Granturco dall’asciutto PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale della LIGURIA

Il granturco ha una pannocchia non molto grossa, le cariossidi sono piccole, poco infossate nel torsolo e di colore arancio carico/rossiccio. La farina che si ottiene (specialmente se macinato ad acqua) è sottile e setosa. Usato per la polenta o gli altri usi alimentari risulta cremoso e di un sapore particolarmente delicato.

Zona di produzione: Pignone in località Monti, Casale di Pignone in località Ferriere e Pastine

Lavorazione: A marzo – aprile vengono seminate le cariossidi in solchi già pronti. Quando le piantine sono alte da 10 a 15 cm vengono diradate, lasciando le piante più robuste a una distanza di circa 30 cm ognuna. Hanno bisogno di scarsi interventi irrigui nel corso della stagione estiva, perché è una varietà che ben sopporta l’asciutto. Nel periodo estivo, quando la pianta e le pannocchie hanno raggiunto il loro massimo sviluppo, le piante vengono “spogliate” cioè vengono tolte le foglie verdi per permettere al frutto di maturare meglio; foglie vengono usate come foraggio. Nel mese di settembre vengono raccolte le pannocchie a cui si tolgono definitivamente le foglie e fatte essiccare al sole. Alcuni contadini a questo punto sgranano le pannocchie, puliscono i semi con il vallo (un vaglio) e li conservano in sacchi puliti e in luoghi asciutti; altri legano le foglie della pannocchia per formare delle trecce e le tengono appese in luoghi coperti e arieggiati fino al momento di consumarle.

I materiali sono quelli comuni alle altre semine agricole, il granturco viene sgranato a mano perché i mezzi in uso in paese (rudimentali sgranatori) lo possono frantumare e anche perché la produzione è limitata.

Curiosità: Il prodotto ha un profondo legame storico, sociale e culturale con il territorio, poiché fino a metà del secolo scorso era l’unica fonte di nutrimento per gran parte delle famiglie della zona. L’alimentazione si basava sulle fugase, cioè specie di testaroli a base di farina di mais, cotti su testi di argilla arroventati nel camino. Venivano consumati con formaggio di pecora (le pecore erano diffusissime all’epoca, ogni famiglia aveva un piccolo gregge) o salumi e insaccati vari (anche il maiale era molto diffuso, ogni famiglia ne allevava uno o due). L’uso di fare le focacce portava le donne a fabbricarsi da sole i testi utilizzando argilla locale che veniva raccolta sul Castellaro e in un’altra località lungo il torrente Pignone. L’uso delle focaccette di granturco è andato man mano calando con l’avvento del benessere economico, ma è ancora in uso in alcune famiglie.

SÖLA (TUMA, SOLA DELLE ALPI MARITTIME) PAT

Formaggio a pasta molle e forma parallelepipeda di varie dimensioni a base irregolare, con scalzo diritto o convesso irregolare, alto circa 3 cm. Il peso varia sensibilmente da forma a forma. Maturazione , stagionatura di almeno 3 mesi. Anche oggi la lavorazione è manuale, come da tradizione

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Pasta sciancà PAT

Streppa e caccialà (Mendatica) e sciancui (Sanremo), sono nomi che vengono dati a una pasta simile alla lasagna, strappata a mano, dall’aspetto impreciso e dal caratteristico sapore casereccio di pasta fatta in casa.

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Salsiccia di Pignone PAT

Quella della lavorazione della salsiccia è una tradizione antica di Pignone, ancora testimoniata da molti in paese: fino a qualche decennio fa, tutte le famiglie allevavano uno o più maiali e la lavorazione della carne era eseguita con l’ausilio di persone esperte. La produzione dell’insaccato ha acquisito un aspetto commerciale, già 35 anni fa, con…

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