Salmi 23

LA SACRA BIBBIA Versione Ufficiale CEI

Non mancar di fiducia nella tua preghiera e non trascurare di fare elemosina.

Il Libro dei Salmi (ebraico תהילים, traslitterato tehillìm o tehilim (plurale maschile ebraico); greco Ψαλμοί, psalmòi; latino Psalmi) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e nell’Antico Testamento della Bibbia cristiana. È scritto in ebraico e, secondo l’ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro avvenne in Giudea, forse alla fine del III secolo a.C., raccogliendo testi di varia origine, composti da autori ignoti lungo i secoli precedenti (il salmo considerato più antico è il 104 che riprende l’egiziano Inno al Sole del XIV secolo a.C.). È composto da 150 capitoli, ognuno dei quali rappresenta un autonomo salmo o inno di vario genere: lode, supplica, meditazione sapienziale. Il libro dei Salmi, che è compreso tra i libri sapienziali, è anche detto Lode o Salterio.

SALMI 23,1-2 : Salmo. Di Davide. Il Signore è il mio pastore non manco di nulla,su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce.

[1] Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;

[2] su pascoli erbosi mi fa riposare
ad acque tranquille mi conduce.

[3] Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.

[4] Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

[5] Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.

[6] Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.

Il Signore è il mio pastore

L’immagine del pastore e del gregge che il salmista evoca per parlare della sua esperienza spirituale è molto cara a tutta la letteratura biblica. Per comprenderla bene dobbiamo porci con la nostra immaginazione nel deserto arido e roccioso del Medio Oriente – il deserto di Giuda, ad esempio – un territorio che da un lato affascina per la sua bellezza e per il suo silenzio e che dall’altro spaventa per le sue distese infinite, la sua aridità, le insidie e i pericoli mortali a cui espone coloro che intendono attraversarlo di giorno e di notte.

Il pastore guida il suo gregge per le piste giuste del deserto, quelle più comode e più ampie, non pericolose, che permettono al gregge di rimanere unito. Senza di lui, il gregge si smarrirebbe e morirebbe. Egli sa bene dove andare e il suo gregge si lascia docilmente condurre. La vita delle pecore è completamente affidata alle mani del pastore che se ne prende cura e le pecore devono imparare ad affidarsi a lui, ascoltando la sua voce. Il pastore difende il suo gregge dai mille pericoli: gli attacchi degli animali feroci, i sentieri impervi e scoscesi, il cammino pericoloso se non drammatico nella notte. I compiti del pastore sono continuamente descritti e sottolineati in altri testi biblici, i quali descrivono non solo la capacità di guida che il pastore possiede, ma anche la sua delicata attenzione e tenerezza. A lui sta a cuore ogni singola pecora: egli dà forza a quelle deboli, cura quelle malate e ferite, riporta le disperse, ha cura della grassa e della forte e ha riguardo per le pecore madri e per i loro piccoli.

Egli è soprattutto il costante compagno di viaggio, per cui le ore del suo gregge sono le sue stesse ore, stessi i rischi, stessa la sete e la fame; il sole batte ugualmente implacabile su lui e sul gregge. Solo lui sa dare certezza e sicurezza perché i sentieri dispersivi o erronei sono con precisione scartati dal suo bastone. Il pastore è perciò il salvatore, la sua capacità di condurre ad uno spiazzo erboso decide il destino delle pecore.

Il pastore è perciò legato alle sue pecore da una profonda relazione affettiva: in lui si uniscono forza e tenerezza, fermezza e dolcezza.

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