Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Sardegna
Pane d’orzo – Pane casereccio di farina d’orzo Pane ‘e oxiu, Pane ‘e oxru
Ingredienti:
- farina d’orzo
- semola di grano duro
- sale
- lievito naturale (su framentu)
- acqua
Preparazione:
Rinnovo del lievito: nel sistema tradizionale occorre rinnovare il lievito naturale circa sei ore prima dell’impasto. Il lievito viene conservato in una ciotola di terracotta smaltata, dove solitamente si forma una piccola crosta nella parte superiore. AI momento del suo impiego, si mette a sciogliere in un po’ d’acqua ed il liquido lievitante prodotto si usa per fare un piccolo impasto con della farina (circa un kg), poi lasciato a lievitare almeno sei ore. Questo panetto così formato ha una duplice funzione: una parte la si conserva per rinnovare il lievito naturale (estraendo un nuovo pugno di pasta), l’altra costituisce l’impasto di base al quale si aggiunge l’intera quantità di farina e semola, prevista per i chili di pane da produrre.
L’impasto
All’impasto di base contenente il lievito, si aggiunge la miscela di farina d’orzo (60%) e di semola di grano duro (40%) e si lavora il tutto all’interno di una conca di terracotta smaltata all’interno (scivedda). Il tutto si amalgama versando gradualmente dell’acqua tiepida e lavorando a mano l’impasto per circa due ore sempre dentro la conca di terracotta. La lavorazione richiede una particolare abilità nel far legare l’impasto in quanto la farina d’orzo non si amalgama bene come succede invece per quella di grano duro.
1ª lievitazione
L’impasto ottenuto si lascia lievitare per circa un’ora e mezza o due all’interno della conca di terracotta che sarà opportunamente avvolta da coperte di lana per tenere il pastone in caldo e favorirne la lievitazione. Preparazione dei pani: Sopra un tavolo di legno, accuratamente pulito, si spolvera della farina e molto abilmente si preleva dalla conca un certo quantitativo di pasta alla volta (circa 600-700gr.) corrispondente al peso del singolo pane voluto. Ogni pane viene infarinato sul tavolo e disposto all’interno di un grande cesto di vimini (su canisteddu), sul quale è stato adagiato una tovaglia di lino sistemata morbidamente per poterla sollevare tra un pane e l’altro, in modo da tenere separati i singoli pani ed evitare che si attacchino l’uno con l’altro.
2ª lievitazione
Si ricopre il cesto con un telo di cotone o lino bianco e sopra si adagiano le stesse coperte di lana per tenere in caldo i pani e favorirne un’ulteriore lievitazione che dura circa un’ora. La cottura: in attesa della lievitazione finale si continua a curare il forno a legna in modo che sia pronto per la fine della lievitazione. Arrivato questo momento, si ritira la brace in avanti e si spolvera il fondo con una scopa di lentischio o di cisto (che conferisce anche un certo aroma). Si passa quindi all’infornata dei pani tramite una pala di legno: si tratta di un’operazione che richiede anch’essa una certa abilità e velocità perché l’impasto del pane non è molto consistente, solido e fermo e potrebbe perciò debordare. Una volta sistemati tutti i pani dentro al forno, lo si chiude con lo sportello, e si attende un’ora circa per la cottura.
La conservazione: a cottura ultimata, si sforna il pane e lo si conserva in un cesto grande ricoperto sempre da coperte di lana per mantenerlo morbido e proteggerlo dal troppo caldo d’estate o dal troppo freddo d’inverno. Con questo sistema di conservazione, il pane si mantiene fresco per almeno una settimana.
Tradizionalità
Il pane d’orzo rappresentava il pane dei contadini più poveri. Periodo di preparazione: nel periodo metà maggio – metà luglio, quando le scorte di grano duro sono esaurite e ancora non si è raccolto quello nuovo, si era soliti preparare il pane di farina d’orzo poiché il raccolto dell’orzo precedeva quello del grano di circa due mesi. Nelle famiglie più povere l’utilizzo si estendeva ben oltre questo periodo perché non ci si poteva permettere la farina di grano duro. Secondo il racconto delle persone anziane di Gerrei, questa produzione era diffusa in tutto il territorio (altre testimonianze lo situano anche a Burchi) fin dal 1800 ed è rimasta in uso sino agli anni ’50. A partire dagli anni ’60, in concomitanza col diffondersi di un relativo benessere, la produzione di pane d’orzo è scomparsa anche perché troppo legata ai ricordi dei periodi di miseria.
Territorio di produzione: Tutto il territorio della Regione Sardegna
Melo Miali PAT Sardegna
Olio di Lentischio PAT Sardegna
Gli scritti e le memorie storiche comprovano che questa pratica di estrazione dell’olio dal lentischio, risale agli anni venti quando, subito dopo la prima guerra mondiale, tanto era il bisogno di approvvigionamento di oli alimentari.
Capretto sardo da latte PAT Sardegna
Il Capretto sardo deve rispondere alle seguenti caratteristiche organolettiche; la carne deve avere colore chiaro o rosato, dal sapore delicato e selvatico dovuto all’alimentazione fatta esclusivamente di latte materno, prodotto da capre che vivono allo stato brado nei pascoli mediterranei e che si alimentano di pascoli e di macchia mediterranea.