Fichi di San Mango PAT Campania

I fichi secchi con il miele sono un’antica ricetta della penisola Sorrentina, in provincia di Napoli; si tratta di un gustoso dessert, realizzato con due eccellenti ingredienti di produzione locale: i fichi ed il miele. I fichi freschi, una volta puliti, si immergono in recipienti pieni di vino bianco, in modo tale che ne assorbano l’aroma; in seguito, vengono aperti dalla parte dell’apice fiorale e farciti con noci o mandorle. I fichi ancora aperti vengono uniti in coppie in modo tale che la parte superiore dei due frutti, lasciata aperta, combaci; così composti vengono cotti in forno per circa mezz’ora e, una volta raffreddati, si cospargono di miele e poi si conservano in barattoli di vetro insieme a semi di finocchietto, foglie di lauro, scorze di agrumi canditi e qualche goccia di essenza di anice. I fichi secchi con il miele si possono acquistare nei laboratori artigianali locali, ma per lo più vengono ancora preparati in casa e conservati in dispensa, pronti per essere consumati nelle occasioni speciali.

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Fichi secchi con il miele PAT Campania

I fichi secchi con il miele sono un’antica ricetta della penisola Sorrentina, in provincia di Napoli; si tratta di un gustoso dessert, realizzato con due eccellenti ingredienti di produzione locale: i fichi ed il miele. I fichi freschi, una volta puliti, si immergono in recipienti pieni di vino bianco, in modo tale che ne assorbano l’aroma; in seguito, vengono aperti dalla parte dell’apice fiorale e farciti con noci o mandorle. I fichi ancora aperti vengono uniti in coppie in modo tale che la parte superiore dei due frutti, lasciata aperta, combaci; così composti vengono cotti in forno per circa mezz’ora e, una volta raffreddati, si cospargono di miele e poi si conservano in barattoli di vetro insieme a semi di finocchietto, foglie di lauro, scorze di agrumi canditi e qualche goccia di essenza di anice. I fichi secchi con il miele si possono acquistare nei laboratori artigianali locali, ma per lo più vengono ancora preparati in casa e conservati in dispensa, pronti per essere consumati nelle occasioni speciali.

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Fava di Miliscola PAT Campania

Delle fave di Miliscola si distinguono due tipologie: quelle più grandi dette “vittulane” e quelle più piccole dette “quarantine”. Nonostante il prodotto sia celebre e molto apprezzato, si tratta di una coltura minore, effettuata nei vigneti e nei frutteti anche allo scopo di migliorare la fertilità dei terreni prima della coltivazione del pomodoro e degli altri ortaggi estivi. In realtà le fave sono un cibo molto caratteristico in tutta l’area del napoletano, consumate fresche sono tra i cibi rituali del periodo della Quaresima.

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Farro dicocco del Sannio – Pane e pasta di farro PAT Campania

La diffusione del Farro (dalla cui radice linguistica deriva la parola “farina”) è stata opera delle popolazioni italiche già in epoca neolitica (7200 a.C.) in Puglia e Basilicata, aree notoriamente interessate dalla colonizzazione greca. In seguito le precitate specie si diffusero anche nelle regioni settentrionali (6.500 a.C.) insieme ad orzo ed ai frumenti nudi. Orzo e farro rimasero per tutto il periodo di affermazione della lavorazione dei metalli (Età del Ferro e del Bronzo) i cereali più diffusi, in particolare nelle specie dello spelta e del farro grande. Dalle fonti storiche, secondo quanto riporta Plinio il Vecchio (Naturalis historia, libro XVIII, cap.7), al tempo del re Numa Pompilio venne formalizzato il rito religioso che precedeva le pratiche agricole dell’aratura e della mietitura.

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Fagiolo zolfariello PAT Campania

Ecotipo locale ad habitus indeterminato con seme di forma ovoidale-allungato, di piccole dimensioni, di colore paglierino chiaro, con una caratteristica nota zolfigna nel sapore; il baccello è di dimensioni medie, giallo crema a maturazione cerosa e giallo paglierino a maturazione piena, coltivato su file, tipicamente consociato a mais il cui stocco funge da tutore.

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Fagiolo zampognaro PAT Campania

Pianta erbacea annuale, deve probabilmente il suo nome al modo con cui si attorciglia attorno alle canne di sostegno, che ricorda il modo di disporre i lacci delle ciocie, antico calzare caratteristico degli zampognari. E’ infatti a portamento rampicante, volubile; si sviluppa a spirale su sostegni vivi o morti naturalmente, con lo sviluppo dell’apice. Foglie di medie dimensioni, ternato-composte, color verde scuro, se cresce in terreni fertili ed umidi, più chiare in terreni aridi e più poveri.

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Fagiolo tondino bianco del Vallo di Diano PAT Campania

La coltivazione è costantemente presente nell’area da almeno 150 anni; la tecnica colturale richiama la tecnica ancestrale praticata dai nostri trisavoli negli areali del Sannio. Le vecchie Masserie che caratterizzano gli areali interessati alla coltivazione sono una testimonianza della coltivazione di legumi destinata, a suo tempo, oltreché all’autoconsumo, a rifornire i mercatini locali. Grazie alla presenza di queste Masserie è possibile mappare non solo la tipologia delle coltivazioni, ma anche il livello organizzativo e produttivo praticato. In questi ultimi anni, si è attivata un’azione di recupero di semi antichi che vengono coltivati utilizzando le più moderne tecniche collegate a macchine che presentano una dotazione tecnologica ultramoderna. Ciò agevola notevolmente la coltivazione e l’attività imprenditoriale dei operatori interessati.

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Sentiero Italia CAI PIEMONTE 46° Rifugio Rivetti – Rifugio Sant’Antonio in Valvogna

Rifugio Rivetti – Rifugio Sant’Antonio in Valvogna L’ultima tappa in Provincia di Biella presenta una lunghezza intermedia, ma dislivello ridotto, prevalentemente in discesa. Dal rifugio Rivetti una salita breve porta al Colle della Mologna Grande a 2364 metri di quota prima di entrare in territorio valdostano attraversando sotto la Punta Tre Vescovi e passando per il Lago Sukie fino al Colle Lazoney da cui ci si inoltra nel vallone di Loo fino a raggiungere il terzo valico di giornata: il Passo del Maccagno. Da qui si rientra in territorio piemontese, Provincia di Vercelli, dove inizia una lunga discesa verso la Valsesia lungo il solco creato dal torrente Vogna fino alla Frazione Sant’Antonio ove sorge il rifugio.

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Sentiero Italia CAI PIEMONTE 45° Santuario di San Giovanni d’Adorno – Rifugio Rivetti

Santuario di San Giovanni d’Andorno – Rifugio Rivetti Una tappa di media lunghezza e discreto dislivello che si svolge interamente nel territorio della Valle Cervo. Dopo un primo tratto in leggera discesa lungo la strada carrozzabile si raggiunge l’abitato di Rosazza da cui parte il sentiero in salita che raggiunge la cappenna della Madonna della Neve con a fianco un rifugio escursionistico. Da qui si scende nuovamente nel fondovalle Cervo fino all’abitato di Piedicavallo dove si riprende a salire lungo il torrente Melogno attraverso una serie di borgate e poi alpeggi fino a riguadagnare i paesaggi di alta quota in cui è immerso il Rifugio Rivetti.

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