Fonte @Raggruppamento Carabinieri Biodiversità
La Riserva è localizzata sull’Appennino settentrionale, nell’alto bacino del torrente Limentra, nel Comune di Sambuca Pistoiese. Il territorio è montano e scarsamente antropizzato, coperto quasi ininterrottamente da boschi. Particolarmente rappresentati i rimboschimenti artificiali di conifere, tra i quali spiccano quelli di douglasia, anche e soprattutto per la loro maestosità (con piante di altezza media di 35/40 m). Sono presenti esemplari secolari di latifoglie intorno al fabbricato sede del ex caserma forestale. Numerose sono le specie arboree minori come l’acero montano, il ciliegio, il sorbo degli uccellatori, il frassino maggiore, il salicone.
A quote più basse troviamo cedui misti di cerro, nocciolo, orniello, acero e frassino. La copertura forestale è interrotta piacevolmente da estesi prati di alto valore ecologico. Tutta la zona interessata dalla Riserva e le aree limitrofe erano popolate già nel primo Medioevo: ne sono testimoni antichi insediamenti e numerosi ruderi e nuclei di case tuttora esistenti oltre a segnalazioni relative a diversi poderi coltivati. Risale al 1932 la composizione del primo nucleo della foresta, allorché l’Azienda di Stato delle Foreste acquistò dalla famiglia D’Ancona una vasta proprietà composta da vari comprensori (per un totale di 915 ettari).
Famiglia Pazzi
Questi terreni appartenevano in precedenza alla aristocratica famiglia fiorentina Pazzi e costituivano parte di una vastissima tenuta che agli inizi del ‘900 fu divisa fra diversi proprietari ed in seguito fu oggetto di intense utilizzazioni. Nel 1924 il dott. Giuseppe D’Ancona acquistò molti di questi terreni riunendo così diversi fondi nei due comprensori di Montelungo e Acquerino. A questo primo nucleo di Foresta Demaniale si sono aggiunti col tempo vari altri terreni, in genere di modesta estensione, se si eccettua un comprensorio di 400 ettari circa, acquistato nel 1949, già appartenente alla Fattoria di Luogomano dei Conti Guicciardini. Le condizioni di questi terreni al momento della vendita all’Azienda erano buone per quanto riguardava la fertilità dei seminativi e dei pascoli mentre i boschi, nonostante fossero già iniziati i lavori di miglioramento, apparivano notevolmente degradati. Proprio la necessità di limitare il dissesto idrogeologico fu la principale ragione sia dell’acquisto del nucleo originario della foresta sia degli interventi di ricostituzione boschiva che prevedevano, fra l’altro, il divieto di pascolo nell’intera zona per limitare fenomeni di erosione dei versanti.
Il pascolo
Il pascolo, prevalentemente di ovini e caprini, veniva esercitato anche all’interno delle aree boscate e nei castagneti da frutto, oltre che nei pascoli spesso derivanti da trasformazioni eseguite sulle pendici più ripide e meridionali. Le zone più distanti dagli abitati, meno accessibili sia all’azione antropica che al pascolo, hanno mantenuto nel tempo la loro vocazione boschiva e sono state meno soggette a trasformazioni. Al bosco ceduo di faggio veniva applicata una forma di trattamento caratteristica locale: il taglio a sterzo, che permetteva la produzione di assortimenti di piccole dimensioni, adatti soprattutto alla preparazione del carbone cannello, ad intervalli piuttosto brevi.
Molte opere di miglioramento furono compiute dall’Ispettorato ripartimentale forestale di Pistoia fra il 1932 ed il 1942 e furono poi riprese intensamente nel dopoguerra prima dall’Ispettorato e poi dall’Amministrazione delle Foreste Demaniali Statali Pistoiesi, a cui nel frattempo la Foresta era stata affidata.
Nel decennio 1950-1960 si è registrato un ulteriore spopolamento di questi territori montani, che è proseguito nel tempo con un ritmo continuo fino a lasciare nelle piccole frazioni una popolazione costituita essenzialmente da pochi anziani; fu allora che l’Amministrazione forestale sviluppò una campagna di acquisti a macchia d’olio dando luogo ad una importante azione di ricomposizione fondiaria culminata nel 1975, anno in cui la foresta di Acquerino raggiunse la superficie massima di 4.790 ha.
Nel 1975 e anni seguenti, a seguito della legge sul decentramento regionale, quasi tutta la superficie della foresta è stata trasferita dallo Stato alla Regione Toscana, per una superficie complessiva di 4.547 ha. Allo Stato, in base all’art. 83 del D.P.R. 616/77, è rimasta una superficie di 242,54 ha in Comune di Sambuca Pistoiese, che con D.M. in data 13/07/1977 è stata classificata Riserva Naturale Biogenetica per la produzione di seme di Pseudotsuga menziesii, che in questa zona era stata impiantata fin dal 1928 con ottimi risultati.
All’interno della Riserva è presente il sito archeologico medioevale di “Glozzano”, complesso monastico di età medioevale di cui sono stati riportati alla luce le mura perimetrali e l’abside della chiesa.
Habitat (Direttiva Habitat 92/43/CEE)
- 4030: Lande secche europee
- 6430: Bordure planiziali, montane e alpine di megaforbie idrofile
- 9110: Faggeti del Luzulo-Fagetum
- 9180: Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion
- 91E0: Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae)
Flora
La superficie, pressoché interamente forestale, è costituita da boschi di faggio (Fagus sylvatica), in parte cedui invecchiati ed in parte convertiti all’alto fusto, e boschi di conifere varie d’impianto artificiale, in particolare di douglasia (Pseudotsuga menziesii). Sono presenti ecosistemi fluviali e versanti circostanti con vegetazione ripariale ben conservata con elevati livelli di naturalità. Numerose sono le specie erbacee protette come l’aquilegia comune (Aquilegia vulgaris) e la centaurea intermedia (Centaurea arrigonii).
Fauna
La presenza di maggiore rilievo è senz’altro quella del cervo (Cervus elaphus), che fu reintrodotto negli anni ’50 con pochi esemplari provenienti dalla Foresta demaniale di Tarvisio: oggi rappresenta una delle popolazioni più importanti dell’Appennino settentrionale. Presenti inoltre il lupo (Canis lupus), il daino (Dama dama, non autoctono), il cinghiale (Sus scrofa), il capriolo (Capreolus capreolus), la volpe (Vulpes vulpes), la donnola (Mustela nivalis), la martora (Martes martes), la faina (Martes foina) e il tasso (Meles meles). Recenti studi hanno individuato 9 specie di chirotteri, alcuni assai rari e vulnerabili come il vespertilio mustacchino (Myotis mystacinus) e la nottola comune (Nyctalus noctula), tutte protette dalla Direttiva UE Habitat, così come il lupo.
Fra gli uccelli è significativa la presenza di diversi rapaci: l’aquila reale (Aquila chrysaetos), il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), la poiana (Buteo buteo) e il gheppio (Falco tinnunculus). Inoltre, frequentano l’area la tottavilla (Lullula arborea), il regolo (Regulus regulus), il fiorrancino (Regulus ignicapilla), il codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros), il picchio muratore (Sitta europaea), il picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), il rampichino comune (Certhia brachydactyla), il ciuffolotto (Pyrrhula pyrrhula), il frosone (Coccothraustes coccothraustes) e, fra gli uccelli più legati all’acqua, il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus).
Tra le specie di anfibi protette dalla Direttiva UE Habitat si ricordano la salamandrina dagli occhiali settentrionale (Salamandrina perspicillata), l’ululone appenninico (Bombina pachypus), la salamandra pezzata (Salamandra salamandra), la rana agile (Rana dalmatina) e la rana appenninica (Rana italica).
Nei torrenti della zona vivono lo scazzone (Cottus gobio), il barbo (Barbus plebejus) e il vairone (Telestes muticellus) oltre al gambero di fiume (Austropotamobius pallipes). pesci tra i quali lo scazzone o brocciolo (Cottus gobio).
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Per ulteriori informazioni riguardo le norme di fruizione della riserva, il centro visita e le attività in corso visita
rgpbio.it Riserva naturale biogenetica Acquerino. Toscana
Vedi Classificazione Aree Naturali Protette
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