i vari popoli di ceppo sannitico – i Marsi, i Volsci e i Pentri che diedero vita a veri e propri piccoli stati etnico territoriali retti da oligarchie gentilizie.

I rinvenimenti di ceramica di questo periodo entro i confini del Parco testimoniano che la popolazione continuò a frequentare anche in periodo sannitico le alture, che costituivano punti di osservazione ottimali sul bacino del Sangro.

L’alta Valle di Sangro, costituiva per i Sanniti Pentri una terra di confine ed un punto di scambio sia con i Marsi, gravitanti sul Fucino, che con i Volsci stanziati nel Lazio Meridionale.

La struttura dell’area, chiusa tra alte montagne e segnata da gole profonde, sconsigliò ai romani un attacco per molti anni.

Tuttavia anche questi territori, con la definitiva sconfitta dei sanniti nel 290, entrarono nella sfera di governo di Roma. La zona compresa entro i limiti del Parco Nazionale d’Abruzzo venne inglobata nella prefettura romana di Atina.

Nel corso del III e del II secolo a.C. si assistette ad una trasformazione del sistema insediativo; le popolazioni dell’alta Val di Sangro, pur continuando a frequentare gli abitati di altura funzionali al controllo del territorio, occuparono massicciamente la zona pedemontana con aggregati anche di grosse dimensioni, posti lungo assi viari nei punti di incontro e commercio.

Solo con il I a.C. e la concessione della cittadinanza romana anche ai Sanniti-Pentri, ha termine il lungo periodo di romanizzazione iniziato oltre due secoli prima e si assiste ad un profondo mutamento nel quadro amministrativo, con la creazione del municipio di Aufidena (Castel di Sangro).

In età tardo antica e altomedievale continuarono ad essere occupati i più importanti centri di fondovalle (Val Fondillo, Pian del Molino) e, accanto a questi, iniziarono a sorgere insediamenti monastici, soprattutto ad opera di anacoreti cistercensi.

Inoltre, a causa del perpetuarsi di circostanze politiche incerte, si assistette ad una rioccupazione dei siti di altura già fortificati in epoca preromana: i “Castelli” che domineranno il paesaggio fino ad anni recenti, dando origine ai moderni paesi arroccati caratteristici della Val di Sangro (Opi, Civitella Alfedena, Barrea).

Secondo alcuni studiosi la posizione di questi borghi non aveva in realtà motivazioni difensive bensì pratiche: conveniva realizzare i centri abitati su speroni di roccia e lasciare libero il fondovalle per le coltivazioni.

Molti di questi nuclei insediativi hanno conservato i caratteri tipici della struttura medievale e meritano davvero l’esperienza di una visita (Opi e Scanno sono compresi nell’elenco dei Borghi più belli d’Italia).

Anche sul versante molisano la maggior parte degli abitati sorge su poggi e speroni di roccia o comunque in luoghi facilmente difendibili.

Nel corso degli ultimi due secoli tale consuetudine è stata sostituita dalla tendenza alla realizzazione di urbanizzazioni sparse, in singole dimore o piccoli nuclei rurali, in ragione sia dell’accresciuta sicurezza – che rende non più necessario l’arroccamento – che per la divisione delle grandi proprietà feudali.

Questa nuova modalità di insediamento caratterizza i paesi con ampie estensioni di superfici agricole, che hanno registrato una progressiva riduzione degli abitanti dei nuclei originari.

I BENI

LA GROTTA ACHILLE GRAZIANI (VILLETTA BARREA)

Nell’area del Parco le più importanti testimonianze relative alla presenza dell’uomo fino all’età del Bronzo sono state individuate in grotte e ripari sotto roccia che si aprono sulle pendici dei rilievi prospicienti il Sangro e altri corsi d’acqua. La cavità archeologica più nota e studiata è quella dedicata ad Achille Graziani, capitano garibaldino, che per primo la esplorò nel 1876.

Nella grotta, al di sotto di livelli superficiali contenti materiali romani e altri databili all’età del bronzo, è stata individuata una stratigrafia di particolare importanza da ricollegare al Paleolitico superiore.

IL CASTELLO PICCOLOMINI E LE TORRI (BALSORANO)

Castello Piccolomini di Balsorano

Il castello Piccolomini, posto su un’altura presso la riva sinistra del fiume Liri e lo sbocco meridionale della Valle Roveto, venne edificato nella seconda metà del XV secolo su una preesistente struttura difensiva.

La prima attestazione documentaria risale al 1089, quando Balsorano viene citato come castrum e poi ancora nel XII secolo come castellum.

L’imponente edificio, straordinario per vastità e tipologia, presenta una pianta all’incirca pentagonale, con torri circolari ai vertici di presumibile fattura angioina, ed un cortile a forma di “L”.

Il manufatto, impostato sul banco di roccia, è immerso in un parco rigoglioso, attraverso il quale, mediante un percorso pedonale, si giunge all’ingresso principale.

Interni del Palazzo Piccolomini di Balsarano

Gli spazi interni sono caratterizzati da un assetto scenografico rielaborato negli anni 30 del XX secolo.

In località le Starze, sulle rive del Liri, nella piana sottostante il castello di Balsorano, emergono da uno splendido pioppeto i resti di due torri: una quadrilatera sommersa dalla vegetazione, l’altra incorporata nella chiesa di S. Maria delle Grazie.

Il complesso è in stretto collegamento con il fortilizio di Balsorano, costituendone l’avamposto a valle. Un antico tracciato di epoca romana, ancora oggi percorribile, collega tra loro i due siti.

LA TORRE (GIOIA DEI MARSI)

Importante presidio di avvistamento e difesa del borgo sottostante, la torre circolare di Gioia dei Marsi è arroccata sullo sperone roccioso a controllo del valico della Forchetta di Sperone.

La torre presenta un impianto circolare all’esterno ed ottagonale all’interno, con un diametro esterno di circa 8 metri ed un’altezza di 16. In corrispondenza dell’ingresso sopraelevato sono visibili due mensole che suggeriscono l’uso di una scala lignea retrattile.

Recentemente la torre è stata consolidata perché soggetta a gravi fenomeni di erosione basamentale che ne compromettevano la stabilità. Sorge sul sito di un antico sito fortificato marso; il borgo attorno alla torre, distrutto da vari sismi, è attualmente in abbandono.

LA FORTIFICAZIONE (LECCE DEI MARSI)

Su uno sperone nel cuore della valle di Lecce Vecchio sono ancora visibili i resti di un circuito fortificato con torri all’interno, attestato dalle fonti già per la metà dell’XI secolo.

La fortificazione era posta a controllo del percorso che risale il Vallone di Lecce Vecchio e dei tratturi che collegavano l’area con l’alta val di Sangro e con il maggior tratturo Pescasseroli – Candela.

Le ultime ricerche condotte sulle strutture conservate hanno identificato i lati Ovest e Sud del recinto murario. La cinta che delimita lo sperone roccioso si imposta inoltre su una precedente struttura difensiva dei Marsi.

La presenza di questa fortificazione favorì nell’XI secolo lo stanziamento di popolazione stabile.

IL CASTELLO (PESCASSEROLI)

Ai piedi del “pesco”, uno sperone roccioso, si trova il “Castel Mancino”, strategica rocca che dominava la vallata: dell’impianto trapezoidale si possono ancora apprezzare le tracce delle torri perimetrali.

La fortificazione, con scopo prioritariamente difensivo, risalirebbe al X – XI secolo e venne distrutta nel 1141 da Riccardo di Capua. Appartenente alla tipologia del castello recinto, la rocca era costituita da una torre mastio a pianta quadrata e da un recinto munito di cinque torri a pianta circolare.

Vedi anche Cicloturismo nel Parco d’Abruzzo

Fonte @ Ministero dell’Ambiente

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