Ambiente: legislazione normativa, competenze e procedure di valutazione

La normativa sull’ambiente ha come scopo quello della tutela ambientale, riconducibile alla necessità di preservare le bellezze paesaggistiche in un’ottica culturale, ma anche quello di difendere la qualità della vita attraverso una legislazione ambientale specifica che ha come denominatore unico delle proprie norme ambientali la lotta all’inquinamento e il buon governo del territorio. 

Il concetto di ambiente si identifica comunemente con una serie di fenomeni e contesti piuttosto eterogenei, sia naturali che frutto della continua trasformazione del territorio ad opera dell’uomo.

Tuttavia solo l’obiettivo di salvaguardare la qualità della vita rende possibile nella normativa sull’ambiente la corrispondenza biunivoca tra la tutela della salute umana e la tutela dell’ambiente (inteso come territorio, habitat e paesaggio) attraverso leggi e decreti che, dalla Costituzione fino alla normativa specifica in materia di tutela ambientale, hanno definito i principi dell’azione ambientale e dello sviluppo sostenibile e individuato delle procedure di valutazione ambientale per la realizzazione di piani, programmi e progetti:

  • VIA: Valutazione di Impatto Ambientale
  • VAS: Valutazione Ambientale Strategica
  • AIA: Autorizzazione Integrata Ambientale
  • AUA: Autorizzazione Unica Ambientale

Normativa sull’ambiente: i riferimenti legislativi

I riferimenti legislativi della normativa sull’ambiente sono presenti già nel testo della Costituzione della Repubblica Italiana.

Prima della riforma del Titolo V, la nostra Costituzione non aveva considerato l’ambiente quale oggetto di una specifica tutela ma, interpretando l’articolo 9 (relativo alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico), e gli articoli 2 e 32 della Costituzione (relativi alla salubrità dell’ambiente), la dottrina ha ricavato un principio di salvaguardia parziale e indiretta nella normativa sull’ambiente con la Legge costituzionale n. 3/2001, che ha riformato il Titolo V Parte II della Costituzione. 

La materia ambientale è diventata oggetto di una specifica disciplina nella legislazione ambientale italiana. In particolare nell’art. 117 (comma 2 lettera s), il legislatore ha fatto riferimento alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali come materia espressamente riservata alla legislazione esclusiva dello Stato, mentre restano alla legislazione concorrente delle Regioni (comma 3) di promulgare orme ambientali sulle materie della tutela della salute, del governo del territorio, della protezione civile, della protezione, trasporto e distribuzione dell’energia, della valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, secondo i principi fissati dalle leggi cornice dello Stato.

Per molti anni la produzione normativa italiana in materia di tutela dell’ambiente è rimasta bloccata, lasciando ai giudici la sola possibilità di risolvere gravi emergenze usando come riferimenti legislativi le norme del Codice civile e penale.

Solo a partire dagli anni ’80 leggi e decreti nella legislazione ambientale hanno un forte incremento (ricordiamo la L. 349/1986 che istituisce il Ministero dell’Ambiente), mentre negli anni ’90, a seguito di numerosi incidenti ecologici e dei forti condizionamenti comunitari,  vengono emanati decreti legislativi ad hoc per la tutela delle acque, la Legge-quadro  n. 447/1995 sull’inquinamento acustico, il D.Lgs 22/1997 (modificato dal D.P.R. 120/2003 recante specifica disciplina per la gestione dei rifiuti.

La necessità di assicurare una valida tutela ambientale e l’esigenza di un adeguamento urgente ai riferimenti legislativi della normativa europea ha portato all’emanazione della L. 15 Dicembre 2004 n. 308  che ha conferito al Governo la delega per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale, delega che ha trovato attuazione con il D. Lgs. 3 Aprile 2006 n. 152 noto anche come Codice Ambiente.

Il Codice dell’Ambiente racchiude in un unico corpus normativo le norme in materie ambientale suddivise i sette parti:

  1. Disposizioni comuni e norme di principio
  2. Procedure per la valutazione ambientale strategica, la valutazione di impatto ambientale e per l’autorizzazione integrata ambientale;
  3. Difesa del suolo, lotta alla desertificazione, tutela delle acque e gestione delle risorse idriche;
  4. Gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati;
  5. Tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera;
  6. Tutela risarcitoria contro i danni ambientali;
  7. Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia (Parte VI bis).

Come enunciato nell’articolo 2 del Codice,  tutti questi settori vengono disciplinati con la finalità unica della “promozione del livello della qualità della vita umana […] attraverso la salvaguardia e il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali”, nel rispetto  della legge delega, dell’ordinamento comunitario e delle competenze di Stato, Regioni ed Enti Locali.

Tuttavia, pur raccogliendo in un testo organico tutta la legislazione in materia di tutela ambientale, il Codice lascia fuori specifici settori a cui rinvia e che sono normati da altri provvedimenti, alcuni dei quali hanno recepito le direttive comunitarie:

  • Il D. Lgs. 26 Giugno 2015 n. 105 (di attuazione della direttiva 2012/18/UE) sul controllo del periodo di incidenti rilevanti connessi a sostanze pericolose;
  • il D. Lgs. 14 Marzo 2014 n. 49 (di attuazione della direttiva 2012/19/CE) sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE);
  • il D. Lgs. 13 Agosto 2010 n. 155 (di attuazione della diretiva 2008/50/UE) sulla valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente;
  • la L. 26 Ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico) e la L. 22 Febbraio 2001 n. 36 (legge quadro in materia di inquinamento elettromagnetico).

Ambiente: le competenze di stato, regioni e agenzie

Una tappa fondamentale nell’evoluzione della normativa sull’ambiente è la L. 8 Luglio 1986 n. 349 con cui è istituito il Ministero dell’ambiente. Tuttavia occorre attendere l’entrata in vigore del D. Lgs. 112/1998, recante il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli enti locali (in attuazione della delega prevista  dalla L. 15 Marzo 1997 n. 59, “Bassanini uno”) perché si definiscano a pieno le competenze dello Stato in materia ambientale, esercitate dal Ministero, e individuate con criterio residuale, le funzioni di Regioni ed enti locali.

Le competenze dello Stato in materia ambientale

La normativa sull’ambiente prevede che spettino allo Stato, e dunque al Ministero, i compiti elencati all’art. 69 del D. Lgs. 112/1998:

  • l’adempimento di impegni assunti in campo internazionale e comunitario;
  • la conservazione e la valorizzazione delle aree naturali protette;
  • la stesura della relazione generale sullo stato dell’ambiente e l’adozione della carta della natura;
  • il supporto tecnico;
  • la fissazione di limiti, standard, obiettivi di qualità e sicurezza sull’intero territorio nazionale;
  • la protezione, la sicurezza e l’osservazione della qualità dell’ambiente marino;
  • la redazione dell’elenco delle specie cacciabili e sue variazioni;
  • la protezione della fauna e della flora terrestre e marina;
  • gli interventi speciali a tutela dell’ambiente;
  • i compiti di vigilanza, sorveglianza, monitoraggio e controllo;
  • i compiti di indirizzo e coordinamento delle attività;
  • i compiti connessi all’esercizio dei poteri statali di cui all’art. 18 della L.349/1986 (abrogato ad eccezione del comma 5).

A seguito anche delle modifiche sulla normativa sull’ambiente seguite alla riforma del Titolo V della Costituzione apportate dalle Legge costituzionale n.3/2001, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (istituito con l’art. 35 del D. Lgs. 300/1999) sono attribuite “le funzioni e i compiti spettanti allo Stato relativi alla tutela dell’ambiente, del territorio e dell’ecosistema”, competenze ampliate e dettagliate dal successivo Codice dell’Ambiente. 

Oggi il Ministero, in seguito alla L. 17 Luglio 2006 n. 233 è stato ridenominato come Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e si articola negli Uffici di diretta collaborazione del Ministero e in 7 Direzioni generali, coordinate da un segretario generale. All’interno del Ministero operano degli organismi di supporto alle attività di tutela ambientale (D.P.R. 14 Maggio 2007 n. 90) e dal Ministero dipendono il Corpo delle Capitanerie di Porto-Reparto ambientale marino e il Comando dei Carabinieri per la tutela dell’ambiente.

Competenze delle Regioni in materia ambientale

Secondo quanto affermato dalla L. Cost. 3/2001, le competenze delle Regioni in materia ambientale è legata alla potestà legislativa concorrente relativamente alla valorizzazione dei beni ambientali e al governo del territorio. Le regioni possono:

  • partecipare alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi;
  • provvedere all’attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea;
  • conclude accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nelle forme e nei casi disciplinati da leggi dello Stato.

Con il D. Lgs. 112/1998 che attua il cosiddetto decentramento amministrativo, funzioni e compiti in materia di tutela ambientale vengono in parte riallocati in favore di Regioni ed Enti Locali. In particolare, accanto alle funzioni di carattere generale (artt. 69-70), le competenze delle regioni in materia ambientale vengono individuate le attraverso funzioni specifiche conferite a Regioni ed enti locali in materia di inquinamento dell’acqua (art.79-81), di inquinamento acustico, atmosferico ed elettromagnetico (artt. 82-84), di gestione dei rifiuti (art. 85) e di risorse idriche e di difesa del suolo (artt.86-92).

Altro ente previsto dalla normativa sull’ambiente, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, è l’ISPRAIstituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, istituito con decreto legge convertito nella L. 6 Agosto 2008, n. 133. L’ISPRA è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha sede a Roma e assorbe le funzioni che furono dell’APAT, dell’INFS e dell’ICRAM. I compiti istituzionali di tale ente riguardano le attività di consulenza strategica, ricerca, assistenza tecnico-scientifica, conoscitiva, di monitoraggio e valutazione, nonché di informazione e formazione in materia ambientale.

Competenze delle agenzie in materia ambiente

Infine la L. 21 Gennaio 1994, n. 61 ha previsto l’istituzione a cura delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano delle Agenzie Regionali e Provinciali ambientali (ARPA). Le competenze delle agenzie in materia ambientale è relativa allo svolgimento della attività tecnico-scientifiche per la protezione ambientale di interesse regionale e per ulteriori attività tecniche di prevenzione, vigilanza e controllo individuate da Regioni e Province.

ISPRA e ARPA fanno parte del Sistema nazionale a rete per la protezione ambientale (istituito dalla L. 28 Giugno 2016 n. 132) che attua i livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali.

Procedure di valutazione ambientale

L’intervento dell’uomo sull’ambiente con la realizzazione di grandi opere pubbliche e private porta con sé il problema del loro impatto sull’ambiente, da cui è derivata la necessità di sottoporre i progetti stessi a specifiche procedure di valutazione ambientale, tra le quali la valutazione dell’impatto ambientale (VIA) di cui si era già occupata la Comunità Europea con le direttive dir. 85/337/CEE e dir. 2011/92/CEE.

Con la dir. 2001/42/CE del Consiglio d’Europa è stata introdotta nel diritto comunitario la valutazione ambientale strategica (VAS).
VIA e VAS sono trattate nella parte II del Codice dell’Ambiente, insieme alle procedure di valutazione ambientale di rilascio dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) e dell’AUA (autorizzazione unica ambientale).

La valutazione di impatto ambientale (VIA) è finalizzata a proteggerla salute umana, a contribuire alla qualità della vita umana con un miglior ambiente, a provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione degli ecosistemi.
La legislazione ambientale prevede che oggetto della VIA siano tutti i progetti che possono avere impatti ambientali significativi, ad esclusione di quegli interventi aventi come unico obiettivo la difesa nazionale o da attuare in risposta a emergenze che riguardano la protezione civile.

L’Autorità competente per i progetti sottoposti a VIA in sede statale, è il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, mentre per quelli sottoposti a VIA in sede regionale, la normativa sull’ambiente prevede che l’autorità competente sia la pubblica amministrazione, secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome.

Si tratta di un processo che prevede più fasi:

la verifica di assoggettabilità a VIA (screening), un procedimento preliminare a cura del proponente che consiste nella trasmissione all’Autorità competente di uno studio preliminare ambientale per valutare i possibili impatti ambientali. Alla fine della verifica, l’autorità entro 60 giorni emana un provvedimento ( in caso di esito positivo), oppure (in caso di esito negativo) l’autorità specifica le condizioni necessarie per evitare o prevenire gli impatti ambientali significativi;

lo studio di impatto ambientale, una serie di elaborati da redigere a cura del proponente secondo le indicazioni di cui all’Allegato VII del Codice dell’Ambiente; lo studio può essere predisposto anche a seguito di una preventiva fase di consultazione (detta scoping) del proponente con l’Autorità per definire la portata delle informazioni e le metodologie da adottare e sulla quale l’Autorità esprimerà un parere (art. 21);

la presentazione dell’istanza e l’avvio del procedimento di VIA, inviata in formato elettronico con tutti gli elaborati progettuali, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica, che vengono pubblicati sul sito web dell’Autorità competente;

la consultazione, cioè la fase istruttoria prevista dalle norme ambientali e caratterizzata da ampie misure di pubblicità e partecipazione;

la valutazione degli impatti ambientali e il provvedimento di VIA, la fase conclusiva (art. 25) in seguito alla quale l’Autorità emana un provvedimento contenente “le motivazioni e le considerazioni su cui si fonda la decisione”. La normativa sull’ambiente afferma che tale provvedimento ha efficacia temporale non inferiore a 5 anni.

Il Codice dell’ambiente dà una definizione della valutazione ambientale strategica (VAS) all’art. 5 del testo ed è una procedura di valutazione ambientale la cui finalità è quella di “garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientale al’atto dell’elaborazione, dell’adozione e approvazione di detti piani e programmi, assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per lo sviluppo sostenibile (art.4)

Oggetto della VAS sono i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale. Come per la VIA, la legislazione ambientale afferma che anche per la VAS la competenza ricade sul Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare a livello statale e sulla Pubblica amministrazione in sede regionale.

Le fasi della procedura di VAS sono elencate e sviluppate negli articoli 11-18 del codice e comprendono:

  • la verifica di assoggettabilità dei piani e dei programmi;
  • l’elaborazione del rapporto ambientale, che spetta al proponente o all’Autorità procedente a seguito dello scoping. In esso vengono individuati, descritti e valutati gli impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale e le ragionevoli alternative da considerare in base alle norme ambientali;
  • le consultazioni con il pubblico a seguito di idonee forme di pubblicità (art. 14);
  • la valutazione del rapporto ambientale a cura dell’Autorità competente che, dopo le istruttorie, esprime un parere motivato (obbligatorio) entro il termine di 90 giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini di cui all’art. 14;
  • la decisione finale, pubblicata sul sito web delle autorità interessate con tutte le indicazioni per prendere visione di tutta la documentazione a base dell’istruttoria;
  • l’attività di monitoraggio, con la collaborazione tra le Autorità proponente e competente (art. 18).

L’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) è il provvedimento che “autorizza l’esercizio di un’installazione o parte di essa a determinate condizioni” finalizzate alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento e alla previsione di misure intese a evitare e/o ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo (comprese dunque anche quelle relative ai rifiuti).
L’oggetto delle AIA sono le installazioni per attività energetiche, per la produzione e trasformazione dei metalli, per le industrie chimiche, ecc. (come elencate all’allegato VIII del Codice dell’Ambiente).
Per l’AIA è competente in sede statale il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per i progetti relativi all’allegato XII del Codice, mentre per gli interventi di cui all’allegato VIII l’autorità competente in sede regionale è quella individuata dalle leggi regionali o dalle province autonome.
Il procedimento di rilascio dell’AIA è disciplinato dagli artt. 29bis-29undecies della Parte II del Codice dell’Ambiente e prende avvio con la presentazione di apposita domanda all’autorità competente che, entro 30 giorni, verifica la completezza dei documenti ed entro 150 giorni esprime le proprie determinazioni.

L’autorizzazione unica ambientale (AUA) è stata introdotta nella legislazione ambientale con la L. 4 Aprile 2012 n. 35 (decreto semplificazioni) per snellire le procedure e ridurre gli oneri a carico di piccole e medie imprese e per gli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di AIA.  L’AUA è regolamentato  dal D.P.R. 13 Marzo 2013 n.59 e va a sostituire tutti i titoli abilitativi necessari ai gestori di impianti per le seguenti attività:

  • autorizzazione agli scarichi;
  • comunicazione preventiva per l’utilizzazione agronomica di talune acque;
  • autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti;
  • comunicazione/nulla osta acustico;
  • autorizzazione all’uso dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura;
  • comunicazioni in materia di rifiuti.

Il provvedimento è rilasciato dall’Autorità competente attraverso il SUAP su richiesta del gestore degli impianti redatta su apposito modello. L’autorizzazione ha durata di 15 anni dal momento dell’avvenuto rilascio.

Tutte le procedure di valutazione ambientale fin qui descritte sono finalizzate ad evitare il danno ambientale causato dalle attività dell’uomo (art. 300 e seguenti del Codice dell’Ambiente).

Per conoscere a quale procedura sottoporre gli interventi previsti dalla normativa ambientale, nonché il regime amministrativo delle attività occorre consultare la Sez. III della Tab. A del D. Lgs. 222/2016 che elenca le attività sottoposte ad AIA, VIA, AUA.

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