Fiordilatte PAT del Lazio

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO

Si tratta di un formaggio fresco, ottenuto dal latte vaccino, a pasta filata, a fermentazione lattica, sprovvisto di crosta. Presenta la caratteristica forma tondeggiante o oblunga con testina, oppure a nodino o a treccia. Il colore è bianco-latte, la struttura della pasta interna è fibrosa a fogli sottili, con consistenza morbida e leggera elasticità, più accentuata all’origine. Al taglio rilascia liquido lattiginoso e presenta piccole occhiature ripiene di latticello. Ottimo anche per essere usato nella preparazione di lasagne o pizze, il Fiordilatte ha sapore caratteristico fresco di latte, delicatamente acidulo e odore fragrante.

METODO DI PRODUZIONE

La trasformazione del Fiordilatte avviene con il latte vaccino intero, proveniente da una o più mungiture, lavorato tradizionalmente crudo o sottoposto a pastorizzazione a 72°C per qualche secondo e successivamente riscaldato a 33-38°C. Segue l’inoculato con fermenti lattici mesofili e termofili, nel caso del latte pastorizzato, o l’arricchimento con siero innesto naturale, nel caso del latte crudo. Il processo di coagulazione, ottenuto con il caglio liquido di vitello, dura in media 20-40 minuti, al termine del quale si procede alla rottura della cagliata, che si protrae fino ad ottenere granuli della grandezza di una nocciola o mais. Segue, per fermentazione naturale, la maturazione della cagliata che avviene sotto siero per un tempo variabile, di solito oscillante intorno alle 3-5 ore dall’aggiunta del caglio. Al termine della maturazione, fino al raggiungimento di un pH compreso tra 5,0 e 5,3, la cagliata viene ridotta in listarelle, poste in appositi recipienti, nei quali con aggiunta di acqua calda a 82°C viene sottoposta a filatura.

Si passa quindi al procedimento di formatura/mozzatura della pasta conferendogli la forma e la dimensione desiderata. I singoli pezzi vengono poi immessi in vasche contenenti acqua fredda, per ottenere il rassodamento, ed infine sottoposti a salatura per immersione in salamoia.

CENNI STORICI

La produzione di formaggi a pasta filata è documentata dai testi di autori latini quali Plinio e Columella (“De Re Rustica” Libro VII 8) che, come riporta anche E. Savini in “I formaggi di pasta filata” del 1937, è un “formaggio premuto a mano…che…rappreso dentro il mastello mentre è intiepidito, si taglia e, sopra gettatisi l’acqua bollente o gettatovisi con le mani spreme in forma di bozzo…”. Verso gli anni ‘50 del secolo scorso, nell’intento di semplificare la differenziazione delle produzioni casearie a pasta filata fresca, si è iniziato a chiamare fior di latte le “mozzarelle” prodotte con latte di vacca.

Nella “Monografia del Fior di Latte” del Marracino (1958) viene introdotta una netta distinzione tra la “Mozzarella” di latte di bufala e il “Fior di Latte” prodotto con latte vaccino, proprio al fine di “affermare sempre più il concetto di distinguere nettamente i due latticini, di seguito indicati ambedue di pasta filata molle, riservando il nome
di fior di latte a quello derivato da latte di vacca, ed il nome di mozzarella a quello derivato da latte di bufala”. Negli anni ‘60, tale distinzione diventa definitiva anche in atti ufciali, tant’è che la qualificazione fiordilatte distinta da quella di mozzarella compare in studi degli ispettori delle imposte dirette (Bollettino Tributario d’lnformazione, pag. 1930 e seg., 1967)

Territorio di produzione

Intera regione Lazio

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