Farina per polenta di mais “sponcio” PAT Veneto

La farina per polenta ottenuta dal mais “sponcio” è tradizionalmente presente nella valle feltrina, da quasi due secoli. Sono i caratteri morfologici della cariosside, di forma appuntita che punge le mani dai quali origina l’espressione popolare di “sponcio”, a determinare la peculiarità di questa varietà già descritta nel 1882 da G. Cantoni e nel 1887 da Bazzole nel testo “Il possidente bellunese”. Da allora i richiami alla varietà compaiono con sistematicità nelle tabelle tecniche pubblicate da “L’agricoltore bellunese” fino ad arrivare a dettagliate descrizioni tecniche dello Zapparoli nel 1926 e poi da Brandolini nel 1953. Nella memoria degli agricoltori locali è vivo il ricordo dell’alta qualità della farina e delle difficoltà della sgranatura che spesso avveniva a mano.

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Farina di mais Marano PAT Veneto

Il “mais Marano” è una varietà di mais creata nel 1890 da Antonio Fioretti, un agricoltore che provò ad incrociare due varietà di mais locali, Pignoletto d’Oro e Nostrano, nella speranza di adattare al meglio la pianta alle terre ghiaiose del Leogra, coniugando la qualità del primo alla resa del secondo. Si rivelò una felice intuizione e, dopo un’opera di selezione durata ben vent’anni, nacque il nuovo granoturco. Nel 1940 il mais “Marano” ottenne il marchio governativo dallo Stato e ancor oggi è custodito nella banca del germoplasma dell’Istituto di Genetica e Sperimentazione Agraria “Strampelli” di Lonigo. In quegli anni la coltivazione del Marano si diffuse in gran parte del nord Italia, tanto da essere una delle varietà più utilizzate, ma dal secondo dopoguerra il prodotto conobbe una forte crisi, che divenne poi tracollo con l’affermarsi dei mais ibridi che garantivano una resa molto più elevata.

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Farina di mais biancoperla PAT Veneto

Giacomo Agostinetti, agronomo di Cimadolmo, nei suoi “Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa”, edito a fine ‘600, segnala la presenza diffusa di un sorgoturco bianco, progenitore del’attuale varietà “bianco perla”, specie nei “Quartieri della Piave”. La sua massiccia diffusione si colloca tuttavia nella seconda metà dell’800, grazie alla sua maggiore conservabilità che la fa preferire alle concorrenti varietà dell’epoca. Una descrizione della pianta e delle caratteristiche della granella del “mais biancoperla” viene riportata dettagliatamente in “Granoturchi da seme per riproduzione da granella e per semine da erbaio” edito da Consorzio Agrario Provinciale di Udine, 1950.

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Fasolo gnoco borlotto PAT Veneto

Il “fagiolo gnoco borlotto, lingua di fuoco” di Spinimbecco, frazione di Villa Bartolomea, veniva coltivato già prima degli anni ’30, anche se su superfici limitate e per lo più per il consumo famigliare. Solamente una piccola parte della produzione veniva commercializzata al mercato di Legnago (VR) o porta a porta. Successivamente alla Seconda Guerra Mondiale la coltivazione di tale prodotto conobbe nuovo impulso, con un notevole aumento delle superfici e una produzione stimata intorno ai 2.100 t. Dopo gli anni ’50 cominciarono a sorgere centri privati di raccolta nella frazione di Carpi e a Villa Bartolomea e all’inizio degli anni ’60 sorsero cooperative nate espressamente per la raccolta del pregiato fagiolo. A tale prodotto, così importante per l’economia della zona, vennero dedicate molte mostre settembrine, di cui si trova testimonianza in molti giornali locali e regionali.

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Allori Cristofano

Cristofano Allori, pur operando in un periodo di transizione, è riuscito a distinguersi con uno stile che anticipava il naturalismo barocco. La sua opera rimane un esempio significativo di come gli artisti del suo tempo cercassero nuove vie espressive, in risposta ai cambiamenti culturali e artistici del loro contesto storico.izzate da un equilibrio tra forma e colore, continuano a essere ammirate per la loro bellezza formale e il loro contributo alla storia dell’arte italiana.

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