Area Marina Protetta delle Cinque terre

L’Area Marina Protetta delle Cinque Terre è stata istituita con il decreto del Ministero dell’Ambiente del 12 dicembre 1997 e comprende i Comuni di Riomaggiore, Vernazza, Monterosso e per una piccola porzione Levanto. L’istituzione delle Aree Marine Protette è prevista da due leggi nazionali: Disposizioni per la difesa del mare (n. 979 del 31 dicembre 1982) e Legge Quadro sulle Aree Protette (n. 394 del 6 dicembre 1991).

La finalità dell’Area Marina Protetta Cinque Terre, che comprende due zone A di riserva integrale due zone B di riserva generale a Punta Mesco e Capo Montenero e che vanta una ricchezza e varietà straordinaria di specie animali e vegetali, è quella di tutelare e valorizzare le caratteristiche naturali, chimiche, fisiche e della biodiversità marina e costiera, anche e sopratutto attraverso interventi di recupero ambientale, avvalendosi della collaborazione del mondo accademico e scientifico. Per queste ragioni sono costantemente realizzati programmi di studio, monitoraggio e ricerca scientifica nei settori delle scienze naturali e della tutela ambientale, con l’obiettivo di assicurare la conoscenza sistematica dell’area, ma anche per la promozione di uno sviluppo sostenibile dell’ambiente, con particolare riguardo alla valorizzazione delle attività tradizionali, delle culture locali, del turismo ecocompatibile e alla fruizione delle categorie socialmente sensibili.

In questi anni il Parco Nazionale e l’Area Marina Protetta delle Cinque Terre, che dal 1999 sono entrati a far parte del Santuario dei Cetacei, hanno attivato una serie di progetti con numerose aree protette italiane ed europee.

Il Santuario dei Cetacei

Le Cinque Terre e il Santuario dei Cetacei
Le acque dell’Area Marina Protetta delle Cinque Terre, e di tutto il Santuario dei Cetacei istituito nel 1999, costituiscono una zona molto importante dal punto di vista biologico, talmente ricca di elementi nutrienti da essere paragonabile alle acque atlantiche. Ciò in virtù di un favorevole sistema di correnti che garantisce il rimescolamento delle acque con la risalita delle sostanze nutritive depositate in profondità, e dell’azione dei venti invernali che favoriscono a loro volta la distribuzione sulla totalità della colonna d’acqua. E’ per queste caratteristiche che tutte le estati balenottere e migliaia di altri cetacei, fra cui delfini, zifi e capodogli, si danno appuntamento nel bacino Ligure – Provenzale,che comprende anche le Cinque Terre, per nutrirsi in vista dell’inverno.

Il Santuario dei Cetacei
Nasce nel 1999 grazie ad una collaborazione tra Francia (Costa Azzurra e Corsica), Principato di Monaco e Italia (Liguria, Toscana e nord della Sardegna). L’accordo è stato poi ratificato dall’Italia con la Legge n° 391 del 2001. Il Santuario è stato inserito nella lista delle aree a protezione speciale della Convenzione di Barcellona e, pertanto, è riconosciuto da tutti i paesi del Mediterraneo. Queste  acque nazionali e internazionali, che si estendono per 87.500 km², sono caratterizzate da condizioni ambientali peculiari che hanno consentito l’instaurarsi di una catena alimentare favorevole ai cetacei.

Nell’area del Santuario dei Cetacei si stima la presenza di un migliaio di balene, 30-40.000 fra stenelle, tursiopi e delfini comuni; e ancora grampi, capodogli, zifi e globicefali, oltre a occasionali balenottere minori che in queste acque trovano le condizioni necessarie sia all’approvigionamento del cibo, sia alla riproduzione. Vista la presenza così elevata di cetacei del Mar Ligure è quindi fondamentale salvaguardare il loro habitat; questo compito è svolto anche dalle aree protette terrestri e marine, come quella delle Cinque Terre, che si affacciano su questo tratto di mare che contribuiscono a regolare quelle attività, come traffico nautico, pesca e turismo, che possono arrecare danni o disturbo ai mammiferi marini.

Cetacei del Mediterraneo
Nel bacino del Mediterraneo, delle quasi ottanta specie di cetacei esistenti, ne sono presenti ventuno tra cui la grande balenottera comune (Balaenoptera physalus), il tursiope (Tursiops truncatus), la stenella striata (Stenella coeuruleoalba), il sempre più raro delfino comune (Delphinus delphis) oltre al capodoglio (Physeter macrocephalus).
Di queste ventuno specie, otto solamente sono regolarmente avvistate nei nostri mari; sono spesso abituali e abbastanza comuni, annoverano popolazioni avvistabili in tutte le stagioni ed è quindi assodato che siano residenti di questo mare, nel quale si alimentano e si riproducono.
Balene e delfini sono maggiormente presenti nelle zone occidentali e centrali del bacino e invece più rari nella zona orientale e nel Mar Nero. Il bacino chiuso del Mediterraneo rappresenta quindi un habitat favorevole per i cetacei: essi occupano i livelli più alti della piramide alimentare, ma sono particolarmente vulnerabili a svariate minacce derivanti per lo più dalle attività umane. Se infatti in mare i cetacei hanno pochi nemici naturali, sono numerosi i rischi provocati dalle attività umane.

Minacce e conservazione
Il futuro dei cetacei dipende in gran parte anche da noi. Infatti, numerose popolazioni e specie di questi mammiferi, sono a rischio di estinzione a causa delle sempre maggiori e più invasive attività umane. Quelle che corrono i maggiori pericoli sono soprattutto le popolazioni a limitata diffusione, legate a particolari ambienti come il Lipote e la Platanista dell’Indo o quelle che sono state ridotte a bassissimi livelli numerici in seguito ad una sconsiderata caccia industriale, come per esempio la Megattera nell’Atlantico Nordorientale.

I fattori di minaccia per i cetacei:
Le principali cause di rischio per i Cetacei sono rappresentate da:

  1. Pesca
  2. Traffico nautico
  3. Inquinamento

Questi fattori minacciano indistintamente tutte le specie di cetacei. Quindi, la vera sfida per il futuro è quella di invertire questa rotta ed ognuno di noi, come dicevamo, può avere un ruolo attivo: bisogna promuovere quel cambiamento radicale nell’atteggiamento umano nei confronti della gestione dei mari e delle risorse, che si è reso ormai necessario.

Degrado dell’habitat
La pressione di un turismo in aumento vertiginoso, l’urbanizzazione eccessiva, l’elevato traffico di idrocarburi, il global change, costituiscono un grave pericolo per la sopravvivenza di questo mare e lo rendono meno adatto ad ospitare specie sensibili come i cetacei. L’inquinamento dovuto agli scarichi urbani può innescare fenomeni di eutrofizzazione, così come gli eccessi di nutrienti (fosforo e azoto provenienti dall’agricoltura e dai detersivi) possono provocare esplosioni demografiche di alghe pericolose o tossiche.

L’inquinamento chimico
Legato allo sviluppo industriale, l’inquinamento chimico è sicuramente tra le principali minacce ai cetacei. La densità del catrame pelagico riscontrata nel Mediterraneo, con una media di 38 mg/metro cubo, è la più alta del mondo. Alcuni tipi di sostanze chimiche tossiche provenienti da attività umane, come il mercurio, i PCB, i DDT, tendono ad accumularsi e a concentrarsi all’interno della catena alimentare, diventando pericolosi per i consumatori finali, come gli uomini e i cetacei.

Catture accidentali (Bycatch)
Uomini e cetacei utilizzano il mare per procurarsi il cibo e possono entrare in competizione con effetti negativi sia per l’economia ittica che per gli animali; alcune specie come il tursiope, la stenella, il grampo, il capodoglio e il delfino comune, si avvicinano occasionalmente alle attrezzature da pesca, interagendo più spesso con alcune, sottraendo il pesce dalle reti, causando buchi e strappi e, in alcuni casi, possono rimanerne intrappolati. L’attrezzo più pericoloso da questo punto di vista è la rete pelagica derivante, la spadara, messa al bando dalla Commissione Europea dal 2002 e dal 2005 in tutto il Mediterraneo, ma ancora utilizzata illegalmente. Altre interazioni possono avvenire con le reti da posta fisse, più raramente con le reti a strascico, con quelle a circuizione, con le lenze e i palangari. Si stima che ogni anno muoiono nelle reti da pesca mondiali circa 300.000 esemplari di cetacei, ben 1.000 al giorno. Nonostante il divieto dell’UE, solo nel 2005 la Guardia Costiera Italiana ha sequestrato ben 800 km di reti spadare seguiti dai 600 Km del 2006. Nel mar mediterraneo gli scienziati hanno stimato un numero di uccisioni di 8.000 cetacei all’anno negli attrezzi da pesca.

L’inquinamento acustico
Prodotto dalle numerose imbarcazioni, oltre che dalle attività militari e costiere, interferisce con il biosonar dei Cetacei e con il loro sensibilissimo udito e può essere causa di stress oltre che di interferenza con le attività di ricerca del cibo e di riproduzione.

Collisioni con imbarcazioni
La maggiore problematicità si registra nel periodo estivo, quando oltre all’aumento dei traffici si registra un’alta concentrazione di cetacei che attratti dall’eccezionale abbondanza di plancton rischiano la collisione con le imbarcazioni presenti nel bacino. La mortalità da collisione dei cetacei nel Mediterraneo si attesta tra il 16% e il 19,9%, stima che sembra essere in continuo aumento.
Il bacino del Mediterraneo subisce inoltre uno stress fortissimo derivante dallo straordinario livello di concentrazione dei traffici marittimi ovvero il 30% dei traffici marittimi mondiali e il 25% degli idrocarburi del globo, percentuale peraltro destinata ad aumentare.

Percorsi diving area marina protetta delle Cinque Terre

Fonte e per approfondimento Area Marina Protetta delle Cinque Terre

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