Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Veneto
Seppia bianca di Chioggia, Sepe de Ciosa, Seppioline di Chioggia.
La Seppia bianca di Chioggia, Sepia officinalis (Linneo), è un mollusco della classe Cefalopodi dalla caratteristica conformazione della testa, alquanto voluminosa, guarnita anteriormente da 10 braccia tentacolari poste attorno alla bocca; il corpo, a forma di sacco, è orlato da pinne laminari. All’interno del mantello è presente una conchiglia interamente calcificata, il famoso osso di seppia, detto “sepiòn”, che ha la funzione di dare sostegno e forma al mollusco.
L’approvvigionamento del prodotto di pesca locale viene effettuato dalle cooperative che svolgono una pesca stagionale con attrezzi da posta. I pescherecci utilizzati sono di dimensioni ridotte con salpa-reti laterale; gli attrezzi includono “cogolli” e simili (nasse, nassini, bertovelli). La lavorazione della seppia prevede, subito dopo il ricevimento, un primo lavaggio seguito dall’eviscerazione (asportazione dei visceri e dell’osso) manuale dei molluschi; tale lavaggio avviene in tini in acciaio riempiti in continuo con acqua salmastra depurata, dai quali le seppie vengono trasferite, mediante ceste in plastica forate per consentire la scolatura dell’acqua, sul tavolo per le lavorazioni successive.
I molluschi subiscono altri lavaggi della durata di circa 30-40 minuti, intervallati dalla spellatura sempre manuale, alla quale può far seguito il confezionamento e la distribuzione del prodotto fresco, il congelamento e la glassatura, oppure il suo ulteriore sezionamento e preparazione in “fettuccine” utilizzate con packaging diversi, principalmente come componenti, insieme ad altri molluschi e pesci di preparati “misto mare”.
Congelamento
Il congelamento si effettua in impianti frigoriferi nei quali il prodotto, in poche ore, raggiunge la temperatura di -25 °C. Con la glassatura finale si ricopre la seppia con uno o più strati di ghiaccio di protezione, per impedire che, cedendo parte della propria umidità all’aria fredda circostante, si disidrati. Va evidenziato che il trattamento esclusivo con acqua salmastra depurata, la cui salinità e composizione in microelementi coincide con quella propria dell’ambiente naturale in cui il mollusco vive, consente di ottenere un prodotto finito di particolare pregio.
La seppia bianca di Chioggia presenta carni sode, tenere e gustose, particolarmente ricche in proteine e povere in grassi, è facilmente digeribile e indicata nelle diete ipocaloriche; ha un caratteristico aroma salso percepibile sia nel mollusco intero fresco, sia in quello variamente lavorato, che si mantiene anche grazie al processo di produzione utilizzato. La preparazione della seppia richiede l’asporto dell’osso interno, spingendo la sacca con i pollici; vanno poi asportati gli occhi, il becco e le due sacche, la gialla (se femmina) e la nera.
Proprio perché dotata di una sacca, la seppia è particolarmente adatta ad essere cucinata ripiena: sono molte le ricette che vedono la seppia ripiena di cibi piuttosto semplici, come pangrattato, pomodori, formaggio grattato, prezzemolo, ma può anche essere preparata in umido, al forno o fritta.
Tradizionalità
Vari documenti attestano la rinomanza della Seppia di Chioggia, fin dal tempo di Plinio il Vecchio (I secolo d.C.), periodo nel quale già venivano utilizzati attrezzi come la “nassa”, il “trimaglio” e il “cogollo”, usati ancora oggi. Testimonianze risalenti agli anni ‘30 del secolo scorso, riportano che della seppia non si buttava niente poiché i sacchetti che contengono il nero, si vendevano a Trieste per la produzione dell’inchiostro e l’osso, dopo la sua essiccazione, veniva venduto agli orafi e usato come calco per la fabbricazione di gioielli.
Territorio interessato alla produzione Comune di Chioggia.
Latterini marinati del delta del Po PAT Veneto
Gambero di fiume della Venezia Orientale PAT
Il gambero d’acqua dolce rappresenta senz’altro uno dei componenti di quella cultura popolare oggi in via di progressivo dissolvimento. Il gambero di fiume è noto da tempo immemorabile, tanto da divenire oggetto di una ricca iconografi a che trova conferma nella letteratura e nel folklore nazionale dalla seconda metà dell’Ottocento.